Ogm: pericolo o risorsa? Tra ricerca, biodiversità e (grandi) interessi
LA COMUNITA' SCIENTIFICA SI DIVIDE
Dall’alba dell’agricoltura l’uomo ha selezionato le piante e i caratteri di queste che più gli erano utili, operando una modificazione genetica primitiva e ante litteram: frumento, riso, soia e mais sono completamente diversi rispetto alle piante selvatiche da cui derivano. Un cambiamento possibile attraverso incroci o inbreeding, processi ‘naturali’ e lenti, via via perfezionati. L’ingegneria genetica ha però sviluppato varie tecnologie per velocizzare il processo: gli Ogm, o Organismi geneticamente modificati, sono una di queste.
I VANTAGGI – Le piante Ogm possono essere predisposte a resistere a forti stress idrici, a un terreno inospitale o a insetti. Anche se è credenza diffusa che gli unici beneficiari economici di queste tecnologie siano le multinazionali, diversi studi svolti in Paesi in via di sviluppo hanno dimostrato che l’implementazione di queste colture ha portato vantaggi maggiori ai piccoli produttori rispetto ai grandi grazie al minor uso di acqua e pesticidi che hanno compensato il maggior costo delle sementi.
GLI OGM POSSONO SALVARE VITE UMANE? – Alcune piante, inoltre, possono anche essere modificate affinché sintetizzino una vitamina o un nutriente prezioso per l’alimentazione umana. “Gli OGM offrono vantaggi a tutti i consumatori – spiega il giornalista David H. Freedman – questi riguardano migliori condizioni di vita e di salute e possono addirittura essere dei ‘salva vita’ nei Paesi in cui parte della popolazione non ha accesso a cure adeguate”.
Nei Paesi in via di sviluppo e soprattutto in India, l’Oms (Organizzazione mondiale per la sanità) stima che oltre 100 milioni di bambini soffrano la carenza di vitamina A che può causare cecità e persino la morte. Come soluzione al problema si è pensato di inserire dei geni che codificassero la produzione della provitamina A nel riso e il ‘Golden Rice‘ nasce proprio da questa esigenza.
Questa varietà Ogm di riso ha incontrato grandissima opposizione da parte dei gruppi ambientalisti, in primis Greenpeace, e ad oggi non viene coltivata. Due economisti tedeschi hanno stimato che, a partire dal 2002, la mancanza dell’utilizzo del Golden Rice sia costata 1.424.000 anni di vita (il dato viene espresso in anni perché comprende decessi ma anche malattie debilitanti come la cecità). Freedman si definisce preoccupato dal fatto che i Paesi in via di sviluppo rifiutino l’uso di Ogm, mentre definisce “sciocco e autolesionista” lo stesso rifiuto da parte di Paesi avanzati come l’Italia.
CRITICHE – Per quanto, sotto diversi punti di vista, gli Ogm possano sembrare una scoperta sensazionale, in grado addirittura di salvare delle vite, essi hanno dei limiti e sono in molti a denunciarne la pericolosità. Non può essere sottovalutato il problema degli allergeni: inducendo una pianta a sintetizzare una proteina codificata da Dna inserito da altri organismi, si potrebbero creare composti pericolosi senza che possa essere previsto. Inoltre esiste la possibilità che i geni aggiunti modifichino la loro posizione inducendo alterazioni genetiche non volute o l’interruzione di funzioni preesistenti. Ad oggi, comunque, i temi più dibattuti in ambito scientifico e non sono la biodiversità e l’ ‘Access to knowledge‘.
LA BIODIVERSITA’ E’ IN PERICOLO?- “Se la tecnologia Ogm riuscirà a produrre colture migliori, sotto diversi punti di vista, rispetto a quelle tradizionali e queste venissero, quindi, adottate su larga scala, la biodiversità, per definizione, diminuirebbe” spiega David H. Freedman, salvo però aggiungere: “In realtà questo è sempre successo anche con le colture non-Ogm. Per esempio le colture di mais sono state naturalmente ibridate per secoli al fine di migliorarne l’efficienza, eppure ciò non ha portato alla scomparsa delle varietà esistenti secoli fa”.
Freedman è quindi perfettamente d’accordo nel conservare campioni di ogni varietà e specie in via d’estinzione, ma non ritiene così preoccupante la sostituzione di una coltivazione con una più efficiente.
Di diversa opinione è, invece, Andrea Fabbri, professore di agronomia all’Università di Parma: “L’ibridazione classica utilizzata fino al secolo scorso ha causato sì una perdita di specie, ma allo stesso tempo ha aumentato notevolmente la varietà delle singole colture.” Pur non condannando di principio le coltivazioni Ogm, il professore è molto scettico sulla possibilità di trovare soluzioni pratiche a questo problema: “Non è stata ancora chiarita la distanza entro cui il polline di un campo Ogm possa contaminare piante di campi tradizionali”.
ACCESS TO KNOWLEDGE- Parlando di Ogm molto spesso il primo nome che associamo è Monsanto, azienda specializzata in sementi e prodotti per la coltivazione intensiva, in passato aspramente criticata. Oggi è imprescindibile considerare le multinazionali come protagoniste del mondo delle biotecnologie in ambito alimentare, e il motivo è semplice: l’iter di ricerca e i controlli sono troppo costosi per essere affrontati da laboratori pubblici o da gruppi di ricerca indipendenti. Una situazione che ha generato la stagnazione della ricerca solo sulle piante economicamente remunerative (parliamo di mais, riso e soia). Eppure chi sperimenta su varietà minori, come il sorgo o il fagiolo dall’occhio, sta lavorando spesso con finanziamenti pubblici e senza la creazione di brevetti. Negli Stati Uniti è nato un movimento che prende il nome di ‘Access to knoledge’ (A2K), il cui scopo è diffondere la conoscenza considerandola motore centrale di libertà, sviluppo economico e giustizia. Anche se principalmente legato alla libera diffusione di software (open source e free software), l’A2K copre diversi campi, come i farmaci e le sementi. È auspicabile che un approccio ai semi ingegnerizzati libero da vincoli legali potrebbe non solo portare vantaggi nel comprende i veri rischi di questa tecnologia, ma a diffonderla dove ce ne è più bisogno.
OGM IN ITALIA – La domanda, a questo punto, è spontanea: avrebbe senso coltivare Ogm in Italia? Viviamo in un Paese che fa della cultura del cibo e della biodiversità la propria forza, dove ogni regione ha le proprie varietà di coltivazioni, con climi diversi e estremamente variegati. Introdurre questo tipo di biotecnologie potrebbe essere controproducente, sia per l’immagine ancora segnata da un certo pregiudizio verso gli Ogm, sia per la diminuzione pressoché inevitabile della biodiversità nei campi. Ma la posizione dell’Italia su questi argomenti dovrebbe essere razionale e non porsi di principio contro questo tipo di coltivazioni, influenzando inevitabilmente le decisioni a livello europeo e globale.
di Matteo Buonanno Seves e Veronica Rafaniello
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