“ParmAteneo fascista! Cancellate quel video!”

SE CHI HA RIFIUTATO ANCHE SOLO DI APRIRE BOCCA ADESSO SCRIVE INSULTI

parmateneo fascista 300x200la Redazione |

Informatevi, chiedete, domandate. Era il dicembre del referendum e il voto dei giovani avrebbe pesato parecchio. Stiracchiati tra il sì e il no, ogni tanto qualcuno ci dava un buon consiglio: informarsi per ragionare con la propria testa. Incredibili a dirsi, è lo stesso che ti danno la prima volta che entri in una redazione vera: vai, fai domande, prova a capire.

L’abbiamo fatto con i militanti di Casapound, nella prima puntata del nostro nuovo programma di video inchieste “Articolo 21”. Pretenzioso nome da libertà di stampa, regalo di partigiani e padri costituenti. Tema: l’estremismo politico nei giovani. Svolgimento: destra, sinistra e pareri neutrali ma interessati. Tre voci, altra regola base del giornalismo. Per la destra abbiamo appunto chiesto a Casapound: qualche sospetto, un discreto numero di loro riunioni interne, limitazioni ai momenti da poter filmare (citate anche nel servizio) ma alla fine la telecamera si accende. Per i pareri neutrali siamo andati tra la gente che vive vicino alla loro sede, parmigiani di ogni età più o meno disposti a proferire verbo davanti all’obiettivo. Per la sinistra abbiamo chiesto a tanti, per non dire a tutti, compresi quelli di cui avevamo già scritto per un bel progetto nei campi profughi. Inutile fare nomi dei vari gruppi e collettivi; quaranta giorni di “no”, silenzi o appuntamenti rimandati a mai. Anche quando sembrava ci fosse qualcuno pronto semplicemente a raccontarsi, presto o tardi cambiava idea con improvvisate motivazioni piovute non si sa da chi.
Sia chiaro, a Parma l’estrema sinistra non è solo fatta di collettivi giovanili; ma così come per la destra non abbiamo cercato pareri “adulti”, anche qui sentivamo la necessità di un confronto tra ventenni. Un’inchiesta di ragazzi fatta tra i ragazzi, per capire come mai tanti scelgono i lati più estremi del ventaglio e ascoltare cos’hanno da dire, i loro perché. Somiglianze e divergenze, non per forza contrapposizioni.

Però. Però no, non si può, non si sa perché. Le motivazioni le scopriamo adesso, quando pubblichiamo l’inchiesta. Sì, perché dopo esserci interrogati, abbiamo comunque deciso di pubblicarla. Non abbiamo voluto che il silenzio di una parte diventasse censura per l’altra. Immaginate se ogni No Comment in un dibattito politico causasse il silenzio di tutti. Ciao ciao democrazia. Un principio che abbiamo segnalato su Youtube e nell’articolo, detto all’interno del video.

Così solo ora scopriamo il parere, parecchio furente, di chi prima si è sottratto al confronto: “Cancellate il video”, “lettera di scuse”, “schifosi”, “fate venire il vomito”, “miseria umana”. “Miseria umana” non l’avevamo mai sentito. Visto il putiferio che si scatena, allora non ci eravamo sbagliati: a questi ragazzi l’argomento fascismo e antifascismo sta davvero a cuore. Chissà quale contributo avrebbero potuto dare alla nostra inchiesta se solo…

Inchiesta che a parer loro ha una grande colpa: aver “dato visibilità” a Casapound, che solo di quella vivrebbe. Strano, perché a noi pareva che Casapound vivesse anche senza l’intervista di ParmAteneo. Ci sembrava un fatto la sua esistenza, ci sembrava un fatto la sua candidatura alle prossime amministrative. Fatti da provare a comprendere. Bene o male, ai lettori giudicare le nostre doti di aspiranti giornalisti e la nostra scelta, magari imprudente, di aver avviato questa serie di nuove video inchieste dando voce proprio a chi si dichiara apertamente fuori dal contesto repubblicano. “Apologia del fascismo!”, commentano: bene, allora forse la nostra inchiesta è servita a fornire materiale probante a quest’accusa. Non c’è di che.
O forse è buona solo per comprenderli meglio, i neofascisti, visto che sui social l’accusa di esserlo anche noi è talmente ripetuta che magari ce ne convinciamo. Tutti e sessanta, una redazione di balilla, colpevoli di aver fatto domande a chi non le merita.

Le stesse che abbiamo di nuovo tentato di fare sui social, l’unico posto dove siamo riusciti solo adesso a “incontrare” chi ci (pre)giudica. E sapete cos’è successo? Ogni volta che leggiamo – perché c’è anche a chi piace leggere un parere diverso dal proprio – e rispondiamo, ci vediamo cancellati. Sparisce il loro commento e di conseguenza anche il nostro. Il paradosso è che chi innalza il vessillo antifascista ci insulta, “invita” alla censura, elimina ogni parere scomodo: ma non era roba da ventennio?
Così, alla fine, di tutte le domande che volevamo fare, ce n’è rimasta soltanto una: se a vent’anni non si riesce a parlare, tutto questo che senso ha?

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