Generazione “zero”

UNO SGUARDO DENTRO SE STESSI E UNO SUL MONDO

Luca MautoneAlzatevi tardi la mattina, dopo una lunga notte.
Non troppo tardi però.
Appena svegli, guardatevi allo specchio.
Troverete un sacco di difetti dentro la vostra immagine riflessa.
Fate colazione, e preparatevi. Per andare al lavoro (ammesso che ne abbiate uno), all’università (ammesso che ne frequentiate una), o semplicemente per uscire fuori a fare una passeggiata.
Prima di scendere, osservatevi di nuovo nello specchio.
Troverete meno difetti dentro la vostra immagine riflessa.
Non è straordinario quanto poco basti per migliorare voi stessi?
Se credete che sia solamente una questione estetica, provate a leggere.
Leggete molto (ma non solamente cose stupide). Leggete con gli occhi, con le mani, con le orecchie, con la bocca.
Leggere equivale a “vestire” la vostra mente.
Pensate.
Pensare è come mettere la propria mente davanti allo specchio.
Non pensate troppo però.
Ci son cose nella vita, che non vale la pena spiegare.
Se siete sul vostro posto di lavoro cercate di non stressarvi più di tanto. Non vi arrabbiate con i colleghi che vi infastidiscono, non sentitevi troppo in colpa se il capo sclera contro di voi, non vi sentite offesi se qualcuno vi dice che non sapete fare qualcosa.
Il “non saper fare qualcosa” è quella marcia in più che serve ad imparare. E di cose da imparare, ce ne saranno sempre.
Se siete all’università, non prendete troppi caffè. Tanto non vi aiuteranno a rimanere svegli di fronte alla più noiosa delle lezioni. Se qualcuno vi parla di prospettive future e vi dice che non ce ne sono, fate un piacere a voi stessi, non credetegli.
Se un rispettabile professore vi dice che ad una certa età bisogna maturare e smettere di aggrapparsi a sogni e speranze, rispettate questo suo pensiero. Spesso la saggezza fa indurire il cuore.
Ricordatevi però, che in un futuro appena più lontano potreste ritrovarvi a guardare indietro e scoprire che a farvi essere ciò che siete (e che sarete) saranno stati proprio i vostri sogni, le vostre ambizioni, le vostre speranze.
Se vi dicono che a venti, o ventitré, o ventisette anni è un peccato mortale non sapere cosa fare nella propria vita, voi rispondete che esistono anche quarantenni, sessantenni e ottantenni che ancora non lo sanno. E che forse c’è chi non l’ha saputo mai, ma che non per questo non arriverete mai da nessuna parte. In fondo, il fine di tutto, è il viaggio stesso.
Se uscite a fare una passeggiata, andate in posti che non avete mai visto, o in posti che conoscete come le vostre tasche. Lasciatevi travolgere dalla curiosità, ma non fatevi cogliere troppo di sorpresa. Andate piano, o forte, ma non restate mai immobili.
A volte è bene fermarsi dall’essere semplicemente schegge impazzite all’interno di una piccola metropoli. Altre volte è emozionante correre a ritmi forsennati, tornare a casa la sera, stanchi ma contenti di aver fatto tutto quello che ci si era prefissati di fare nell’arco di una giornata.
Se qualcuno vi dice che siete degli “zero”, voi ricordategli che il mondo tutt’attorno è formato da tanti zero apparentemente vuoti, che dentro di loro celano infinite possibilità.

E se proprio non vi va di ascoltare questi assurdi consigli, provate almeno a porvi questo quesito.
Può una generazione “zero”, nell’insieme delle sue infinite possibilità, rimanere in silenzio di fronte a un mondo con zero diritti, zero lavoro, zero istruzione, zero sogni e zero futuro?

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