Donne di potere: così l’arte le ha elette a icone

IL POTERE AL FEMMINILE RACCONTATO DA ELES IOTTI ATTRAVERSO I RITRATTI

Donne di potere celebrate dal potere dell’arte‘: è il gioco di parole con cui l’Università di Parma ha intitolato l’evento che rende omaggio alla grandezza al femminile mediante l’arte che ha consacrato grandi donne in icone. Attraverso venticinque opere ritraenti figure femminili, dall’antico Egitto con la celebre ‘Nefertiti’ fino ai giorni nostri con ‘Lady Diana Spencer’, Eles Iotti, curatrice nonché relatrice dell’incontro del 5 marzo promosso dal Centro Sociale Universitario e dal Comitato Unico di Garanzia in collaborazione con l’Avis, ha voluto non solo conferire un taglio cronologico alla sua presentazione, ma anche e soprattutto mostrare l’importanza che le donne hanno sempre avuto all’interno della società. Una cruciali che l’arte ha elevato attraverso simboli. “E’ così che tali donne sono diventate modelli da ammirare e da imitare, delle icone, degli ideali di bellezza, di comportamento e di cultura, degli esempi che sono diventati punti di riferimento per il gentil sesso”.
L’incontro, realizzato al Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali proprio in prossimità della Festa della Donna, ha ripercorso il ruolo della cultura per un cambiamento radicale della concezione di femminilità. Un viaggio all’interno della storia dell’arte che ha voluto esporre un mondo, l’universo femminile, ancora oggi oggetto di tantissime controversie, mettendo in evidenza una verità senza tempo: la forza di cui sono portatrici le donne. La scelta delle opere, infatti, non è stata casuale: “Negli altri anni – racconta Eles Iotti – a essere prese in esame furono donne immaginarie, donne che vivevano solo negli occhi degli artisti che le dipingevano: quest’anno invece abbiamo scelto di portare donne vere, non solo per i ruoli politici che investirono, ma perché dotate di una grande personalità.”

Ed è così che da quella sala è emerso un messaggio scontato per molti ma spesso ignorato da troppi: la donna è capace e non ha bisogno della ‘protezione’ di un uomo per affermare se stessa.

DONNE ‘IDEALI’ – Se la prima ad essere introdotta è la regina Nefertiti dell’antica tradizione egizia, ad essere presentato come secondo è un affresco che, in virtù della fama di colei che rappresenta, merita di essere menzionato: il ritratto di Saffo. E’ lei, la celebre poetessa di Lesbo, oggetto di diverse narrazioni, “della quale – racconta la curatrice – a colpirci particolarmente è l’atteggiamento riflessivo con cui viene rappresentata. La fanciulla tiene fra le sue mani un libro, simbolo del grandissimo potere elargito dalla cultura.” Non è la sola, all’interno di questa rassegna, a essere raffigurata in un momento dedito alla lettura. Facendo, infatti, un grande salto in avanti, ci si imbatte nel bellissimo ritratto di Madame de Pompadour.

Siamo intorno al 1756, nel lussuoso regno di Francia, quando Francois Boucher, ottenuta la carica di Primo Pittore del Re, realizza il ritratto della marchesa, la favorita di Luigi XV, nonché donna francese più potente del XVIII secolo. Modello culturale e comportamentale, ebbe notevole influenza sulle arti, sulla moda e sul teatro, condizionando e ispirando il pubblico femminile della prima metà del Settecento.

Se Saffo e Madame de Pompadour vengono considerate emblemi di femminilità in virtù soprattutto del loro sapere e della loro intelligenza, Piero Di Cosimo, artista rinascimentale influenzato dalla pittura fiamminga, attraverso la sua opera, giunge, riprendendo le parole di Eles Iotti, a “rendere ideale una donna reale“. Conseguito intorno al 1490, in seguito alla morte della fanciulla, il ritratto vede come protagonista la bellissima Simonetta Vespucci, il cui fascino “era tale da far girare la testa a chiunque la vedesse passeggiare per le strade di Firenze”. Su di lei furono scritti diversi racconti, molti dei quali narrano della bellissima storia d’amore che intraprese con Giuliano de’ Medici, pare follemente innamorato. Furono, dunque, la cultura poetica del tempo assieme alla sua morte prematura, avvenuta nel 1476, ad alimentare la sua fama di ‘donna ideale‘.

DONNE SOVRANE – Regina d’Inghilterra e Irlanda dal 1553 al 1558, Mary Tudor passò alla storia come ‘Maria la Sanguinaria‘: un appellativo ben meritato, considerando che per mano sua centinaia di cristiani protestanti trovarono la morte solo per essersi opposti alla sua Controriforma, la quale prevedeva il ritorno del Regno Unito alla religione cattolica. E’ il perfetto esempio di come anche una donna sia capace di atroci crudeltà verso il suo stesso popolo: una spietatezza che, tuttavia, è anche indice della sua forza. È infatti con un aspetto austero e vigoroso che Anthonis Mor la ritrae, in un dipinto del 1556. Nonostante sia ormai anziana, Mary domina la scena con il solo sguardo, degli occhi che fanno rabbrividire e al contempo incutono rispetto: comunicano perfettamente la forza di questa sovrana, una donna che non si è fermata davanti a nulla per affermare ciò in cui credeva. Davanti a quegli occhi, non si può che chinare il capo ed ubbidire.

È impossibile parlare di donne di potere senza citare colei che, ancora oggi, è una delle donne più potenti al mondo: “Dio salvi la Regina” recita l’inno nazionale del Regno Unito, e pare proprio che per la Regina Elisabetta II la preghiera sia stata esaudita. 91 anni di cui 65 di regno (il più lungo della storia inglese), nella rassegna sono presenti ben due dipinti che la ritraggono. Il primo, in ordine cronologico, fu realizzato da Andy Warhol, icona del movimento artistico noto come ‘pop art’, nel 1985. L’opera è basata su una fotografia della sovrana del 1975 (infatti appare molto più giovane di quanto fosse nel momento della sua realizzazione), una foto scelta non tanto per la sua bellezza, quanto per la sua popolarità. Ancora prima di essere riproposta da Warhol, quella fotografia simboleggiava il Giubileo d’argento della Regina, i suoi 25 anni sul trono. Un’immagine molto forte, quindi, che, ulteriormente caricata dei colori sgargianti tipici dell’artista, evidenzia che il potere di Elisabetta va oltre quello politico: è un potere conferitole dal popolo, dalla massa e dal suo amore per lei.

Il secondo ritratto fu conseguito tra il 2000 e il 2001 da uno degli artisti più pagati al mondo: Lucian Freud, nipote dello psicanalista Sigmund. La difficoltà del dipinto fu tale che l’artista impiegò un anno e otto mesi per completarlo, sempre con la Regina in posa per lui. Il risultato fu innovativo, completamente diverso da qualunque altra raffigurazione di sovrano che l’Inghilterra avesse mai visto ed al tempo stesso, una delusione per Elisabetta. In fin dei conti, non si può darle torto: il ritratto è irriverente, da alla monarca una connotazione quasi mostruosa, enfatizzando le imperfezioni del viso ed indurendo la sua espressione. Molti critici d’arte inglesi infatti sostennero che se non fosse stato per la riconoscibilissima Corona Tudor, nessuno avrebbe mai identificato in quella donna l’amata Regina Elisabetta. Ciononostante, il ritratto è rimasto nella memoria per il suo indubbio valore tecnico.

Del tutto diversa è l’immagine in bianco e nero scattata, nel 1990, da Patrick Demarchelier di Lady Diana Spencer, principessa del Galles. Ha un atteggiamento piuttosto confidenziale e amichevole rispetto al ruolo a cui dovrebbe adempiere, mostrandosi sorridente e priva di ogni formalità, quasi a voler apparire vicina e uguale a noi. Si tratta di un’immagine di potere totalmente differente da quella delineata finora, una donna che non vuole essere un’icona, ma anzi, una principessa che vuole addirittura espropriarsi del proprio ruolo. Vediamo qui l’innovazione a confronto con  la tradizione.

DONNE ANOMALE – Donna sinonimo di purezza, castità, donna la cui forza risiede nella sua delicatezza: è questa la figura che traspare dalla scultura di Paolina Borghese realizzata da Antonio Canova nel 1804. È infatti risaputo che caratteristica prima del Neoclassicismo fosse un ritorno alla tradizione, all’essenzialità e all’armonia proprie dell’Era classica: peculiarità che sicuramente troviamo nelle morbide linee dell’opera, le quali si rifanno ad un modello di femminilità ormai datato.

Se qui a dominare la scena è il bianco, in ‘Madame X‘, ritratto di Virginie Amélie Avegno conseguito da J.S. Sargent nel 1884, il colore prevalente è il nero. A prendere il posto di quella che poteva definirsi una Venere, ora è, invece, una femme fatale. Sconvolgente, seducente, interamente vestita e truccata di nero, del tutto diversa dalle figure prese in esame fino ad ora. Moglie di un ricco banchiere, dotata di un portamento fiero e orgoglioso da cui traspare la consapevolezza del proprio potere di donna, incarna una concezione femminile completamente altra rispetto alla sua epoca.

Donna senza ombra di dubbio anomala fu la Duchessa Marika de la Salle, ritratta dall’altrettanto controversa Tamara de Lempicka nel 1925. La scelta della posa dice tutto su di lei: una donna moderna, che segue una strada tutta sua, noncurante del giudizio altrui. Non solo: la gamba sollevata le conferisce un carattere mascolino difficilmente ignorabile in quegli anni ed un potere concesso solo agli uomini. Accanita fumatrice di pipaaggressiva ed indomabile, priva della grazia generalmente associata al gentil sesso, la duchessa non si limita a rappresentarla, ella è la donna che usurpa il potere degli uomini e se ne appropria, emancipandosi.

 

Completamente opposta a lei è la celebre Coco Chanel, in un ritratto del 1955 di Man Ray. Seppur alcuni tratti siano molto simili, come il colore nero dei vestiti e la mano in tasca, Coco è del tutto imperniata di quella grazia che invece Marika rifiuta. Nondimeno, l’evidente femminilità della stilista, evidenziata dal lutto per il suo amore perduto e che la consacrò ad icona e modello per le altre donne, non è indice di debolezza, al contrario: il suo effettivo potere è pienamente concretizzato nel suo essere donna. Non è un potere rubato all’uomo, ma conquistato perché già dentro di lei. Come cita Eles: “Perché il genio ha forse un sesso?”.

 

di Giulia Giunta e Nicole Bianchi

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