Giù la maschera

LA RECENSIONE DI "PERFETTI SCONOSCIUTI"

Perfetti-Sconosciuti-Poster-Locandina-2016La tavola è un particolare oggetto dalle qualità sempre poco considerate. Un esempio? Ha quella intrinseca caratteristica di ricreare un microcosmo dove riunire e rinsaldare i rapporti umani.
Eppure a partire proprio da quella singolare capacità, come mostra questa pellicola ancora una volta, è possibile trasformare l’identità di chi si siede. Fino a mostrare i fantomatici scheletri nell’armadio di cui i cellulari ne sono diventati i moderni guardiani.

Il film di Genovese riprende alla lontana il soggetto del recente Il nome del figlio. In altre parole: tre coppie più uno, tutti grandi amici, riuniti ad una cena. Viene proposto un gioco: i personaggi devono mettere in mezzo al tavolo i loro cellulari e leggere i messaggi e le chiamate in vivavoce. Con esiti imprevedibili. Un’idea alquanto bizzarra che corre il rischio di rendere dimenticabile il film; o al massimo dell’ennesima ‘minestra riscaldata’ all’italiana.

Infatti la pellicola parte con due presupposti alquanto deboli: le persone sono talmente orgogliose di dimostrare che non hanno nulla da nascondere, e l’ostentazione a proseguire il gioco senza preoccuparsi delle conseguenze. Nonostante questi due problemi, la vicenda si sviluppa ‘tranquillamente’ fino al traguardo, tenendo alto il ritmo grazie ai piccoli colpi di scena, o di telefono, e anche a dialoghi graffianti e soprattutto spassosi. Così si viene a costruire una storia con i classici cliché della commedia, o del dramma, italiano: equvoci, ambiguità, tradimenti amorosi. Nello svolgersi della narrazione non mancano tuttavia ‘pause’ di riflessione, o di sfogo, dagli eventi che diverranno sempre più tragici. Ovvero delle discussioni, alcune piene di qualunquismi, altre invece di semplici ma alquanto efficaci descrizioni della realtà. Si varia dal tema della famiglia, in particolare sui figli, passando per il lavoro, l’annosa questione della privacy e delle correlate tecnologie, fino a quella degli omosessuali. Insomma, una grande riunione dei temi oggi sensibili. Proprio come i dati contenuti nella “scatola nera”, ovvero il telefonino.

Sembra quindi, tutto sommato, un film privo di qualche tratto singolare. Un minestrone di tematiche fuori luogo o insensate in un’atipica situazione, mentre nel frattempo il disastro continua avviandosi alla conclusione. Eppure ecco il finale inaspettato, che propone l’alternativa alla vicenda intera, che porta il tocco di originalità e soprattutto convalida le scelte stravaganti del casus belli e delle tematiche affrontate. Si ‘crepa’ lo schermo del telefono: emerge l’ipocrisia. Allargando infatti la prospettiva è possibile trasformare la cena ed i personaggi come l’ennesimo specchio della società, ma ancora prima come riflesso delle continue contraddizioni degli uomini. Ne derivano due importanti considerazioni: se è possibile, forse, ritrovare un riverbero dell’Italia odierna, la cosa certa è che la tecnologia ha talmente cambiato i rapporti umani tra due persone fino a divenire, appunto, perfetti sconosciuti. La dimensione privata, portata sulla scena pubblica, diventa luogo di distruzione dell’identità della persona. Dove anche le proprie convinzioni da benpensanti su argomenti importanti assumono i tratti di varie maschere indossate per difendere la propria immagine pubblica e privata, enfatizzate dall’uso contraddittorio delle tecnologie. Lo stesso spettatore, ben divertito ridendo delle disgrazie altrui, è direttamente coinvolto nel finale a riflettere su se stesso.

In definitiva, Perfetti sconosciuti è un film che può risultare banale sul piano del contesto generale delle vicende che si svolgono attorno al tavolo, ma che non lo risulta affatto sul piano del livello umano, trasmettendo un messaggio semplice ma per nulla scontato. A dimostrazione che il cinema italiano non è sempre Zalone o Sorrentino.

di Jacopo Orlo

(Recensione tratta dal sito https://wootmockmovie.wordpress.com/)

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