In nome di Fulci: Parma e l’omaggio al ‘poeta del macabro’

UNA SERATA DEDICATA AL MAESTRO DELL'ORRORE PER CELEBRARE I 90 ANNI DALLA NASCITA

“Io non sono un mostro, per tutta la vita ho fatto divertire le persone creando mostri“. Questo era Lucio Fulci, regista dell’horror e del thriller di livello internazionale, artista poliedrico e grande cineasta. In occasione del 90° anno dalla nascita, venerdì 1 dicembre è stata dedicata una notte intera al suo cinema all’interno della rassegna ‘I Giardini della Paura’, in collaborazione con la rivista di genere Nocturno e nella cornice degli incontri ‘La cultura batte il tempo’. Artigiano di un cinema passato, Fulci ebbe grande successo all’estero, mentre in Italia fu presto dimenticato. “Magari inseriva delle concezioni sulla vita e sulla morte in maniera non pedante, ma era un regista che faceva il suo mestiere: faceva un film che doveva spaventare”, spiega Manlio Gomarasca, direttore della rivista Nocturno.

IMG_4195L’INCONTRO CON IL CAST La lunga notte ‘In nome di Fulci’ comincia al Distretto del Cinema con la partecipazione del cast del film ‘…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà’. L’attrice Cinzia Monreale, il truccatore ed effettista Maurizio Trani ed il musicista Fabio Frizzi, conversando con Goramasca, hanno rievocato la figura di Fulci tra ricordi personali e numerose curiosità dal backstage di molti suoi film. Un regista la cui affermazione nell’horror è avvenuta quasi per caso dopo una lunga carriera nel cinema italiano di genere: comico, giallo, western, nei quali mostra quella crudeltà che diverrà elemento fondamentale dei suoi film. Poi, sull’onda della mania per i morti viventi, venne chiamato dal produttore De Angelis come alternativa a poco prezzo per dirigere ‘Zombie 2’: un grande successo, soprattutto all’estero. Il resto è storia. Racconta la Monreale: “Lucio era una persona molto intelligente e sensibile e a ciò era dovuto a volte il suo brutto carattere con cui spesso è ricordato. Era curioso di qualsiasi cosa e traeva piacere avere a che fare con la novità; scoprire nuovi modi di comunicare, di espressione, di cercare collaboratori che volessero sperimentare cose mai fatte prima”. Un regista il cui modo di raccontare la storia aveva lo scopo di scioccare lo spettatore, arrivare al momento della violenza esasperata grazie alla sua abilità registica e fotografica non banale rispetto all’epoca. Continua Trani: “Lucio era innanzitutto un grande tecnico  con lui mi sono divertito tantissimo. Lui amava molto girare senza troppi tagli, e arrivare all’effettaccio che colpisse il pubblico. Alle riunioni pensavamo come fare quelle cose. Noi dovevamo stupire lo spettatore perché si domandasse come avessimo fatto una scena. Oggi, invece, si dice che è stato fatto tutto al computer; il pubblico non si stupisce più. Era la nostra grande forza. Dovevamo far ‘battere i piedi per terra’ alle persone, come aveva imparato Fulci in America”.

FULCI SU FULCI –  Al termine dell’incontro con il cast segue la proiezione al cinema Edison del documentario-intervista al regista ‘La notte americana del dr. Lucio Fulci’ del 1994, di Antonietta de Lillo e a cura di Marcello Garofalo. Fulci si racconta: dall’approccio al cinema, all’esame di ammissione al centro sperimentale di cinematografia sostenuto con Luchino Visconti, all’arrivo alle vette di realizzazione artistica quasi senza accorgersene: “mi è capitato tutto praticamente”, afferma. Nell’intervista parla del rapporto con i registi del suo tempo, dall’assoluto rispetto e assoluto disprezzo per Orson Wells, alla rivalità con Dario Argento, alla devozione per Hitchcock esplicitata attraverso citazioni, prima fra tutte la celebre scena della doccia in ‘Psyco’. Parla del difficile rapporto con i critici, che giunsero addirittura a sabotarlo anticipando nelle recensioni chi fosse l’assassino e delle invenzioni di Trani degli effetti speciali, capaci di agghiacciare gli spettatori e grande orgoglio del regista, che così commenta il cinema hollywoodiano: “Essendo gli americani scopiazzatori dell’horror, prima riciclavano, ora fanno il remake.” A suo dire la differenza tra il proprio cinema e quello dei grandi registi del genere è che nel creare situazioni claustrofobiche ed angoscianti, gli altri mancano di ironia. E infatti afferma che i suoi film non sono trasposizioni dei suoi sogni, che sono tranquillissimi, ma un modo per esorcizzare le nevrosi contemporanee invece di andare dallo psicoanalista e aggiunge: “Classico dell’orrore? I classici li ho fatti io!”

IL FILM E LA COLONNA SONORA DAL VIVO – Piatto forte della rassegna è stato il composer’s cut dell’ ‘Aldilà’ al cinema Astra, la proiezione del film in lingua originale con l’esecuzione dal vivo della colonna sonora e con l’aggiunta di brani inediti suonati dal Maestro Fabio Frizzi, autore delle musiche di molti film di Fulci. Un contributo enorme, che ha dotato la pellicola di una nuova carica e ha ulteriormente infiammato gli animi. “Molti, in America e nel resto del mondo dicono che la grandezza di questo film stia nella sinergia tra immagini e colonna sonora”, descrive Frizzi. “Quando la composi ero giovane, pieno di idee ed energie, pensavo solo a fare il mio lavoroIl mio scopo non era stupire il pubblico quanto me stesso: il primo destinatario delle mie opere, sono io.” Un film decisamente suggestivo ancor prima che spaventoso. L’atmosfera tipica del cinema horror degli anni Ottanta di cui l’ ‘Aldilà’ è pervaso non delude comunque le aspettative di chi lo va a vedere. Una giovane newyorkese, Liza (Catriona MacColl), dopo aver ereditato da un parente defunto l’hotel Sette Porte, si troverà coinvolta in una serie di strani quanto terrificanti eventi. Davanti ai nostri occhi appaiono visioni in bilico tra la realtà e il sogno, il mondo dei vivi e l’aldilà. Non possiamo essere sicuri della veridicità di ciò che vediamo: ogni informazione acquisita viene presto smentita, l’audience viene confusa ed ingannata più volte, quasi portata allo stesso livello di Liza. Un’opera visionaria, emblema dell’opera di Lucio Fulci: non c’è modo migliore per onorare la sua memoria. E farci ancora “battere i piedi” per terra.

 

di Duna Viezzoli, Giulia Giunta e Jacopo Orlo
Foto di Diego Piccinotti

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