Operaio cercasi

IL LAVORO E LA SCUOLA SECONDO MAURO GOLA

“Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante. Mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più di un cantante” sono i noti versi di una canzone del 1976 di Francesco Guccini.

Sono passati più di quarant’anni ed evidentemente i tempi sono proprio cambiati.

Se i nostri avi, spesso contadini ma tutt’altro che ignoranti, si sono sacrificati perché la futura generazione potesse studiare, ora, suggerisce Gola, bisogna fare delle riflessioni forse un po’ diverse.

E così il Presidente della sezione di Cuneo della Confindustria scrive una lettera alle famiglie del suo territorio, alle prese con la scelta dei figli sull’indirizzo di studi da seguire. Informa che le aziende cuneesi hanno intenzione “di assumere circa 40.000 nuovi lavoratori. Di questi il 38% sono operai specializzati, il 36% tecnici specializzati nei servizi alle aziende, il 30% addetti agli impianti e ai macchinari”.

La rete si scatena immediatamente e scoppia la polemica nella quale, sembra di percepire, prevale la voce di chi ritiene che studiare abbia ancora il suo sacro valore.

E fino a qui nulla in contrario, ma bisogna capire bene cos’è che crea tanto sdegno, centrare, insomma, il focus del problema.

E’ in discussione la missione della scuola o il problema della successiva ricerca di un lavoro?

Ponendo che la questione principale sia proprio quella della formazione, oggi più che mai è essenziale, nessuno lo nega, individuare nella scuola proprio la prima impalcatura per la costruzione dell’essere umano consapevole e senziente. Un essere umano che sa cosa vuole, come ottenerlo e che non rinuncia ad inseguire i propri sogni e ad esprimere le proprie passioni.

Se invece il problema è quello della capacità del mondo del lavoro di assorbire i giovani usciti dal ciclo scolastico, il discorso certamente cambia.

Ai tempi dei versi di Guccini si terminava la scuola, fosse anche l’allora terza media e un lavoro, che piacesse o meno, lo si trovava di sicuro e in tempi brevi. Poi, i più volenterosi, i più capaci o i più fortunati da lì iniziavano la scalata verso un lavoro migliore, meglio pagato e più soddisfacente.

Non me ne voglia la rete se affermo che oggi non è più così. Oggi il lavoro manca, e quando si trova è spesso precario ed ancora più spesso mal pagato.

Mi si perdoni anche se penso che la soddisfazione del proprio lavoro passa inevitabilmente dall’averlo un lavoro!

E allora, in quest’ottica, forse proprio da condannare non è Gola e la sua dichiarazione circa le professionalità delle quali Confindustria ha bisogno e che, tra l’altro, sono professionalità di tutto rispetto!

Se, come riporta nella sua riflessione Gramellini, la provincia cuneese nei prossimi anni “avrà bisogno di dieci filosofi, cento avvocati e quarantamila operai”, dubito davvero tanto che qualunque altra provincia abbia bisogno del rapporto contrario e cioè di quarantamila filosofi e dieci operai.

Forse va fatto un ragionamento in più, un ragionamento di sacrificio e fatica. Nulla esclude che si possa continuare a studiare anche lavorando, che si possa continuare a costruire la propria persona, la propria cultura e a coltivare i propri sogni partendo dal concreto e da quello stipendio che, prima o poi, saremo tutti costretti a doverci sudare.

E ben venga se invece il figlio del mio vicino ha tanta voglia di studiare che brucia nei tre anni regolamentari tutti gli esami del suo corso di laurea e poi desidera continuare e si fa in un soffio anche gli altri due e poi ancora….

C’è posto per tutte le braccia e per tutte le menti in questa grande e bella Italia.

Mauro Goladi Rita Bacchi Pessina

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