“Fino all’ultima Marlboro”: la lotta di Luigi Lucchi contro chi lascia i sindaci in mutande

"PER ESSERE ASCOLTATI BISOGNA FARE ANCHE DELLE PAGLIACCIATE"

10463902_1570433929869138_1421254503330084620_nRiconfermato sindaco lo scorso maggio con il 67% dei voti, Luigi Lucchi, primo cittadino di Berceto, continua le sue battaglie quotidiane contro l’eccessiva burocrazia statale che copre di carte i piccoli comuni, lottando ogni giorno per garantire al suo paese di montagna la sopravvivenza. Le sue proposte sono condivise e accolte anche da altri primi cittadini del parmense, che insieme cercano di far sentire la propria voce allo Stato, per far sì che comuni di piccola entità non siano trattati alla stessa maniera di comuni con dimensioni simili a quelli di Milano. Dunque, con più possibilità non solo di tipo economico. Il Comune di Berceto deve, inoltre, fare i conti con i danni disastrosi di un territorio martoriato dal dissesto idrogeologico aggravato ancor di più dall’alluvione del torrente Baganza dello scorso ottobre. Con l’appoggio dei suoi compaesani, Lucchi continua a fare iniziative con la speranza di poter cambiare alcune regole e garantire una vita migliore ai piccoli comuni. Iniziative che lo hanno reso un personaggio noto anche oltre i confini del proprio paese.

Da dove nasce l’esigenza di essere sempre in prima linea per difendere i comuni dalla pressione dello Stato?

“L’esigenza deriva principalmente dal fatto che molti comuni italiani, tralasciando quelli delle grandi metropoli, sono oggi in grandi difficoltà di gestione. Anche l’Anci è spesso un ulteriore killer dei comuni, perché li strumentalizza, ma alla fine ha interesse ad aiutare solo le grandi città. Gli obiettivi che mi pongo sono sempre molto difficili da raggiungere, perché di fronte a me c’è un muro di gomma e, in molti casi, possono sembrare argomenti poco sentiti sia dalla stampa che anche da altri sindaci. Questa è l’impressione che si ha in Provincia di Parma, mentre una sensibilità più elevata su questa tematica la si ha, ad esempio, in Veneto. Prima di fare proteste mediatiche mi rivolgo a tutti, ai ministri in primis, e non ricevo mai nessuna risposta. Ma non che io me l’aspetti: oggi un amministratore non ha più interlocutori politici. Ciò può sembrare ridicolo, ma deriva dal sistema elettorale senza preferenze: chi viene eletto, che io definisco ‘nominati’ non si interessa più al territorio o ai cittadini, ma deve comportarsi bene verso chi lo ha fatto eleggere. Per cui un sindaco che vuole farsi ascoltare deve fare delle pagliacciate. A far bene il sindaco oggi c’è da sconfinare nell’eroismo, bisogna svolgere il compito con coraggio e dedizione, lottando…fino all’ultima Marlboro”.

A Roma nel 2013, la protesta in mutande sotto il Quirinale e lo scorso gennaio a Parma, in Piazza Duomo, vestito da mendicante: cosa è cambiato?

Lucchi mendicante“A Roma ho cercato di mettermi in mutande, ma sono arrivate dieci persone della Digos che me lo hanno impedito. Un prefetto mi ha fatto chiamare dentro il Quirinale e ha minacciato di destituirmi: non mi ha fatto molta paura, tanto che alla sera, durante la trasmissione Piazza Pulita ho poi spiegato i miei motivi, in mutande, perché è così che lo Stato lascia i sindaci. In quel periodo il governo Monti aveva varato una legge che per due aspetti era gravissima: il primo riguardava il pagamento di 30 centesimi/mq allo Stato per la tassa sullo smaltimento rifiuti; il secondo modificava i criteri comunali di raccolta dell’imposta. Quest’intromissione dello Stato su come pagare e quando pagare è anticostituzionale: è il comune che deve provvedere ad organizzare i servizi. Ho provato a dirlo a tutti, ma non avendo ottenuto risultato, mi sono dovuto mettere in mutande. Il risultato che ho ottenuto è stato quello di non applicare le tabelle dello Stato, di essere un disobbediente. Sempre il governo Monti ha rubato ai comuni il 50% dell’Imu seconde case e il 100% dell’Imu dei fabbricati produttivi. Non avendo fiducia nei comuni ha fatto pagare ai cittadini con l’F24, con cui il cittadino paga direttamente allo Stato, che poi  ne riversa una parte ai comuni: anche questo è contro la Costituzione e qualche altro sindaco sta iniziando a capirlo. In merito a quella di gennaio, in Piazza Duomo, l’idea mi è venuta dopo aver approvato il bilancio di previsione a dicembre 2014. Un comune non può tollerare che lo Stato gli porti via dei soldi. Ci riducono a chiedere l’elemosina. La gente tutte queste cose non le sa, sui giornali non ci vanno i miei discorsi, ma le mie buffonate. Non è un grande risultato, ma è l’unico che mi rimane, sono gesti di disperazione che bisogna continuare a fare, nella speranza che qualcosa cambi“.

Domenica 29 marzo ha proposto un incontro operativo dal titolo ‘Liberiamo i Sindaci’. Come è andato?

“Quello che è avvenuto domenica scorsa, non è stata una buffonata. I sindaci devono diventare paladini dei loro cittadini, ma per farlo devono iniziare a collaborare insieme. Il professor Marcello Cecchetti, docente di Diritto Costituzionale a Sassari, ci ha aiutato ad elaborare emendamenti e proposte di legge che servirebbero a rispettare l’autonomia dei comuni, nei limiti prescritti dalla Costituzione, e quindi di permette alle municipalità di servire realmente i cittadini contribuenti. In particolare abbiamo lavorato sulla chiusura degli uffici postali, che impoveriscono il territorio di servizi; sui disservizi Enel, che in Provincia di Parma non fa investimenti e prevenzione; su quelli della Rai e di Internet, che in molte zone non coprono i segnali televisivi e della connessione veloce. Altro punto importante è stato quello della condizione delle strade provinciali e statali, che stando alle norme di sicurezza, andrebbero chiuse. Abbiamo proposto quattro-cinque emendamenti. Voglio 10308254_1568523363393528_1052013389266118289_narrivare a fare una proposta di legge su iniziativa popolare con 5.000 firme, come ha fatto la Liguria per gli acquedotti”.

Qual è la stima dei danni dovuti all’alluvione di ottobre. Sono arrivati i risarcimenti? Come si lavora per sistemare quanto andato distrutto?

“Visti i fatti di ottobre e novembre nelle nostre zone, con i quali abbiamo perso la piscina, vogliamo cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica. Abbiamo stimato 3 milioni e 800 mila euro di danni. Lo Stato al momento ha passato dei soldi alla Regione, al nostro comune sono stati riconosciuti, perché non ci sono risorse, solo 248 mila euro: meno del necessario. Su questo io credo che lo Stato dovrebbe fare prevenzione, le forze dell’ordine sono inefficienti“.

Come è stata accolta l’idea di mandare i detenuti a controllare il dissesto idrogeologico delle nostre montagne? Qualcosa si è mosso o si sta muovendo in questo senso?

“La montagna è considerata uno scarto. Il territorio è abbandonato e le persone anziane non sono più in grado, nonostante la passione, la voglia e la conoscenza, di sistemare le questioni idrauliche e agrarie. Le nuove generazioni non hanno né la sensibilità né le risorse per farlo. Tutte le sistemazioni idraulico – agrarie che governano le acque superficiali evitano gli smottamenti, ma non le grandi frane che ci sono sempre state e sempre ci saranno. I terreni sporchi, le piante rovinate, il legname sotto i boschi. Tutto questo potrebbe essere evitato. Per tornare ai detenuti, bisognerebbe far capire allo Stato che ci sono modi per risolvere le questioni senza spendere soldi, perciò sono già tre anni che chiedo di mandare i carcerati considerando che, come previsto anche nella Costituzione, possono lavorare. Nel 2015 voglio fare una grande azione per sensibilizzare l’opinione pubblica: il nostro territorio è di 131 km quadrati; ci sono oltre 5000 proprietari e vorrei istituire un consorzio volontario fra tutti, dando i boschi in uso per dieci o venti anni, con i fondi europei. Chiederei una piccola somma ai volontari che il comune si impegna a spendere per il territorio; verrebbero usati, ad esempio, per ripulire i canali: questa sarebbe una grande azione per salvaguardare il dissesto idrogeologico che sta colpendo la nostra montagna”.

Sta preparando una petizione per raccogliere firme per obbligare la regione a intervenire nella sistemazione della Strada Provinciale 15. Come sta procedendo la raccolta? Pensa di raggiungere l’obiettivo?

“Questa raccolta di firme  è stata portata avanti con tutti gli altri comuni, in teoria. E dico in teoria perché comunque devi sempre chiedere aiuto alla gente. La nostra è una vallata bellissima, ha un senso e un’identità di vallata che se fosse portato avanti ne trarrebbe beneficio: già quarant’anni fa era stato avviato un centro di studi riguardante la Val Baganza. Se i comuni di Berceto, Calestano, Felino, Sala Baganza, Collecchio e la stessa Parma, perché il Baganza nasce qui a Berceto, ma si sviluppa anche in altri comuni, facessero un ‘patto di fiume’ per collaborare la situazione sarebbe migliore: è importante programmare il territorio a partire dall’acqua. La SP 15 è la strada peggiore in Regione, ma quest’ultima non vuole intervenire”.

Rimanendo sul tema del territorio, come ci si muove nella direzione delle energie rinnovabili?

“In questo senso si potrebbero costruire centraline idroelettriche. Vorrei cercare di costituire, sempre con aiuti europei, un’azienda forestale con tutte le attrezzature adeguate sul nostro territorio per la produzione di cippato per il riscaldamento. Abbiamo una piccola centrale biomassa qui vicino che riscalda la casa di riposo, ed è con lo stesso cippato che speriamo che anche le case vicine a questa tratta si riscaldino allo stesso modo. Rispetto al metano, per i cittadini, c’è un risparmio del 43%. Centraline a cippato possono produrre anche energia elettrica; il tentativo è di non farci colonizzare dalle grandi industrie che vogliono installare centrali idroelettriche e fare sbarramenti in Baganza”.

Unione dei Comuni: si arriverà ad una conclusione? 

“Spero di no. E’ una cosa anticostituzionale, nel senso che i cittadini non votano chi li amministra, perché i sindaci sono una “pro forma”, chi comanda è il presidente che non viene votato dai cittadini. L’Unione dei Comuni porterebbe a dei carrozzoni pubblici che aumentano la burocrazia e i conti e non portano nessun servizio, anche la Corte dei Conti lo ha decretato”.

Qual è il suo rapporto con il territorio del suo Comune e con i suoi concittadini? Cosa si sta facendo di concreto, ad esempio, per garantire lavoro?

10922397_1562387574007107_4661746209409229751_o“Per dare lavoro ai ragazzi cerco di seguire i bandi che contengono delle borse lavoro, ma sono proprio delle miserie. Per quanto riguarda, invece, il mio rapporto con i cittadini, cerco di organizzare tantissime riunioni. Abbiamo costituito una cooperativa di comunità turistiche, inoltre spero funzioni il consorzio tra i proprietari e vorrei imboccare la strada un’agricoltura moderna sperando che qualche giovane la intraprenda”.

Da dove nasce l’idea di proporsi come Presidente della Repubblica?

“Bisogna partire dalla storia: nei momenti in cui qualcosa va male, si cerca di accentare il potere per risolvere i problemi, quando invece tutto deve partire dall’economia. Con questa iniziativa ho voluto far dimostrare che le persone sono importanti, nonostante la crisi e tutti i problemi; ogni cittadino italiano che ha compiuto cinquant’anni, che ha i diritti elettorali e civili, può essere eletto Presidente della Repubblica. Era il tentativo di fare più politica, più democrazia“.

Ci sono iniziative che aveva in mente e che le hanno impedito di portare avanti? 

No, non mi hanno mai impedito niente. Ho due iniziative in mente, anche se una è stata sfruttata ampiamente: organizzare a Parma, in Pilotta, un funerale della democrazia dei comuni. L’altra – che non mi vorrei far rubare – è di difficile organizzazione perché dovrei mettermi d’accordo con gli altri 8047 comuni d’Italia in modo da spegnere la luce in tutta Italia per mezz’ora per protesta”.

di Chiara Corradi e Samanta Carrea

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