Ecco come sarà la Chiesa di San Francesco del Prato

SONO INIZIATI I LAVORI DI RESTAURO DEL COMPLESSO MONUMENTALE CHE APRIRÀ LE PORTE PER PARMA 2020.

Un gioiello unico, spesso offuscato dai monumenti vicini, come la Cattedrale e il Battistero di Parma, tra non molto sarà riportato alla luce in tutto il suo splendore. Dopo troppi anni passati nell’oblio e nel dimenticatoio, il complesso monumentale di San Francesco del Prato sarà pronto a rivivere e a ridivenire uno dei principali siti culturali della città.

LA STORIA – Il complesso di San Francesco del Prato, che si trova nella stessa piazza che ospita la Casa della Musica e la Casa del Suono, è un monumento dal grande valore storico e culturale che si contraddistingue per le sue ardite proporzioni architettoniche e per la sua particolare storia. La chiesa, in stile gotico, venne realizzata tra il 1248 e il 1250 dai frati di San Francesco che giunsero a Parma all’inizio del 1200 e si stabilirono in un prato vicino la città; è proprio da questo che deriva il nome San Francesco del Prato. Nei secoli seguenti diventò una delle chiese più importanti, al punto che le più importanti famiglie nobili la scelsero come luogo di sepoltura (Arcimboldi, Terzi, Rossi e Sanvitale).

La facciata principale, costruita quasi due secoli più tardi, presenta delle nicchie affrescate e finestre allungate, oltre ad un grande rosone costruito da Alberto da Verona nel 1462. Del diametro di 3,27 metri, il rosone è composto da 16 raggi: un numero non casuale, che secondo i medievali rappresentava il doppio delle otto beatitudini angeliche, e dunque la casa di Dio. Il cornicione nella somma è decorato con arcatelle laterizie e conchiglie di San Giacomo, in origine dipinte nei toni del rosso, del giallo e del blu. Il campanile, opera di Bernardino Zaccagni, venne costruito tra il 1506 e il 1520.

Nel 1882 la torre diventò una prigione per detenuti particolarmente pericolosi come l’anarchico Gaetano Bresci, colui che assassinò il re Umberto I di Savoia e di cui si possono ancora leggere le scritte sui muri. Fu addirittura Napoleone a convertire la chiesa in carcere, dopo aver cacciato la comunità dei francescani. L’altare maggiore, gli altari delle cappelle e il coro ligneo furono distrutti, mentre dalle navate laterali vennero ricavate celle carcerarie. Furono tamponate le finestre trecentesche e aperte nuove finestre con doppie grate in ferro. Tele e tavole dipinte andarono perdute, mentre gli affreschi furono ricoperti da intonaco grigio. Alcuni di questi, tra i quali uno nell’abside raffigurante Cristo Pantocratore attribuito a Bernardino Grossi, verranno riportati alla luce solo dopo il 1974.

Il convento fu utilizzato come carcere fino al 1992 e restituito all’Ordine Francescano dal 1974 al 1993, periodo in cui vennero effettuate delle campagne di scavi archeologici. L’intero edificio venne poi trasferito all’Università di Parma che contribuì al suo recupero ed utilizzo. Arrivando ai nostri giorni, nel dicembre 2017 l’Università di Parma ha riconsegnato la chiesa all’Agenzia del Demanio e successivamente la Diocesi di Parma ha ottenuto la concessione d’uso nel febbraio 2018.

IL RESTAURO –  Il progetto permette di capire già quale volto tornerà ad avere la chiesa: dalla facciata tornerà a filtrare la luce meridiana attraverso le monofore antiche; le finestre carcerarie saranno ostruite, lasciando un’impronta muraria che ne mantenga una traccia, mentre saranno conservate le aperture quadrangolari delle pareti laterali, testimonianza della vita carceraria. Per quanto riguarda la facciata, sarà riaperta la porta sulla navata sinistra e l’accesso dal piazzale con nuovo livellamento dell’area antistante. All’interno, invece, verranno rimossi gli intonaci sovrapposti alle parti affrescate e sarà ripristinato l’intonaco bianco della navata centrale, con la messa in evidenza in mattone rosso dell’anello degli archi. Il pavimento sarà in un materiale misto di calce e polvere laterizia: una stesura simile, nella consistenza materiale e nell’aspetto, a quella trovata nei frammenti ancora presenti, povera com’era quella tipica delle chiese francescane medievali.

I lavori da portare a compimento sono molti e al fine di promuovere e sostenere il restauro e la riapertura al culto del complesso, è nato il comitato per San Francesco del Prato. “L’obbiettivo principale – si legge nella loro nota di presentazione – è appunto quello di recuperare il complesso in tempo per il 2020″, che verrà poi riconsegnato alla comunità francescana al termine dei lavori. Secondo il comitato “la presenza della comunità francescana  garantirà nella fedeltà al suo carisma attività sociali e caritative, come pure l’assistenza pastorale della vicina Università, che potrà usufruire, insieme alla cittadinanza, degli spazi recuperati“. Senza togliere la possibilità che venga usato per manifestazioni culturali rivolte a tutta la città.

INIZIO DEI LAVORI – Per il momento i lavori sono solo all’inizio, come spiega il responsabile, il geometra Saverio Borrini: “Appena la Diocesi ha avuto la concessione dal Demanio, ha avviato l’iter progettuale. I lavori sono partiti il 3 settembre con una prima fase preparatoria che ha riguardato la valutazione strutturale, il degrado dell’immobile, i sondaggi geologici e la posa di un pavimento, non definitivo, che avrà la funzione di base d’appoggio idonea per il cantiere. Una seconda fase riguarderà degli interventi di miglioramento sismico sulla Chiesa e sul convento dei frati. Si arriverà poi ad una terza fase in cui si passerà all’effettivo recupero dell’intero complesso in modo tale che gli spazi diventino pienamente operativi ed utilizzabili”.

Si stima, come ha affermato il responsabile dei lavori Borrini, che le spese necessarie per il completamento dei lavori si aggirino intorno ai 6,5 milioni di euro: circa 2 milioni sono già stati recuperati grazie ai contributi di Fondazione Cariparma, Gruppo Bancario Crédit Agricole Italia, Chiesi Farmaceutici e numerosi altri partner. Una grande importanza l’hanno anche le donazioni dei semplici cittadini, che in occasione delle recenti giornate Fai hanno potuto visitare ed ammirare questo monumento così ricco di storia, ma allo stesso tempo così poco conosciuto. Nonostante ciò, il sito più visitato in Italia durante le ultime giornate Fai di Primavera.

Per contribuire al restauro  con una libera offerta, bastano pochi minuti, andando sul sito del comitato.

Di Pierandrea Usai

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