Latino e greco ancora una volta al banco degli imputati

BUONA SCUOLA: QUANTO E' EFFETTIVAMENTE 'BUONA' QUESTA RIFORMA?

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“Io non lo faccio per soldi, se pensassi ai soli compensi mangerei domani. Lo faccio per aprire le testoline di voi massa di capre, perché ricordatevi sempre che l’ignorante non vive, campa. Voi volete campare, o volete vivere?”.

Così una professoressa di greco parlava alla sua classe non molti anni. Ostinatamente ribadiva ai suoi alunni quanto studiare la letteratura ‘aprisse effettivamente la mente, facendo apprendere una forma mentis’ che sarebbe servita in futuro. Frasi come queste rimbalzano tra i licei di tutta Italia, ma mentre fino a qualche tempo fa erano in molti i professori che credevano davvero nell’importanza dell’insegnamento delle lingue classiche a supporto di una cultura solida, ora sembra che gli stessi docenti stiano vacillando in merito. Quindi la questione da affrontare è “il valore della grecità e tutto ciò che comporta lo studio del greco e del latino, è davvero così irrinunciabile?” Con questa domanda il professore Giuseppe Gilberto Biondi, docente ordinario di Letteratura latina dell’Università di Parma, ha aperto il dibattito durante un convegno sulle lingue antiche e la riforma ‘Buona scuola’ tenutosi martedì 21 febbraio all’Università di Parma.

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EFFETTI DELLA ‘BUONA SCUOLA’ – Nonostante la riforma Gelmini preveda un’aumento delle ore curricolari, da 24 a 36, in cui dare più spazio a materie come la lingua inglese e l’informatica, per quel che riguarda le materie umanistiche, la professoressa Claudia Carri, dell’istituto Ariosto-Spallanzani di Reggio Emilia, ha focalizzato l’attenzione sulla distribuzione degli insegnamenti. “La diminuzione del monte ore da 18 a 16 per le lingue classiche è già di per sé un problema. Se si calcola anche un’ora in meno di italiano, la situazione è ancora più grave, senza contare le lamentele generali proprio di questi tempi secondo cui i nostri studenti non conoscono la loro lingua, è sconcertante. Ciò ha eroso le fondamenta delle lingue classiche, ci troviamo di fronte al più che perfetto latino ma non sanno tradurlo”. Ma il problema non riguarderebbe solo le lingue. “Oltre tutto l’accorpamento di insegnamenti come la geografia e la storia in un unico ibrido ‘geo-storia’ ha avuto pesanti ripercussioni sull’apprendimento delle materie: come possiamo pensare ad una ‘generazione Erasmus’ che disconosce le più elementari coordinate geografiche? Noi siamo passati da un tutto ad uno sbriciolamento. Girano voci ultimamente che riguardano anche la seconda prova della maturità, che non prevederebbe più la traduzione. Dal nostro punto di vista significa snaturare e ‘scippare’ alle generazione future un bene proficuo”.

Cara callaSOLUZIONI PROPOSTE – Dopo la discussione sugli effetti della riforma, all’incontro sono state presentate alcune soluzioni che molti licei in questione hanno adottato. Corsi pomeridiani, laboratori di sostegno e potenziamento del latino e del greco, corsi di preparazione all’esame di stato. Sono solo alcune dei ‘rimedi’ elaborati. C’è chi però, tra i docenti presenti in aula, ha sottolineato: “Sembra un miracolo che riusciate a pagare le ore extracurriculari con le sole risorse dell’istituto, dato che a malapena si riescono a pagare quelle curriculari.” Ancora una volta, come messo in evidenza, il problema di molti istituti restino le casse vuote.

ECO IN DIFESA DEL LICEO CLASSICO- “Metti la cera, togli la cera. Metti la cera, togli la cera”. Chi non ha mai visto Karate Kid? Miyagi-san che insegna il karate al giovane Daniel pulendo e lucidando una macchina. L’intento del maestro non era certo quello di insegnargli a pulire una macchina, semplicemente imparare le mosse. Allo stesso modo, si potrebbe dire che le lingue classiche insegnano le mosse per parare i colpi che arriveranno domani.
Come Umberto Eco scrisse nella sua ‘Bustina di minerva’, la rubrica che teneva settimanalmente su L’espresso, “solo chi ha il respiro culturale che può essere offerto da buoni studi classici è aperto all’ideazione, all’intuizione di come andranno le cose quando oggi non lo si sa ancora.” Oggi quell’intuito servirebbe più che mai. Che la speranza sia da riporre ancora nello studio nel latino e nel greco? Ai posteri l’ardua sentenza.

 

di Francesca Iannello 

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