Magnani Rocca: ‘La sedia’ di Van Gogh nella Villa dei Capolavori

VISITE FINO ALL'8 DICEMBRE PER IL DIPINTO DELL'ARTISTA OLANDESE

La sedia di Van GoghLa Fondazione Magnani Rocca conferma la sua fama di Villa dei Capolavori ospitando, dopo La Seine à Champrosay di Renòir (in mostra fino al 13 settembre grazie ad un accordo col Musée d’Orsay di Parigi), ‘La sedia’ di Van Gogh. Il curatore artistico Stefano Roffi la presenta con orgoglio: “La fondazione intrattiene già da anni rapporti con alcuni dei più grandi musei del mondo e in occasione della mostra che si terrà in questi giorni a Londra, sulla ritrattistica di Françisco Goya, è entrata in contatto con il National Gallery per prestare ‘La famiglia dell’infante Don Luis’. Un capolavoro assoluto dell’arte mondiale, esempio indispensabile della ritrattistica del Goya giovane. Il prestito -continua Roffi- non è avvenuto a cuor leggero, ma l’ho ritenuto comunque vantaggioso nel momento in cui  ho pensato di trovare un quadro di pari valore che potesse sopperire tale mancanza”. La scelta del curatore si basa quindi sulle capacità comunicative di Van Gogh: un pittore sempre attuale e in grado di comunicare ad ogni tipo di osservatore attraverso un linguaggio universale.

EFFETTO SORPRESA – “La mostra che caratterizza la fondazione -continua Roffi-, è quella di Giacomo Balla e della riscoperta avviata nel ‘900 sull’universo: il futurismo ha come obbiettivo quello di ridisegnare il modo di vedere il mondo, a partire dal quotidiano. Si è scelto pertanto di pubblicizzare in un secondo momento ‘La Sedia’ di Van Gogh in modo da separare le due cose e creare una sorta di effetto sorpresa per il turista che viene appositamente per la mostra. Proprio perchè qui non arriva mai un pubblico casuale, ma sempre informato, abbiamo voluto presentare anche la sorpresa, differenziando  i momenti della comunicazione. Quindi Balla vuole essere il ‘momento’ di ricerca del ‘900 già avviato da molti anni, mentre Van Gogh rappresenta una sorta di istituzione“. É proprio questo il pubblico che vanta la Magnani Rocca: mai occasionale, ma sempre interessato a ciò che la fondazione offre. Un pubblico non elitario, ma molto vasto. Questo grazie a scelte mirate e alla collaborazione di altri grandi musei internazionali, come il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, che vanta una collezione a livello di quella de El Prado e con il quale la fondazione ha una sorta di apertura di credito. “Da Madrid -spiega infatti Roffi- giungono opere per le mostre della fondazione e viceversa. O il Museum of Fine Arts di Boston dal quale la fondazione ricevette dei Lautrec (insieme a tante altre opere d’inestimabile valore) per la mostra del 2011. Quindi, nonostante la Magnani Rocca si trovi nella campagna di un piccolo paese come Mamiano, ha la stessa importanza della grandi capitali del mondo e dialoga facilmente con esse”.

LA SEDIA DI UNA VITA – Al pochi chilometri da Parma, fino all’8 dicembre, ci si ritroverà quindi di fronte ad una sedia che in realtà è un autoritratto, un’opera creata Magnani Roccada Van Gogh in un momento di solitudine, di malinconia. E’ il periodo in cui soggiorna ad Arles, in Provenza, nel sud della Francia. Lì intendeva fondare una casa per artisti, l’atelier du midi, dove lavorare con alcuni dei più noti pittori del tempo. In particolare Paul Gauguin, invitato ad Arles tramite il fratello di Van Gogh, Theo. Quando Gauguin vi si reca, però, non ha una bella impressione del posto: lo trova sporco, brutto, ma accetta comunque di lavorare con Van Gogh alla ricerca di nuove forme artistiche nell’intenzione di rivoluzionare l’arte. Inizialmente tra i due si crea un buon rapporto collaborativo, addirittura Van Gogh si pone come allievo e Gauguin di pone come maestro. Poi l’artista olandese comincia ad accusare insofferenza, il rapporto si deteriora, cominciano i litigi e Van Gogh teme di essere abbandonato dall’amico (erano sempre insieme nei locali notturni e spesso si accompagnavano con delle prostitute che in un secondo momento sembrano quasi diventare loro amiche). Questo rapporto quindi cambia e Van Gogh viene assalito dalla paura di essere abbandonato. Una sera, in uno stato di buio mentale, insegue l’amico Gauguin con un rasoio e così decide di porre fine a questo rapporto, andandosene definitivamente nelle isole del Pacifico. Van Gogh entra in una profonda crisi tanto che arriverà a tagliarsi un orecchio che porterà in dono alla prostituta Rachel, avvolto in un cartoccio di giornale (scena rappresentata da Guttuso, in quadro che la fondazione espose nel 2010). Soffre molto per questo abbandono ed esprime l’assenza in due opere celebri. paulQUADRI DI SOLITUDINE – ‘La Sedia di  Van Gogh’  è pertanto in stretta relazione con ‘La Sedia di Gauguin’, presente in una riproduzione fotografica del dipinto ospitato al Museo di Van Gogh di Amsterdam, realizzate entrambe nel 1888 a distanza di qualche mese l’una dall’altra. “Sono due sedie vuote – spiega Roffi -, quindi è una presenza e assenza contemporaneamente, una malinconia che non esclude ancora la speranza di un ritorno. I due ‘astanzartisti’, le due persone, sono rappresentate da oggetti che li contraddistinguono: sulla umilissima sedia di paglia di Van Gogh è posata una pipa, un po’ di tabacco e dietro vediamo una cassetta di cipolle con la celeberrima firma di Vincent. Però è un’assenza, è un’attesa, è un quadro di solitudine. Quella di Gauguin -aggiunge- è invece una sedia più raffinata: ci sono dei libri (che indicano un’attitudine alla lettura, all’approfondimento, alla componente intellettuale del pittore) e una luce accesa, come una sorta di lume di speranza. La speranza del ritorno. Sono due quadri di solitudine, caratterizzati dall’assenza dei rispettivi protagonisti, ma che nel loro essere originali forme di veri autoritratti, parlando di un desiderio di ricongiungimento”.

LA STANZA – Per comprendere appieno l’autore e il periodo nel quale le due opere sono state realizzate, alla Magnani c’è stanzaanche una rappresentazione fotografica che ritrae ‘La camera’ di Van Gogh ad Arles dove è presente la stessa sedia di paglia. Una camera poverissima, nella quale ha forse trascorso gli ultimi mesi di vita. Era così entusiasta dell’atelier du midi che rimarrà molto deluso quando il progetto non otterrà i risultati sperati. Morirà proprio qui, in maniera molto misteriosa: “Si pensa ad un suicidio con colpo di pistola, ma tutt’oggi non è chiaro il motivo di questo gesto”conclude Roffi. Nelle opere di Van Gogh, comunque, la solarità data dal colore giallo è sempre presente, indipendentemente dalla volontà di rappresentare un preciso momento del giorno. Per quanto riguarda la sedia di Gauguin, l’atmosfera è notturna forse per ricordare i momenti più intimi tra i due amici. Quando conversavano, uscivano insieme, andavano nei bordelli. Simbolico può anche essere il fatto che su questa sedia siano presenti due libri e la candela accesa, la luce che rischiara la notte, ma anche simbolo della speranza. Ovviamente Van Gogh, considerato anche il padre dell’espressionismo, si sottopone a molte interpretazioni.  di Giuseppe Mugnano

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*