Non ci meritiamo la maratona Bim Bum Bam (e questa tv)
LA TELEVISIONE ITALIANA NON HA PIÙ VOGLIA DI REINVENTARSI?
di Elena Brozzetti |
Un normale lunedì sera di metà dicembre. Pigiama, divano, tisana e tv. La vita in inverno è una cosa meravigliosa.
Un rapido zapping per vedere cosa offrono i palinsesti italiani: come succede spesso, nulla d’interessante. Rai 1 e il suo Sarà Sanremo per presentare i nomi dei 20 big; Canale 5 con il suo solito programma trash Selfie che vende gioia fittizia attraverso chirurgia estetica; La7 e la serie tv Grey’s Anatomy; un capitolo dell’intramontabile saga di Star Wars su Tv8. Nelle altre serate? Cambia poco: l’ennesima edizione di Ballando con le Stelle, Striscia la notizia e Grande Fratello. Nulla che non si sia già visto.
L’ultimo nostalgico remake è andato in onda su Mediaset Extra: una lunga riprogrammazione della storica trasmissione per ragazzi, cult degli anni 80/90, Bim Bum Bam. 10 ore di intrattenimento con le gag di un giovanissimo Paolo Bonolis, il pupazzo Uan e le indimenticabili colonne sonore dei cartoni animati di Cristina D’avena. Operazione nostalgia condotta anche sulle reti Rai con la nuova edizione, in chiave moderna, del famoso telequiz di Mike Bongiorno RischiaTutto, oggi condotto da Fabio Fazio. Back to the Future.
Allora la domanda sorge spontanea: ma la televisione italiana non è più in grado di offrire qualcosa di nuovo? Mancanza di inventiva o poca applicazione? Forse. L’attuale panorama dell’intrattenimento televisivo non a pagamento, infatti, pare aver deciso che ‘il futuro’ su cui puntare sono solo 3 cardini irrinunciabili: i programmi di cucina, oramai format d’intrattenimento ma anche di specializzazione; i talk show politici che, nonostante ascolti non esaltanti, continuano a proliferare; serie televisive concepite con una certa logica provinciale e che, per lo più, condanna questi prodotti a “funzionare” soltanto in Italia. Stop.
La scelta dei programmi da mandare in onda viene fatta in base alla tipologia di pubblico raggiunto nelle maggiori fasce orarie. Vale a dire, ad esempio, che se il numero dei telespettatori è massimo nelle strisce preserali o serali 18- 22.30, la nuova produzione televisiva verterà principalmente sulla scelta di programmi per il target di individui di quella fascia, abbandonando le altre al rimpasto delle solite proposte. Una televisione quindi, pensata per una singola maggioranza, famiglie e anziani, e non per tutti. I ragazzi invece, ‘bulimici’ di film e serie tv, vengono tagliati fuori. Così la loro scelta ricade sullo streaming o su on demand – Netflix in primis – attraverso i quali scelgono cosa, come e quando guardare. In Italia nemmeno la tv è più un posto per giovani.
E la frammentazione dei canali con l’avvento del digitale terrestre non ha certamente migliorato le cose, soprattutto per tutti quei palinsesti figli della stessa casa, che riempono spazi con repliche di trasmissioni andate in onda nelle reti principali. Più contenitori su cui spalmare la stessa offerta, e si finisce per avere 200 canali e guardare sempre gli stessi 5 o 6.
Anche quando nelle menti degli autori televisivi sembra nascere una idea nuova, riecco spuntare come protagonisti i ‘soliti nomi’, personaggi che zampillano da un palinsesto all’altro, che si reinventano attori, presentatori, showmen e perfino concorrenti. Di fatto sempre gli stessi . Il Fabrizio Frizzi di turno presentatore de Il Barattolo, Scommettiamo che…? Miss Italia, Telethon, il gioco a premi Soliti ignoti – Identità nascoste e, ultimo, L’eredità. Il Fabrizio Frizzi attore in Non lasciamoci più e concorrente a Ballando con le Stelle, Notti sul ghiaccio e Tale e Quale Show. Il Fabrizio Frizzi telecronista de La partita del Cuore.
Il confronto con Sky sembra necessario, non solo per una maggiore disponibilità economica, ma per una logica imprenditoriale volta non solo alla soddisfazione dei telespettatori paganti ma soprattutto alla rivendita del prodotto nei Paesi esteri. E le serie tv sono un lampante esempio di questa sostanziale differenza. Gomorra, serie record di ascolti prodotta da Sky Atlantic, esportata Oltreoceano, si è piazzata al terzo posto nella classifica stilata dai critici del New York Times sulle serie tv internazionali. Successo non altrettanto riscontrabile in nessun altro telefilm dei tanti prodotti da Rai o Mediaset. Se ad essere scontato è il fatto che, in termini di budget, la tv nazionale non può eguagliare Sky, non è altrettanto accettabile che per questo debba essere di così tanta pochezza.
Il messaggio che traspare è chiaro: la tv italiana deve reinventarsi. Basta la mediocrità, il ‘politicamente corretto’ a svantaggio della verità, il troppo sentimentalismo e pietismo che si evince in qualunque programma da salotto o serie tv spicciola. Basta con i reality show e tutti quei format riadattati a quelli stranieri: le tette e i vostri culi teneteveli pure.
Ad oggi la risposta più convincente (forse l’unica) sono le modifiche apportate in Rai dal nuovo direttore Generale Antonio Campo Dall’Orto. Dopo aver imposto uno stop a tutti quei programmi d’intrattenimento emotainment, come vengono gergalmente detti tutte quelle trasmissioni nelle quali ad essere giocata è sempre la carta delle sentimenti e dell’emotività, ha investito maggiori risorse nel web, trasformando Rai Tv in una vera e propria televisione interattiva, con 14 canali in diretta streaming, il replay per rivedere tutti i programmi e le serie tv andate in onda, una innumerevole proposta di serie, fiction, film, documentari e concerti. In due parole: Rai play.
Certo, il ritorno di vecchie glorie c’è sempre, come Michele Santoro su Rai 2 nel 2017, ma dall’altro lato fa sperare in positivo Rai4, dedicato interamente alle fasce più giovani, con l’arrivo di serie tv (come la quinta stagione di Game of Thrones), approfondimenti, documentari e concerti live.
Scrivi un commento