‘Ndrangheta, Noi ci dobbiamo ribellare

Ogni giorno, appena sveglio, prendo il cellulare e collegandomi ad internet inizio a fare una rassegna stampa di ciò che è accaduto nel mondo mentre dormivo e aprendo Twitter ho notato che in tendenza c’era questo: #Ndrangheta.Beh che c’è di strano? Mi sono chiesto soffermandomi tra i miei pensieri più intimi e ricordandomi, sempre e comunque, che per un peccato naturale noi calabresi, con la ‘ndrangheta, ci dobbiamo convivere.

Quella mattina, però, le notizie parlavano di 169 arresti e di un colpo grosso ad una pericolosa cosca di Cirò Marina quella di Farao-Marincola. Un’operazione di straordinaria importanza, quella definita “Stige” che ha costretto alle manette, appunto, 169 persone non solo in Calabria ma anche in altre diverse regioni del nord Italia e perfino all’estero, precisamente in “Deutschland”. È stato un grande colpo e continuando a leggere le notizie che i principali mezzi d’informazione riportavano mi sono fatto delle domande. Per l’ennesima volta la mia terra d’origine rimbalza agli oneri della cronaca per qualcosa che ci rappresenta e ci macchia l’anima e che, quando meno te lo aspetti, nel bene e nel male fa parlare di sé.

Cirò Marina luogo d'origine della cosca ndranghetista.

Cirò Marina, luogo d’origine della cosca ndranghetista.

La ‘ndrangheta in Calabria ha il marchio DOP, un po’ come il prosciutto per Parma o l’aceto balsamico per Modena, anche se alla fine questi “prodotti” vengono esportati in tutto il mondo. Mi duole il cuore, ancora oggi, nel 2018, a vedere, sentire e leggere di notizie che mettono in risalto negativamente la mia terra d’origine, eppure bisogna convivere con la realtà.

Approfondendo ulteriormente le informazioni che provenivano dalla terra dove ho vissuto per 19 anni, mi sono accorto che tra quei 169 arresti c’erano anche coloro che, in un certo senso, avrebbero dovuto tutelarci dalla malavita, eppure non ci sono riusciti. Tra gli arrestati, infatti, risultavano esserci diversi amministratori pubblici a testimonianza di come il malaffare riesce a trovare intrallazzi dappertutto. Basta pensare al fatto che, nel 2017, solo in Calabria, il Consiglio dei Ministri ha sciolto ben 12 comuni per infiltrazioni criminali a stampo mafioso.

Io non sapevo se esserne felice o triste di quegli arresti. Ho guardato mio padre che per diversi anni ha lavorato per rendere quella terra un po’ più sana e pulita e l’ho visto scosso, provato e in un certo senso rassegnato al fatto che, ancora oggi, c’è ancora tanto lavoro da fare. Beh io di certo sono felice di quegli arresti ma, nel tempo stesso, provo dolore e rabbia. Al dolore e rabbia unisco il grido celebre di Peppino Impastato: “Noi ci dobbiamo ribellare”.

Peppino Impastato ucciso dalla Mafia il 9 maggio 1978 (Wikipedia)

Peppino Impastato ucciso dalla Mafia il 9 maggio 1978 (Wikipedia)

Poi ho visto gente contenta ed entusiasta che su Facebook e Twitter condivideva gli articoli che riportavano le notizie dicendo frasi del tipo: “finalmente un po’ di giustizia” anche se, spesso e volentieri, quelli che pubblicano queste frasi con i mafiosetti di turno si ci prendono un caffè o gli rendono omaggio appena usciti dal carcere perché- secondo la loro beata ignoranza- quelli sono uomini d’onore.

Il Procuratore Nicola Gratteri

Il Procuratore Nicola Gratteri

Per me vero uomo d’onore al quale bisogna portare immenso rispetto è lui: Nicola Gratteri di cui tutti i calabresi (per bene) devono essere orgogliosi. Gratteri è attualmente procuratore presso il Tribunale di Catanzaro ed è stato proprio lui, insieme al prezioso aiuto dei suoi collaboratori, a pianificare questa grande e importante operazione.

Da una parte ci sono “loro” che sporcano di sangue e malaffare la bellezza di una terra speciale divisa da due mari, lo Ionio e il Tirreno e da tre monti, il Pollino, la Sila e l’Aspromonte, che mi fanno vergognare di esser calabrese. Dall’altra ci sono uomini come Nicola Gratteri che riescono a farci vedere un po’ di luce in un tunnel buio ed esempi come il suo mi fanno credere nella giustizia e nel (possibile) riscatto di quella mia terra. Eppure c’è tanto lavoro da fare e Noi tutti, comuni mortali e gente per bene, a “quella sporcizia”, ci dobbiamo ribellare.

di Luca Giuseppe Murrone

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