Al rogo i voucher! La caccia alle streghe che non guarda alle conseguenze

CANCELLATA LA LEGGE NON CI SONO PIU' REGOLE MA SOLO LAVORO NERO E UN REFERENDUM SVUOTATO

opportunità di lavoro

Le principali accuse mosse dalla segretaria della Cgil, Giovanna Camusso, riguardo all’uso dei voucher è quella di essere uno strumento che rende il lavoro ancora più precario di quel che è già. Se da un certo punto di vista, prettamente ideologico, si può essere d’accordo, dall’altro non si vedono scenari migliori. E i dati non ne dimostrano un uso indiscriminato, anche se l’aumento potrebbe farlo pensare: secondo l’Istituto nazionale di statistica, del 16% di lavoro nero stimato, il monte ore raggiunto con l’uso dei voucher  copre solo lo 0,3%. E anche il numero dei contributi di 174 milioni, a fronte di 184 miliardi, confermano quanto detto.
Susanna CamussoNon ci sono quindi le prove per muovere le accuse di uno straripante precariato da voucher. Ed è la stessa Camusso ad ammetterlo a Repubblica il 14 marzo: “Non c’è alcun abuso. Chi lo racconta dice il falso, bisogna sfatare questa diceria. Le aziende che utilizzano i voucher lo fanno in maniera legale”. La questione riguarda la degradazione del lavoro. Come se il problema fossero i voucher.  Perché l’altro lato della medaglia, che sembra oscuro ai più, è quello delle conseguenze della mancanza di uno strumento in certi casi utile per riportare a galla le zone d’ombra del nostro tessuto economico. Di certo, non possono essere la panacea per i problemi occupazionali di questo Paese, ma addirittura considerarli così dannosi, senza portare prove che lo confermino, è esagerato. Oltre tutto, la cosa che più lascia perplessi, è perché si sia arrivati a questo assedio visto che i voucher sono in vigore dal 2005, benché con qualche differenza. La liberalizzazione più importante avvenne nel 2012 con il governo Monti e la riforma Fornero: venne permesso l’uso a tutti i settori con un tetto di 5 mila euro l’anno. Il governo Renzi ha aumentato la soglia a 7 mila euro e ciò comporta non poche preoccupazioni. Allo stesso tempo ha imposto nel 2015 la tracciabilità. L’Inps deve sapere quando, dove, per quanto tempo il lavoratore sarà impiegato nell’azienda.
Eppure è come se continuassimo a guardare il dito e non la luna: il voucher applicato a un vero lavoro occasionale permette che venga riconosciuto il proprio lavoro anche senza un contratto. Se ne viene fatto un uso indiscriminato, il peccato non va ricercato nello strumento ma in chi ne abusa. Facendo così, si toglie il voucher senza andare a colpire il furbetto di turno, il quale al prossimo turno troverà un altro modo per aggirare le regole. Fatta la legge, trovato l’inganno.
Sempre guardando i dati del 2016, si nota come gran parte di chi li utilizza siano persone con un primo lavoro. Arrotondi con un lavoretto, senza essere pagato in nero. Se non ci fossero i voucher, non credete che farebbero lo stesso? Se si vuole (veramente) evitare che diventi l’ennesima arma di sfruttamento bisogna aumentare i controlli non indire referendum.

Non si è sentito pestare i piedi allo stesso modo per il progetto Garanzia Giovani promosso dal Ministro del Lavoro Poletti: la gioventù italiana data come pacco regalo a imprese di mezza Italia. Le intenzioni erano delle migliori: stage e stipendio (ridicolo). Peccato che nella pratica sia diventato un circolo vizioso di mesi di attesa per un misero stipendio e stage che si traducevano in nulla.  Non si è gridato con così tanta enfasi per il demansionamento, per un aumento delle garanzie a tutela della maternità o più semplicemente sulla retribuzione paritaria.

Cerimonia_di_insediamento del Governo Gentiloni 2016Inutile girarci intorno: voucher e relativo referendum sono una questione politica, con il Pd ancora sanguinante dal referendum del 4 dicembre scorso. Non può permettersi un’altra sconfitta politica di quella portata alla soglia delle primarie del 30 aprile. Azzoppati in partenza. I toni della discussione sono quindi stati molto miti, accondiscendenti: “Sedetevi al tavolo e parliamone”  ma non è bastato. La battaglia in Consulta era stata vinta in parte e non si poteva scendere a patti, nemmeno con gli altri sindacati in disaccordo. Annamaria Furlan, segretaria della Cisl, propone di cambiarli non abolirli.  Ivan Pedretti, il segretario dello Spi, componente maggioritaria della Cgil con 3 milioni di iscritti su 6 milioni totali, lo stesso. Emblematico il caso dello Spi di Bologna che pagava le prestazioni occasionali proprio con i voucher: “Siamo per l’abolizione dei voucher, non dissentiamo dalla Cgil ma non potevano certo ricorrere a prestazioni in nero. E abbiamo usato l’unico strumento per non farlo” afferma il segretario regionale in Emilia Romagna dello Spi-Cgil, Bruno Pizzica. Appunto. Si torna sempre al punto di partenza: perché abolire uno strumento probabilmente utile a causa di un possibile abuso?
La precarietà non si misura su 300 mila persone, su 60 milioni di abitanti, con 130 milioni di voucher da 10 euro l’uno. Se il 55% dei fruitori nel 2015 erano lavoratori o persone che percepivano ammortizzatori sociali si dovrebbe guardare ai primi con preoccupazione per l’impossibilità di vivere una vita dignitosa senza un secondo lavoro, e alle seconde chiendosi perché una persona che ha perso il lavoro trovi come sola alternativa un impiego saltuario. Con una disoccupazione giovanile intorno al 40% a dicembre 2016 spendere energie in questa direzione è come parlare del sesso degli angeli. E ora, con un decreto abrogativo che cancella la legge ma non l’uso dei voucher, non ci sono più regole da seguire. Unico intento? Svuotare il referendum, evitare batoste. Pazienza per i precari. In pratica è stata la manna dal cielo per chi se ne vuole approfittare, conscio di poter far ricorso in tribunale nel caso venisse sanzionato.
Da non dimenticare, però, l’intransigenza con la quale sono state messe in campo le riforme sul lavoro: dritti senza guardarsi intorno. Duri e puri, fin tanto che ce la si fa. Un atteggiamento che ne ha causato uno uguale e contrario. Adesso è il tempo della rivalsa di chi è altrettanto lontano dal rendersi conto della realtà che lo circonda e proprio non capisce che la vita di fabbrica degli anni ’70 non esiste più. Nel mezzo ci sono gli spettatori, incantati a guardare il rimbalzo di accuse e proclami, come in una partita di tennis.

In un momento delicato in cui si spinge per andare alle elezioni, con gli inevitabili ritardi legislativi per qualsiasi altra proposta o modifica legislativa, non si sa quando verrà colmato il vuoto dei voucher. Il lavoro nero non troverà soluzione. La precarietà non sparirà a colpi di referendum. L’assenza di diritti, diventati appannaggio di pochi, non verrà sostituita da vecchi modelli incompatibili con il modello attuale. Ben venga la Carta dei Diritti del Lavoro e l’attenzione su politiche neoliberiste che mettono al centro il capitale e non le persone, ma smettiamola di guardare il dito. 

di Carlotta Pervilli

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