Tornano Calimero e Susanna: Carosello in mostra alla Magnani Rocca

ARTE E PUBBLICITÀ IN MOSTRA: STEFANO ROFFI ACCOMPAGNA IN UN VIAGGIO ATTRAVERSO I CAROSELLI ITALIANI DEGLI ANNI '50-'70

C’era una volta la pubblicità. Non quella di oggi, che aggredisce, urla e schianta lo spettatore. Ma la pubblicità cordiale, che entrava nelle case di sera, bussando sul vetro del televisore: erano gli anni del Carosello, dal 1957 al 1977, ricordati nell’omonima mostra della Fondazione Magnani-Rocca a Parma. La creazione e cura dell’esposizione temporanea è opera di Dario Cimorelli, cultore di storia della pubblicità, e Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione. La loro sinergia ha creato una mostra unica, che dona agli spazi della Villa dei Capolavori un’aura vintage, modernamente messa a confronto con i capolavori della collezione permanente, ma attrice di un mondo ormai lontano.

LA PUBBLICITÀ CORTESE – La mostra ‘Carosello. Pubblicità e Televisione 1957-1977 sarà negli spazi espositivi della Villa fino all’8 dicembre 2019. Come si evince dal titolo, si pone come obiettivo il racconto al pubblico contemporaneo di quegli anni – solo all’apparenza – in bianco e nero: era in realtà un mondo pieno di colori, illuminato dalla bellezza dell’universo scintillante dei consumi. Rispetto alla mostra di due anni fa, dedicata alla pubblicità dal 1890 al 1957, in Carosello si vede il passaggio dalla narrazione precedente alla sintesi estrema di un messaggio pubblicitario breve e forte, creativo ed innovativo.

Eppure, dietro a tanto spettacolo, la pubblicità è rimasta sempre cortese, mai eccessiva. Il direttore e curatore Stefano Roffi illustra con nostalgia la delicatezza del tempo: “Il Carosello veniva trasmesso solo la sera, ed ogni réclame voleva esprimere al contempo una storia ed un intento morale. Ad esempio, uno dei primi quattro spot trasmessi nel 1957 pubblicizzava la macchina da cucire ‘Singer’: gli attori invitavano a comprare lo strumento per creare magnifici abiti direttamente a casa propria e risparmiare sul bilancio familiare”.

L’APPUNTAMENTO FISSO – La mostra è un susseguirsi di parole e sorrisi. In ognuna delle 13 postazione Tv, disseminate lungo le sale, vengono trasmessi alcuni dei più significativi caroselli del tempo, suddivisi per tematiche. Come i personaggi animati, ad esempio, che in molti casi sono ancora oggi più famosi del marchio che pubblicizzavano – si pensi a Calimero, la Mucca Carolina o Susanna. Come spiega Roffi, “All’epoca si puntava sui bambini, perché erano loro a spingere la famiglia davanti alla TV, secondo il motto ‘Carosello e poi a nanna’. In estate venivano addirittura paracadutati personaggi gonfiabili sulle spiagge, per attirare maggiormente l’attenzione sul brand”. “Al tempo, il Carosello era un appuntamento serale imprescindibile per le famiglie, dopo il telegiornale” aggiunge il direttore. “Le storie degli spot erano fidelizzanti, si chiudevano in modo garbato ed affettuoso”.

UNO SPETTACOLO DI PUBBLICITÀ – Quale è stata la bellezza della pubblicità del tempo? Stefano Roffi non ha dubbi: “Sono rimasto affascinato dalla creatività del periodo di Carosello. Sono vent’anni nei quali la pubblicità ha dato il suo massimo, collaborando con i grandi nomi dello spettacolo e della musica, da Rita Pavone ad Alberto Sordi, ma anche dell’arte, da Armando Testa a Gino Gavioli. La pubblicità italiana è stata particolare, unica al mondo, perché rinchiusa in un contenitore serale”. Le eccellenze italiane si mettevano al servizio dei nuovi, grandi marchi che hanno fatto la storia italiana, per aiutarli a crearsi un’immagine indelebile. Tutti i personaggi dello spettacolo di allora hanno contribuito alla pubblicità di quel ventennio: “Solo Marcello Mastroianni ed Anna Magnani non hanno offerto il proprio volto per alcun marchio. Tutti gli altri hanno bene o male partecipato a pubblicità di ogni tipo”, spiega Roffi.

Le cantanti sono state importanti testimonial: la più grande, Mina, ha pubblicizzato dapprima la Birra Italiana, poi Barilla per 5 anni (cantando uno dei suoi pezzi, per poi decantare la pasta), per passare dunque alla cedrata Tassoni – ed ancora oggi, intonare motivetti per la Tim. Ma neppure i registi famosi si tiravano indietro, come nel caso di Ermanno Olmi, Ettore Scola e dei fratelli Taviani. “In molti casi – ricorda ancora Roffi – hanno guadagnato attraverso spot pubblicitari di più rispetto a quanto derivava dal proprio duro lavoro. Ma non l’hanno mai fatto sapere al grande pubblico!”. Nei vent’anni di Carosello sono stati realizzati più di 30 mila filmati, raggruppando personaggi del mondo dello spettacolo e della creatività sotto l’egida delle imprese italiane, in un periodo nel quale si pensava che lo splendore potesse durare per sempre.

GLI UNICI E INIMITABILI – La mostra non raggruppa solo video d’epoca. Gran parte del percorso espositivo è incentrata su pezzi unici: i manifesti pubblicitari che tappezzavano le città del tempo. Il ventennio 1957-1977 è stato un periodo di forte creatività, come racconta il curatore: “Dobbiamo pensare che le città del tempo fossero piene di questi manifesti in ogni angolo, frutto dei migliori designer italiani. Una volta terminato il periodo di affissione, però, venivano strappati e buttati per essere sostituiti. Questi in mostra si sono salvati perché in generale non sono stati usati per le affissioni, ma sono rimasti nell’archivio della ditta. Al tempo non c’era la cultura della conservazione: oggi invece sono considerati espressione molto significativa di un’epoca creativa”.

LA FINE DI UN’ERA – Un’epoca che, in breve tempo, si è conclusa, come rammenta Stefano Roffi. “In base alle regole televisive, un carosello poteva andare in onda solamente una volta: i costi di produzione ad un certo punto sono diventati insostenibili. In più, Carosello raccontava un’Italia fiabesca, non reale, con famiglie in grande armonia, felici semplicemente per l’arrivo di un nuovo frigorifero. Al contrario, la metà degli anni Settanta è stato il periodo degli ‘Anni di Piombo’, nel quale si stava assistendo a conflitti molto forti nelle strade. Per queste due ragioni – il budget e lo scollegamento dalla realtà – il 1° gennaio 1977 Raffaella Carrà, testimonial dell’amaro Stock, ha dichiarato la chiusura del programma”.

E dopo, cosa è successo? “Dopo l’addio di Carosello, la pubblicità è diventata ciò che è oggi distribuendosi, come all’estero, lungo tutte le fasce orarie televisive e ripetendo lo stesso spot più volte”, conclude Roffi.

Rimane comunque nel pubblico un dolce ricordo nostalgico del periodo. “È bello vedere – sottolinea il curatore – come le visite guidate alla mostra siano sempre interattive: solitamente i turisti si affidano alla sapienza della guida per conoscere aspetti ignoti, mentre in questa mostra le visite si costruiscono assieme, attraverso ricordi personali o aneddoti dei genitori. È un’emozione unica osservare l’affetto dei visitatori, che ancora ricordano e amano i personaggi come Pippo l’Ippopotamo di Testa o Calimero”.

MAGNANI, LA FONDAZIONE E LA MOSTRA – Cosa vorrebbe consigliare Roffi ai visitatori, come direttore della Fondazione e come curatore della mostra? “Come direttore, sono lieto di vedere come la pubblicità possa essere appieno protagonista all’interno di un museo. Non è una forma espressiva secondaria, ma ha una centralità nella storia artistica italiana del XX secolo che va valorizzata. Come curatore, invece, mi ha incuriosito l’apporto dato dagli artisti alla costruzione pubblicitaria. In particolare, ho trovato molto interessante il carosello di Renato Guttuso, amico di Luigi Magnani, realizzato alla fine anni 50 per un famoso brand di amarene sotto spirito: il pittore realizza una tela per la telecamera, e alla fine si vede un gruppo di amici a tavola, con alle spalle l’opera, intenti a gustare il prodotto. È uno spot che delinea una collaborazione fresca, priva di gerarchie, tra il mondo dell’arte e quello pubblicitario.”

Pur essendo stato estimatore di musica classica e di concerti, Luigi Magnani, creatore della Fondazione omonima e grande musicologo, avrebbe probabilmente apprezzato una mostra simile: in fondo, ricorda infine Roffi, “Con la pubblicità di quegli anni si afferma il jingle, la musichetta che accompagna il prodotto e rende più intrigante la proposta pubblicitaria. Nel percorso della mostra Carosello se ne possono sentire molti, che si fondono tra loro: anche qui si sono cimentati numerosi compositori del tempo, musicisti che collaboravano con i cantanti che si affermavano allora”.

Insomma, una mostra che ti tuffa nel passato, per provare un pizzico di nostalgia ed immergersi nell’atmosfera dei briosi anni ’50-’70, delle pubblicità artistiche e dei grandi volti dello spettacolo italiano.

 

di Silvia Vazzana

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