Yes we play: vita da gamer sognando le Olimpiadi

IL RISCATTO DI UNO STILE DI VITA A LUNGO DERISO MA CHE ORA SALE ALLA RIBALTA

video_gameIl mondo dei videogiochi cresce e non ha intenzioni di fermasi. A confermarlo è anche il Comitato Olimpico Internazionale con il vertice di Losanna del 28 ottobre: i videogame non saranno ancora una disciplina olimpica ma già dalle Olimpiadi invernali, in Corea del Sud, avremo il primo torneo videoludico. Se prima era un fenomeno di nicchia ora ci troviamo davanti a un trend su larga scala che ormai conta milioni di utenti. Ma non tutti sono ‘atleti’ del gioco, non tutti sono gamers.

Né scansafatiche né semplice giocatore incallito, il gamer professionista è una persona totalmente dedita e immersa nel proprio ruolo. Conosce a fondo tutti i meccanismi, le regole, le tattiche e gli aspetti dello scenario video ludico. I videogiocatori si allenano, sono sempre preparati e sempre più professionali, si cimentano in tornei locali e internazionali, talvolta addirittura pagati e sponsorizzati da aziende che investono negli e-sports.

Carlo ” Superbardio BC”

Una vera e propria professione come confermano Carlo e Doriana, in arte Superbardio BC e Grayfox_001, che cominciamo il racconto della loro attività partendo dall’aspetto più duro: l’allenamento. “Bisogna intanto domandarsi che tipo di gamer si vuole essere – spiega Doriana – se un estimatore oppure un gamer agonistico. Il tempo di fruizione cambia sensibilmente, perchè se si vuole diventare degli atleti bisogna dedicare tantissime ore alla pratica esattamente come fanno gli atleti di altre discipline e, anche se non sembra, è davvero faticoso sostenere ore e ore di gioco. So che ci sono team che dedicano intere giornate ad allenarsi, alcuni addirittura possono sviluppare patologie come la sindrome del tunnel carpale a causa dello sforzo e dell’uso continuativo di mouse o pad. Per migliorarsi esistono anche figure particolari nell’ambiente come i coach gamer o gamer sensei: diversi gruppi che vogliono competere in modo agonistico ne usufruiscono.”
“Incominciano ad esserci accademie di videogaming – continua Carlo -. Di base quello che in genere si fa per imparare bene a giocare è seguire gli streamers con dei gradi in partite competitive che spesso fanno live in partita e spiegano nel dettaglio strategie e stili di gioco.”

Ore e ore di gioco, spesso malviste: “Per me è stato un percorso marcato dalla solitudine – spiega Doriana – dall’incomprensione, e a tratti anche dal bullismo, almeno fino alla tarda adolescenza, specie in quanto ‘femminuccia’. Sono riuscita a connettermi con solo due persone su questi argomenti: una alle elementari ed una alle superiori. Questi incontri, per quanto sporadici e discontinui, sono stati molto importanti per me, perché mi hanno dato forza e fatto sentire meno isolata. Solo di recente, con lo sdoganamento di questo mondo e una base sempre più amplia di fruitori, e gli eventi sempre più numerosi, ho avuto modo di interagire con più individui di entrambi i sessi che come me condividono questa passione e amano parlarne apertamente. In generale la società vede di cattivo occhio i gamer, in quanto li considera ‘gente che gioca’ nell’accezione infantile del termine, o ‘malata’, avendo come esempi quei casi estremi di giocatori tossici”.
Carlo conferma: “A livello sociale essere gamer vuol dire essere visti come asociali , incapaci di sostenere rapporti basati sulla presenza fisica: ‘Fatti una vista sociale, esci’. La certificazione come eSports e l’istituzione di un comitato olimpico spero riesca a mostrare un lato nuovo di questa passione.”
“Di certo – prosegue Doriana – si tratta di un momento interessante, sia per le opportunità che può offrire a molti gamer, che per il riconoscimento del mondo videoludico come qualcosa in più di un semplice passatempo. Non includerei però gli eSports con le classiche Olimpiadi, ma ne creerei una a parte, come si fa per le Olimpiadi delle discipline invernali, vuoi per la differenza effettiva con tutti gli altri sport, vuoi per non dividere l’attenzione del pubblico tra lo sport tradizionale e gli eSports, che in sé è un mondo estremamente vasto e con più possibilità di espressione. Infatti, la parte difficile sarà scegliere quali eSports includere tra i moltissimi disponibili.”

Doriana “Grayfox_001”

Ma i videogame hanno davvero le caratteristiche per essere sport? Carlo sostiene la tesi: “Studi medici e fisiologici hanno dimostrato che il battito e la frequenza cardiaca dei gamer variano in una modalità simile a quella degli sportivi ‘classici’. Inoltre in questo caso é la coordinazione occhio-mano a farla da padrone e l’abilità consiste nell’applicare il processo di problem solving spesso in tempo reale. Prendere decisioni con un limite di tempo molto ristretto con condizioni di gioco stimola il cervello a migliorare le strategie di gioco e di conseguenza aumenta la concentrazione e la prontezza di riflessi: tutte piacevoli conseguenze che si ottengono da gran parte delle discipline sportive.”

Tra le conseguenze piacevoli, c’è senza dubbio quella di trasformare la passione di una vita in professione: “Mi pacerebbe – continua Carlo – avere la possibilità di vivere un’esperienza lavorativa legata ai videogiochi. Non dimentichiamo che il termine Esports è relativamente recente ma che in certi settori le competizioni agonistiche esistono già dai primi anni 2000. Stanno arrivando alle luci della ribalta solo ora perché rispondono al concetto economico della visibilità e quindi della monetizzazione di eventi e spazi pubblicitari ma penso sia una logica evoluzione di un mondo che ormai non ha limiti di età o status sociale.”
“Se dovessi volare con la fantasia assolutamente si: farei dei videogame una professione. Ho già fatto delle ricerche per l’Università pubblicando su Youtube la ricerca mia e del mio collega Claudio Mallero intitolata ‘Semiotica dei videogiochi’ e ho intenzione di realizzare la mia tesi di laurea su questo argomento, e se tutto ciò dovesse portarmi ad un ipotetico lavoro non me lo farei certo ripetere due volte. Tuttavia se ciò non dovesse accadere non ne rimarrei delusa. Ho un vasto spettro di interessi ed il mio amore per i videogiochi non verrebbe di certo meno.”

 

di Lele Capu Fabio Manis

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