L’allegra ciurma per condividere libri e tempo

IL LIBRAIO DANIELE CI SPIEGA COME SI VIVE IL QUARTIERE, TRA STUDENTI FUORISEDE E COMMERCIANTI IN CRISI DI CLIENTELA

Chourmo Enolibreria /Facebook

Abbiamo intervistato Daniele, uno dei fondatori della libreria Chourmo, nata 4 anni fa a Parma nel quartiere Oltretorrente. Gli abbiamo chiesto come va il locale, la loro storia, abbiamo discusso sulla pedonalizzazione e sulla vita del quartiere.

Com’è nata questa esperienza? Come mai secondo te l’Oltretorrente è considerato un quartiere ‘problematico’ secondo i giornali locali? I giovani lamentano la riduzione degli spazi di aggregazione sociale, i residenti si lamentano della movida…

Il quartiere ha diversi problemi, ma è vero, ha una storia e un’anima e si vede. Chourmo nasce il 20 settembre del 2014, da un’idea di tre persone, io, Franco, e Antonio Chiari; venendo tutti e tre da percorsi diversi, a un certo punto, per tutta una serie di eventi fortunosi, di ragionamenti che ci eravamo fatti, decidiamo di provare quest’impresa. Dico impresa proprio perché il primo discorso che ci siamo dovuti certamente fare è: ha un senso aprire una libreria nel 2014 (ai tempi) in Italia, dove le statistiche dicono che, se va bene, il 30% della popolazione legge almeno un libro all’anno, (e bisogna vedere anche che libro!).

Quindi già aprire una libreria è un’esperienza coraggiosa, di questi tempi.

Lo abbiamo pensato immediatamente; il secondo pensiero è stato quello, oltre alla grande passione per i libri, di vedere se questa esperienza della libreria si sarebbe potuta ampliare. L’ampliamento che ci è venuto in mente è stato di ambito aggregativo/culturale. Abbiamo detto: cerchiamo di non rendere la libreria un posto sterile, dove uno viene, compra un libro e se ne va; cerchiamo di ricostruire il rapporto tra il libraio e chi viene qui a comprare il libro; cerchiamo noi di fare delle proposte, di organizzare degli incontri con gli autori, allarghiamoci anche ad altri ambiti non necessariamente editoriali. Abbiamo cominciato a ragionare su piccoli concertini in acustico, un ciclo di mostre, abbiamo ragionato su delle rassegne, che vanno dalla saggistica, alla narrativa, poi i dibattiti, e chi più ne ha più ne metta. La cosa bella che si è creata è che questo tipo di lavoro, di ricerca, non lo facciamo da soli, ma lo facciamo con tante persone affezionate che vengono direttamente da noi a proporci iniziative che spesso sono anche più interessanti di quelle che abbiamo pensato noi da soli.

Quindi le persone vengono qui per proporvi tante esperienze diverse?

La cosa che mi sorprende molto è stata questa grande affezione, che porta anche questo posto qui a vivere anche di 3-4 eventi a settimana, di cui molti sono proposti da persone che possono essere semplici fruitori o appassionati. Accanto a questo discorso, la stessa passione, attenzione per il libro, per la lettura, per il rapporto con le case editrici abbiamo voluto averli con la parte ‘enoteca’.

Essendo un circolo quella parte lì (dell’enoteca, ndr) è legata al circuito ARCI, e somministriamo del vino cercando però di avere la stessa logica che abbiamo coi libri: selezione dei vini, consapevolezza del processo che c’è dietro la vigna, conoscenza dei vignaioli, partecipazione a occasioni di confronto, di creazione. E questa è stata un po’ l’esperienza ormai al quinto anno di Chourmo. Fra l’altro il nome non è neanche totalmente casuale perché è tratto da un libro, da una trilogia di Jean-Claude Izzo. In provenzale ‘chourmo‘ significa la ciurma, nel senso di meticciarsi, di stare assieme in un posto, di cercare di ‘uscirne assieme’, di andare avanti, di organizzarsi.

Quindi questo discorso del nome si ricollega subito, in maniera spirituale al discorso sul quartiere, sul perché si è voluto aprire una libreria qui. Primo perché l’Oltretorrente è un quartiere che vivo tutti i giorni, perché ci abito anche; secondo perché è stato per tanto tempo un quartiere al centro di polemiche, di questioni, alcune secondo me un po’ tirate, altre che non sono state abbastanza tirate nel senso che venivano fuori dalla movida, dal problema della sicurezza. Ma d’altro canto mancano posti di aggregazione, le piazze non vengono vissute, tutti i piccoli esercizi commerciali di vicinato e di artigianato sono chiusi: parlo di intere zone dove i negozi sono chiusi.

Diventa sempre più un quartiere residenziale/dormitorio e questo non fa bene a un quartiere che ha un’anima. E che invece nonostante tutto, nella vita di tutti i giorni, almeno di quella che guardo io è un quartiere vero, perché ci si scontra, ci si incontra, e si sta provando a fare un esperimento fra anime differenti dove da una parte ci sono i vecchi abitanti, dall’altra parte i commercianti, dall’altra parte gli stranieri, dall’altra parte gli studenti. E tutte queste componenti, che sono diverse, che molto spesso si scontrano, in questo quartiere sono anche capaci di incontrarsi e di dare vita a iniziative interessanti. Poi non c’è soltanto Chourmo, ci sono tantissimi posti in questo quartiere che vale la pena conoscere.

Quindi nel vostro piccolo tu dici che questa esperienza in qualche modo ha aiutato anche il quartiere a vivere, come tu dici appunto, a incontrarsi. L’obiettivo quindi è stato raggiunto?

L’obiettivo è quello di creare delle reti capaci di farci vivere il quartiere in maniera differente. Io penso che Chourmo si inserisca all’interno di questo discorso, all’interno di un discorso in cui tanti posti danno linfa a questo quartiere; che ha già linfa, ha già un’anima, ma che molto spesso si fa trascinare all’interno di meccanismi poco piacevoli, quando invece c’è davvero tanto da scoprire: è un piccolo tesoro, questo quartiere.

Molto spesso non è attraversato neanche dai turisti, che si fermano al centro, e non vengono  in Oltretorrente perché gode di cattiva nomea.

In strada Repubblica un gestore di un bar ci parlava della questione della pedonalizzazione: aveva paura di perdere clienti; anche sui giornali si legge della paura in via d’Azeglio, da parte degli esercizi commerciali, di perdere clienti se si dovessero pedonalizzare le strade.  A Bologna via Zamboni, la via dell’Università, è pedonalizzata, gli studenti in media giudicano in positivo la pedonalizzazione. Secondo te vale anche per Parma? 

Forse è un’opinione che accomuna un po’ i giovani, forse è un modo di vivere la città che è più affine alle nuove generazioni, nel senso che anche io la penso come te. Non vedo nessun problema, anzi vedo dei miglioramenti a pedonalizzare delle zone del centro. Primo perché togli un po’ di traffico dal centro, e questo allevia anche un po’ dall’inquinamento pazzesco dei territori in cui viviamo. Non è una cosa da poco (pedonalizzare, ndr), ma non mi sembra una cattiva cosa da fare. Secondo perché cerchi di valorizzare anche alcuni pezzi del centro, del centro storico, rendendoli pedonali, continuamente attraversabili. Terzo, ci sarebbe anche un aumento dei luoghi aggregativi. Siamo pieni di parcheggi, qua intorno, non c’è un problema di parcheggi.

Parma la attraversi tutta in mezz’ora: se si parcheggia fuori, nei parcheggi da Piazzale Santa Croce, da Barriera Bixio, da tutti i parcheggi limitrofi non c’è un grosso problema a spostarsi a piedi per raggiungere gli esercizi commerciali. Se proprio dovessimo dire qual è la causa della morìa degli esercizi commerciali non è certamente il fatto di far passare o non far passare le macchine: gli esercizi commerciali di vicinato, di artigianato o anche i classici esercizi commerciali muoiono prima di tutto perché è difficile convivere oggi con la burocrazia, con un piccolo negozio. Abbiamo veramente uno Stato che non aiuta da questo punto di vista, e invece bisognerebbe aiutare il piccolo commercio che è fondamentale; e poi se ci riempiamo di centri commerciali non ci sorprendiamo se le persone prendono la loro macchina e insieme ad altre migliaia di persone ogni giorno invadono i centri commerciali lasciando completamente vuoto il centro.

È quello il problema, non macchine sì o macchine no.

Come mai qui è parecchio sentito il problema dei centri commerciali?

Adesso stanno costruendo un altro mega-centro commerciale che è il Mall, anche quello al centro dello scandalo, ora ci sono i sigilli. Non mi sembra la linea su cui procedere, discutere sulla pedonalizzazione o meno. Io sono per la pedonalizzazione comunque. Però allo stesso tempo ci sono problemi più grossi, e l’inquinamento è un problema più grosso, i centri commerciali sono un problema molto più grosso; come vivere il quartiere è un problema più grosso…problemi, questi, che non si risolvono chiudendosi in questi discorsi. È un po’ simile al discorso della sicurezza, nel senso, è come se si creasse un circolo vizioso: i posti chiudono, le strade sono vuote, le persone hanno paura di uscire la sera, la paura genera percezione di insicurezza, la percezione di insicurezza crea uno sfogatoio soltanto su quella tematica e quindi nessuno si interroga più sul perché, su come si è procurato il problema, non si ragiona a monte. Ci si interroga sul far venire 4, 5  poliziotti, 2 della municipale, ma non è così che funziona, no?

Certo. E tu sei originario di Parma?

Io sono originario di Brindisi. Sono arrivato qui per studiare 10 anni fa oramai, e per varie vicissitudini sono rimasto e ho aperto questo posto.

In questi 10 anni hai visto cambiare il quartiere? Dal punto di vista della socialità, forse anche qui come in altre città italiane c’erano locali che sono stati chiusi, o hanno avuto difficoltà a causa delle ordinanze anti-alcol, per esempio a Bologna queste regole sono state molto contestate. Queste regole ti creano dei problemi, le trovi giuste?

Il problema, senza giudicare, è prima di tutto fare un discorso sui modi di socialità esistenti. Nel senso che bisogna tenere assieme i pezzi che dicevo prima: non si può far festa fino alle due di notte urlando, facendo schiamazzi. D’altra parte è bello stare assieme, sono belli i momenti di convivialità e non devono essere bloccati da regolamentazioni ossessive. Il mio punto di vista è semplice, di norme anti-bivacco, anti-movida…

…è una politica nazionale…

…non è una politica nazionale, ma non ricordo più quante versione ne sono state fatte. Devi anche farle rispettare, ma prima di farle rispettare. Io vorrei anche che ci si educasse un po’ più alla socialità, sia da parte delle istituzioni, sia da parte poi delle persone che vivono il quartiere. Anche le istituzioni devono comprendere che è importante dare un indirizzo di socialità, di aggregazione, a una città. Perché altrimenti lasci soltanto un consumismo sfrenato, ubriachezza molesta, e quant’altro.

Quindi per il futuro non vedi grossi cambiamenti per questo quartiere?
No, io spero che ci sia un aumento dei posti aperti, della valorizzazione delle piazze di questo quartiere, dei punti di incontro. Spero che si risolva un po’ questo grosso problema di morìa degli esercizi commerciali. Per adesso ci sono problemi un po’ più grossi, in questa città, del quartiere Oltretorrente in sé.

Per esempio?

Impianti inquinanti qui a due passi, cementificazione di interi quartieri, centri commerciali, aeroporti..

…che non rendono attraente Parma?

Se si riuscisse da parte delle istituzioni a valorizzare anche soltanto questa parte del centro anche in una certa maniera, anche in vista di Parma Capitale della cultura 2020 sarebbe interessante cercare di organizzare un qualcosa che non sia il solito circuito “mainstream”, ma che sappia tenere anche altri circuiti “off”, di cose che ci sono già fra l’altro, che non ti devi neanche inventare. Con questo non dico solo Chourmo ma dico tutte le esperienze in questa città, che sono veramente tante, di tipo culturale, artistica. Da una città così piccola con una così alta concentrazione di queste esperienze, bisognerebbe veramente trarre vantaggio.

Le  istituzioni e queste esperienze non dialogano tra di loro, per questo obiettivo?

No, c’è un dialogo, certo, che non sempre è felice, però c’è un dialogo. Poteva andarci peggio, di questi tempi.

di Fabiano Naressi

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