Il cibo come amore, memoria, relazione: parola di antropologi

CATERINA DI PASQUALE PRESENTA ANTROPOLOGI AL SUPERMERCATO, INTERVENTO SUL VALORE SIMBOLICO DEL CIBO

Martedì 4 dicembre il centro giovani Esprit di Parma ha accolto a braccia aperte l’intervento di Caterina di Pasquale; la conferenza, parte della rassegna ideata dalla docente di Antropologia Culturale presso l’università di Parma Martina Giuffrè e dal direttore del museo Ettore Guatelli Mario Turci, è stata preceduta da un ampio buffet di benvenuto per i partecipanti, organizzato e preparato dagli stessi ragazzi del centro. Di conseguenza, l’incontro ha avuto un lieve ritardo sulla tabella di marcia, ma ha saputo compensare questa piccola pecca con un interessante e mirato intervento che porta ciascun ascoltatore a riflettere sul valore personale conferito al cibo.

IL VALORE DEL CIBO – Antropologa e docente presso l’università di Pisa, Caterina Di Pasquale ha indagato l’ambito alimentare sin dall’inizio dei propri studi, attraverso vari esperimenti sociali intrapresi con persone a lei sconosciute, come il caso di Ersilia Melis. L’antropologa introduce il suo intervento con una frase assai interessante: “Oggi, è evidente quanto il cibo sia prima di tutto un veicolo di simboli e significati e paradossalmente, in maniera secondaria, sia il veicolo per il nostro sostenimento e la nostra continuità vitale“. Ad un primo ascolto, la frase appare profondamente ironica, dal momento che è paradossale pensare che la funzione primaria di una delle principali fonti di vita non sia il sostentamento dell’individuo, ma piuttosto il valore simbolico conferitogli. Eppure la realtà parla forte e chiara: portando esempi tratti dalla vita reale, ovvero attraverso social network, canali televisivi e reality show, Caterina riflette sull’importanza del cibo come elemento condivisibile (nei social network) o come oggetto da modificare al fine di soddisfare la vista, una sfera sensoriale differente da quella che si è soliti ad associare, piuttosto che il gusto (in televisione).

CUCINA, MEMORIA E RISCOPERTA DEGLI AFFETTI – Critica velata o mera constatazione? La decisione va all’ascoltatore, il quale, prima di dettare un giudizio finale, deve approcciarsi alla seconda parte dell’incontro: Perché si ha dunque la tendenza a somministrare al cibo questo fatidico valore simbolico? Qui entra in gioco lo studio di Caterina Di Pasquale alle storie di vita cibocentriche (Food Centres Life Histories). Nello specifico, l’antropologa esamina per un anno intero Ersilia Melis, vivendo ogni giorno fianco a fianco alla sua ospite, seguendone tutti i ritmi di vita e, soprattutto, conoscendone le abitudini culinarie quotidiane. Sarda, impossibilitata a scegliere del proprio futuro e quindi abbandonata al proprio destino, Ersilia ha vissuto la vita che era destinata a fare: prima nutrice, poi governante della stessa famiglia, con la quale instaura un rapporto di affetto destinato a durare fino alla pensione. La figura di Ersilia presuppone l’immagine di una donna emancipata e forte: non si è mai sposata, ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la famiglia. Eppure, attraverso l’esperienza culinaria, Ersilia integrava le mancanze della sua vita in una visione totalmente differente: il rapporto con la madre (in realtà conflittuale) veniva ribaltato attraverso la storia di vita legata alla pietanza, che in questo caso erano i ravioli di patate. Tirando le somme si riconosce che, nonostante il burrascoso rapporto, attraverso la cucina si annullavano tutte le disparità per dar spazio alla memoria dei veri sentimenti che legavano le due donne: amore e affetto. Se viene difficile comprendere questa dinamica, basti pensare al prezioso ricettario fatto da un ipotetico parente ormai deceduto: nonostante si tratti solo di una raccolta di ricette culinarie, ognuno di noi lo custodisce gelosamente, conferendogli un’ importanza colossale: attraverso le ricette si sente la persona presente, più vicina, come se ancora stesse cucinando con noi; si rievocano alla memoria momenti di serenità, di spensieratezza, momenti ai quali, precedentemente, non avevi posto molta importanza ma che a distanza di tempo riconosci essere essenziali per la tua personale identità. Giustamente, Caterina rimanda all’esperienza di Marcel Proust, il quale attraverso la sua Madeleine rievoca alla mente sensazioni passate, appartenenti alla sua infanzia e legate alla zia Leonia.

CIBO EQUIVALE AD AMORE – In conferma della sua tesi, l’antropologa infine si interroga sul fatto se sia vero o meno che le persone perseguano l’obiettivo di consumismo sfrenato, riportando il pensiero di Daniel Miller, esposto nella ‘teoria dello shopping’: “Ciò che guida mediamente la persona che si occupa della gestione del nucleo culinario famigliare è il sentimento dell’amore totale. Questo sentimento colpisce la persona che sceglie, che non pensa a sé stesso, ma che, sulla base di brevissimi calcoli che hanno a che fare con questioni economiche famigliari, dà la precedenza all’elemento che in qualche modo può veicolare felicità, affettività.”

di Annachiara Magenta

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