Storia di Arturo Cantodori, prigioniero chiamato traditore

PRESENTATO IL PRIMO VOLUME DELLA COLLANA 'EXTRAVAGANTE', DIARIO DI UN PARMIGIANO NELLA DISFATTA DI CAPORETTO

diario di guerra“Scommetto che paghereste per vedere quello che non si vede e per provare quello che non si prova”. Venerdì 3 marzo, nella Sala Polifunzionale dei Musei della Fondazione Monte Parma, si è tenuta la presentazione del libro ‘Diario di guerra e prigionia (1917-1919)’ di Arturo Cantadori, giovanissimo soldato parmense che prese parte alla Grande Guerra e che fu catturato subito dopo la disfatta di Caporetto. Un’esperienza cruenta, che il protagonista racconta nella quotidianità dei giorni passati nei campi di prigionia austro-tedeschi, giorni di fame e di freddo segnati dall’indignazione nei confronti degli ufficiali italiani, dalla febbre e dal tifo, dall’illimitata crudeltà dei soldati tedeschi, ma anche dalle amicizie strette con i compagni. La storia si conclude con il suo rientro in Italia durante il quale viene sorprendentemente designato come “traditore della patria” per una fuga mai accertata. Arturo Cantandori morirà nel 1929.

La presentazione, che è stata aperta dai saluti di Roberto Delsignore, presidente di Fondazione Monte Parma, e di Marzio Dall’Acqua, presidente di Mup Editore, ha visto la partecipazione del direttore della collana ‘Extravagante’, di cui il libro è prima testimonianza, Piergiovanni Genovesi, del ricercatore dell’Università di Parma Fabrizio Solieri e dei curatori Paolo Bongrani e Giuliano Masola.

“Siamo particolarmente contenti – ha affermato il presidente Delsignore – perché questo volume tiene a battesimo la collana ‘Extravagante’ che si propone di indagare e di far conoscere personaggi poco noti della storia contemporanea e gli episodi che li hanno visti protagonisti della nostra Resistenza”.    Masola non ha infatti perso l’occasione di sottolineare l’importanza del libro, sia per la storia di Parma che dell’Italia intera: “Il volume rappresenta una prima materializzazione di  progetto commemorativo in occasione del centenario della Grande Guerra, che ha tra gli obiettivi quello di valorizzare tracce inedite della memoria di quel conflitto tuttora presente negli archivi famigliari, sia di Parma che della provincia, ma che sono a rischio di oblio, se non addirittura andate disperse. Questo libro ci porta tutti in quella dimensione enorme e impressionante della Grande Guerra e della prigionia”.

Come tutti sanno la ritirata di Caporetto è stata uno dei momenti più lugubri della storia italiana, ed è proprio qui che inizia la vicenda del protagonista, segnata da continui spostamenti da una zona all’altra e dalla costante paura di essere catturato fino a quando, nell’ottobre del 1917, a Buia, Cantadori e i suoi compagni vengono sopraffatti dall’esercito tedesco. Se in un primo momento il protagonista riesce a salvarsi, la fuga viene definitivamente interrotta il 30 ottobre a Moruzzo: “E con questo – scrive – dal 30 Ottobre 1917 ore 10 passo dalla vita militare a quella di prigioniero di guerra”.
Durante la conferenza il ricercatore Solieri ha parlato in modo aperto sia del protagonista sia della realtà italiana di quegli anni: “Voglio sottolineare l’estremo rigore storico e filologico con cui i curatori hanno restituito il diario al pubblico. Figlio di un agricoltore, Cantadori nasce nel settembre del 1898, quarto di sei figli. La sua provenienza sociale non corrispondeva alla condizione di contadino povero, che all’epoca aveva un ruolo centrale nella composizione dell’esercito italiano, tuttavia sarebbe un errore considerare la famiglia di Cantadori come indicativa della condizione agraria italiana, condizioni che possono essere collocate in una fascia di maggiore distacco rispetto alle vicende belliche. Come molti italiani di quel periodo, anche lui però compie solo gli studi fino alla terza elementare senza sostenere l’esame finale. Purtroppo non si può ricostruire con certezza il pensiero di Arturo Cantadori durante i suoi giorni di prigionia, occorre però osservare che, chiamato nel marzo del 1917, il protagonista non poteva essere consapevole di quanto la realtà bellica si fosse dimostrata diversa rispetto a quanto l’entrata in guerra del 1915 aveva mostrato.”

maxresdefaultUna realtà bellica che i presenti hanno “provato” durante il reading di Paolo Briganti, la cui interpretazione delle parole del protagonista, con non pochi momenti di commozione, ha fatto rivivere i giorni di un uomo di cui, fino a qualche anno fa, Parma ignorava completamente l’esistenza. Dice Arturo Cantadori: “Ci fanno uscire dalla stazione per incamminarci in una larga via fiancheggiata da stupendi palazzi, questa volta possiamo renderci esattamente conto della miseria che regna in questa Germania, non si vedono né botteghe di generi alimentari né di vestiario, solo vetrine che mostrano oggetti casalinghi e  giocattoli per bambini. Le vie sono completamente deserte, le porte chiuse. Questa realtà rappresenta la desolazione e il lutto. Attraversiamo la città da un’estremità all’altra, entriamo in un campo cinto da muro dove all’interno baracche zeppe di prigionieri italiani. Ci danno un mestolo di acqua d’orzo senza sale ed un paio di bocconi di pane, e poi ci fanno uscire da un altro cancello per incamminarci nuovamente sulla via lasciata poco prima. Si vedono bambini che ritornano da scuola accompagnati dagli adulti. Qui si vedono spettacoli pietosi: questi fanciulli che camminano sul marciapiede ai nostri lati sono tutti intenti a mangiare delle fettine di pane spalmate sia di burro che di marmellata. Ma a noi, alla vista di questa roba, ci viene l’ispirazione di rubarglieli di mano, basta uno che inizia perché gli altri seguino l’esempio. Ma è solo questione di un attimo perché le sentinelle cominciano a menare botte da orbi con il calcio dei fucili”.

Sono solo alcune delle tante parole di un ragazzo che ha lottato contro la natura e contro altri uomini per vivere, un soldato che ha aiutato i suoi compagni nei giorni più difficili. E che purtroppo, al ritorno in patria, è stato ringraziato in maniera del tutto diversa. Scrive: Passiamo la frontiera la sera del giorno 14 Marzo 1919. Ma appena arrivai a Chiasso dove si sperava dimostrazioni di amore, abbiamo la delusione più grande. Nessuna mano si alza per salutarci, nessun viso ci sorride, anzi qualche voce mormora la parola Traditori”.
Se fossimo vissuti in quel periodo non sapremmo adesso come avremmo accolto un uomo come Arturo Cantadori, ma oggi, un secolo dopo l’accaduto, possiamo dire che Parma ha conosciuto un nuovo eroe, che per le sue azioni merita tutto tranne che essere ritenuto un traditore. Che siamo parmensi o meno, dobbiamo essere riconoscenti a quest’uomo di nome Arturo Cantadori.

 

di Mattia Celio

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