Divario di genere: Italia 50^, ma le donne in azienda aumentano i profitti

ALL'UNIPR INCONTRO SULLA FIGURA FEMMINILE IN OTTICA ECONOMICO-AZIENDALE

IMG_2203Diversità sì, ma a patto di pari opportunità. E’ questa la sfida che le società di oggi devono cogliere nei confronti dei propri cittadini, uomini o donne che siano. E l’Italia, in questo percorso che riguarda la questione di genere, a che punto è? Il Global Gender Gap Report (introdotto dal World Economic Forum nel 2006) vede il Paese migliorare ma ancora al cinquantesimo posto all’interno di una classifica mondiale sull’ampiezza del divario di genere basata su criteri economici, politici, di educazione e salute.
E qual è la situazione soffermandosi in un’ottica economico-aziendale? E’ stato questo il tema al centro dell’incontro svoltosi giovedì 9 febbraio all’Università di Parma con lo scopo di offrire un’ampia riflessione sulla questione di genere all’interno del mondo professionale e imprenditoriale italiano, e non solo. Penultima tappa del ciclo di seminari ‘Con gli occhi delle donne’ (progetto promosso dall’Università e Comune di Parma in occasione del settantesimo anniversario del suffragio femminile in Italia), il seminario è stato organizzato da Federica Balluchi e moderato da Paolo Andrei, entrambi docenti di Economia aziendale dell’Università di Parma.

UN PERCORSO ANCORA LUNGO – A introdurre l’incontro, nell’Aula Magna del Palazzo Centrale, è stato il discorso di apertura della pro-rettrice alla Didattica Maria Cristina Ossiprandi che ha ribadito l’attualità del problema della differenza di genere all’interno del nostro Paese. “E’ ancora troppo contenuta – ha infatti precisato – la presenza femminile nei ruoli di maggior prestigio e di gestione della cosa pubblica. Dover parlare di quote rosa nel terzo millennio come di un auspicato avanzamento è già in qualche misura una sorta di sconfitta, nonché sintomo di una parità di genere ancora incompiuta.” Sulla stessa scia, l’intervento del sindaco Federico Pizzarotti che ha sottolineato l’importanza del progetto. “Pensando ai settori che conosco più da vicino – sottolinea – come l’attività politica e di amministrazione pubblica, penso che l’obbligarietà non sia la soluzione corretta: non deve essere una questione di quote rosa, ma di qualità delle persone. Un diverso atteggiamento svilisce le capacità e le competenze femminili che meritano di occupare posti di rilievo in tutti gli ambiti. Fondamentale è creare consapevolezza, soprattutto negli uomini, del fatto che la vera parità sia annullare le differenze”.

Seminario donne in aziendaFRONTE EUROPEO – L’attenzione è stata fin da subito rivolta, con le relazioni di Giuseppina Iacoviello (ricercatore di Economia aziendale all’Università di Pisa) e Arianna Lazzini (docente associato di Economia aziendale all’Università di Modena e Reggio Emilia), all’apporto che le donne possono offrire alla costruzione dell’Europa di domani. Il nuovo modello di crescita e sviluppo verso un’Europa Smart, sustainable and inclusive. La strategia UE 2020, più volte richiamata nel corso del seminario, rivela infatti come l’Europa sia ben convinta che la diversità sia un valore aggiunto e indispensabile. Lì dove convergono l’attenzione politica ed economica, è di estrema importanza il contributo degli studi di genere. “Solo così – precisano le studiose – ponendo all’attenzione delle imminenti trasformazioni culturali lo scoglio rappresentato dalla differenza di genere, è possibile superare il problema”. Il gender mainstreaming (processo di valutazione delle implicazioni per uomini e donne di ogni azione pianificata, compresa la legislazione, le politiche o i programmi, in tutti i settori e a tutti i livelli) deve sostenere le politiche comunitarie. “Mettere in primo piano il problema di genere significa anzitutto guardare con gli occhi di tutti coloro che vivono nelle città, comprese le donne”.

PERCHE’ COSI’ POCHE LE DONNE NEI CDA? – Una delle domande che ha illuminato gli occhi di tutti i presenti, riguarda proprio gli scarsi risultati della legge 120/2011 (la c.d. Golfo-Mosca, sulle quote rosa). Alla luce dei dati statistici esposti nel corso del seminario, è stato rilevato come il numero di donne poste a livello dirigenziale sia ancora allarmante. Che le donne all’interno dei vertici delle società quotate in borsa dovranno essere pari ad almeno a un terzo, per quanto disposto dalle disposizioni legislative, non significa ‘presenza obbligatoria di un terzo’. L’incapacità di realizzazione dei propositi è indice di come gli stereotipi di genere continuino ad influenzare le culture aziendali, ‘soprattutto quando – dati Istat alla mano – la preferenza è data all’uomo nonostante la parità di livello di istruzione e competenze“. Che gli uomini ispirino maggiore fiducia? Alcune indagini sembrano dire altro.
La ricerca realizzata da Katia Furlotti e Veronica Tibiletti, docenti del Dipartimento di Economia di Parma, ha infatti rivelato come “la presenza di donne all’interno dei cda sia fondamentale anche e soprattutto per la crescita del profitto aziendale”. Secondo un’analisi condotta su 2
50 aziende, la presenza delle donne nel board aziendale garantirebbe un profitto del 15% più alto rispetto alla media nazionale del settore di riferimento. Le aziende con una maggiore presenza femminile ottengono migliori risultati economici. “La diversità, è vero, aumenta i problemi, la complessità all’interno delle aziende – precisa Tibiletti – ma è innegabile l’aumento delle prospettive e di conseguenza delle innovazioni”.

IMG_2218CUG, COMITATO UNICO DI GARANZIA –  Tra le ultime relazioni esposte, quella di Luisa Pulejo, docente ordinario di Economia aziendale dell’Università di Messina, che ha ribadito fermamente l’importanza di dare rilievo ai profili di genere nei processi di programmazione. “Spetta ai Cug intervenire nei processi di programmazione all’interno dell’amministrazione pubblica. E’ importante che si tenga conto delle diversità delle persone e delle loro aspettative. Donne e uomini esprimono delle esigenze di bisogno in base alle loro diversità sociali e culturali, non solo di sesso”. Il compito del Cug è verificare gli esiti delle azioni amministrative, agire per l’eliminazione delle discriminazioni, diffondere la strategia del gendermainstreaming per valorizzare le diversità ed eliminare le discriminazioni dalle loro cause di fondo. “Applicare questa strategia significa adottare una prospettiva di genere. Ed è importante tenerne conto soprattutto nel contesto di ciascun ateneo”. L’università è il luogo di cambiamento sociale, culturale nel quale vengono formate le future generazioni. E’ il teatro di diffusione degli strumenti da gettare in campo, soprattutto di fronte a temi di matrice culturale. Parlare di pari diritti e pari opportunità non è una questione solo femminile, riguarda tutti. La società, così come le aziende, deve stare attenta a soddisfare i bisogni delle persone, le loro aspettative. E gli obblighi legislativi sono solo toppe che spesso non risolvono i problemi.

‘GOVERNANCE FEMMINILE’ UNIPR – A chiudere l’incontro qualche dato sulla presenza femminile nel contesto aziendale-universitario del nostro Ateneo. Ad oggi, l’organo di governance dell’Unipr con maggior numero di donne è il Senato Accademico, con 15 elementi su 58 (circa il 26%). I dati riporano inoltre che non si è mai avuta componente femminile nella posizione di rettore, pro rettore vicaro, direttore amministrativo e vice, salvo che nella posizione di direttore generale, introdotta dal 2011, in cui si osserva la presenza esclusiva di una sola componente femminile.

Il prossimo appuntamento del ciclo di incontri dedicato alle donne è fissato per il 15 febbraio e tratterà del pluralismo  linguistico e culturale come spazio di resistenza e di creatività femminile.

 

di Carmelo Sostegno

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