L’Accademia della Crusca: “Non decidiamo noi l’italiano ma i 60 milioni che lo parlano”

"PETALOSO? UN DANNO, LA NOSTRA RISPOSTA ERA PRIVATA E PER STIMOLARE DIBATTITO IN CLASSE"

imageGaleotto fu il caso ‘petaloso’, con la Crusca sulle pagine di tutti i giornali. Ma oggi qual è effettivamente il ruolo dell’Accademia? E’ ancora quello del 1582, il separare la buona lingua (la farina) dalla crusca?
Ne parla il professor Marco Biffi, docente di linguistica italiana all’Università di Firenze e responsabile della gestione del sito e delle piattaforme di comunicazione dell’Accademia.

L’Accademia della Crusca si è resa disponibile ad un confronto con l’utenza. Da quando
e perché?

“L’Accademia ha aperto un servizio di consulenza già dal 1990 con la rivista semestrale ‘La Crusca per voi’ diretta da Paolo d’Achille e dal 2002 offre una risposta tramite il sito ufficiale. Ultimamente le piattaforme di comunicazione cosiddette social stanno prendendo il sopravvento e abbiamo diversi delegati che se ne occupano. La richiesta da parte dell’utenza era forte e si è deciso di creare qualcosa che favorisse il confronto tra il parlante e gli accademici, anche se indirettamente.”

Quali sono le domande più frequenti e come vengono gestite le risposte?

“Le domande sono prettamente linguistiche, legate a dubbi del parlante sul significato di una parola o sull’utilizzo di essa. Innanzitutto il richiedente deve compilare un form dove indica diverse informazioni utili a generare una risposta, quali il suo grado di esperienza e la provenienza geografica a causa dei dialettismi presenti. Sul sito sono già presenti oltre seicento risposte proferite dagli accademici e consultabili (le FAQ, come conosciute dai naviganti in rete, ndr) ma si parte dal presupposto che l’utente possa non averle visualizzate o abbia altri dubbi a riguardo. In questo caso si agisce in due modi: se le domande sono facili ovvero risolvibili tramite l’uso di un dizionario vi si risponde direttamente, tramite mail o contatti privati, se invece riguardano un settore linguistico particolarmente irto di ostacoli la risposta viene vagliata dagli accademici e resa pubblica sul sito.”

Questo riguarda anche il caso di anglicismi presenti nella lingua italiana?

“Certamente. La società Incipit, che opera in collaborazione con l’Accademia, si occupa proprio di ‘filtrare’ i termini incipienti nella nostra lingua al fine di trovare un traducente italiano. Chiaro è che diverse voci hanno ormai fondato le radici nella lingua italiana e sono difficili da estirpare, ci si opera quindi su quelle che stanno man mano entrando. Sempre ricordando che la lingua italiana non la decide la Crusca, ma 60 milioni di persone che la parlano. Occorre quindi trovare un traducente efficace che sovrasti il termine originale.”

imageA questo punto è d’obbligo citare il caso ‘petaloso’, divenuto, prima grazie alla maestra di Matteo e poi grazie agli hashtag, di dominio nazionale. Come è stato o sarà gestito e che influenza ha avuto sull’Accademia?

“La Crusca non è sicuramente conosciuta da tutti gli italiani e questa piccola storia ha reso maggiore visibilità al lavoro che essa svolge. Ma di certo non è risultata vantaggiosa. L’Ansa, che ha diffuso la notizia, ha indicato che l’Accademia avrebbe riconosciuto la parola e l’avrebbe successivamente inserita in un vocabolario da essa approvato. Partendo dal fatto che dal 1923 (anno di sospensione dei lavori per la quinta edizione di un vocabolario della Crusca, iniziato nel 1843) l’istituzione non si occupa della compilazione di un tale glossario linguistico, nella lettera si legge chiaramente che “non sono gli studiosi, quelli che fanno i vocabolari, a decidere quali parole nuove sono belle o brutte, utili o inutili“. La risposta che la collega Maria Cristina Torchia ha dato al ragazzino aveva più che altro uno scopo pedagogico. La maestra si è rivolta ad un’importante istituzione per quanto riguarda la linguistica italiana e si è voluta sfruttare l’occasione per poter creare un lavoro di riflessione all’interno della classe di Matteo. La risposta era banale e soprattutto privata. La maestra ha pubblicato la lettera di risposta sui social senza richiedere il consenso al ragazzino e soprattutto all’Accademia che ne avrebbe impedito la dilagazione. Non si imagetratta di un processo per cui, come pubblicizzato sui social, “se arriva ad un milione di condivisioni entra nel dizionario”. Il disinteresse e la disinformazione impediscono il vero lavoro dell’Accademia. Ad oggi infatti si contano sul sito oltre 70 000 domande a cui se ne aggiungono sempre di più. Persone che inizialmente hanno elogiato la Crusca per aver risposto ad un alunno di terza elementare ora la criticano per la decisione di inserire una parola ‘stupida’ nel dizionario. Così arrivano mail da utenti realmente dubbiosi sul lavoro effettivo dell’Accademia e da altri che semplicemente decidono di deriderla, inviando fiumi di parole inventate. Si è deciso per ora di non rispondere a nessuna di queste domande, si tratta di un danno collaterale per il quale davvero si riuniranno i ‘saggi’ dell’Accademia, alla ricerca di una soluzione.”

Superate queste difficoltà quali saranno i progetti per il futuro della Crusca?

“Sul sito sono elencati molti progetti attuati con le scuole e le università. I più grandi programmi per il futuro sono essenzialmente tre: la ricostruzione di un vero vocabolario della Crusca in cui verrà presentata una storia dell’italiano dopo il 1861, un dizionario storico dall’Unione ad oggi; la costituzione di un osservatorio degli italianismi nel mondo per il controllo della ‘salute’ della lingua che infatti risulta ‘viva’ se contribuisce anche globalmente; la creazione di un glossario sulla lingua dantesca in occasione del settecentesimo anniversario della morte del sommo poeta.”

 

Di Vittorio Signifredi

1 Commento su L’Accademia della Crusca: “Non decidiamo noi l’italiano ma i 60 milioni che lo parlano”

  1. Luca Passani // 3 luglio 2019 a 23:04 // Rispondi

    Non riesco a capire. La lingua la fanno i 60 milioni di italiani oppure il gruppo INCIPIT della Crusca vuole decidere cosa entra nella nostra lingua e cosa no?
    Mi sembra che l’intervistato riesca a contraddirsi nel giro di poche domande.

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