L’incertezza dell’educazione infantile ai tempi del covid-19

DOPO LA CHIUSURA DEGLI ASILI, GENITORI E INSEGNANTI SI SONO RIORGANIZZATI PER RESTITUIRE AI BAMBINI UN PO' DI NORMALITÀ, MA NON SENZA DIFFICOLTÀ.

L’emergenza Coronavirus, e la conseguente chiusura dei servizi per l’infanzia, ha interrotto in modo improvviso una quotidianità educativa che si costruisce giorno per giorno attraverso relazioni significative tra bambini, educatori e famiglie. Tutto ciò ha messo in discussione il ruolo professionale delle maestre ma anche la concezione di asilo e materna come luogo di relazioni costruite sulla ‘presenza’.

Se per gli altri gradi di educazione si può parlare infatti di didattica a distanza e basata sulla digitalizzazione, di distanziamento sociale e misure di protezione al ritorno, la questione è molto più complessa quando gli alunni sono dei bambini. Indicati come quelli che hanno sofferto di più la quarantena, per il loro bisogno di socialità e di aria aperta, è vero anche che il ritorno alla normalità per loro va studiato considerando che non si possono tenere delle ore da soli davanti al computer e che è tanto difficile tenerli separati, quanto abituarli a indossare la mascherina.

Per capire l’importanza di un luogo che ormai diamo per scontato, di tutto ciò che si muove intorno ad esso, e per scoprire le prospettive dell’educazione infantile durante e post Coronavirus, abbiamo intervistato alcune maestre e alcuni genitori.

NUOVA QUOTIDIANITA’ IN FAMIGLIA – Il coronavirus ha messo a dura prova i genitori che in questo periodo, non solo hanno visto come tutti le loro abitudini cambiate, ma si sono dovuti reinventare nell’educazione dei propri figli. Per far passare il tempo, l’attività più gettonata è stata quella creativa, spesso sfruttando le cose che già si avevano in casa o coinvolgendo maggiormente i bambini nella quotidianità quotidianità dei genitori.

“Abbiamo cercato sempre giochi nuovi per stimolare la loro fantasia ed evitare la noia. Per lo più con attività manuali: colori, pongo, lego sabbia”, commenta papà Marco. Fantasia e creatività anche a casa di mamma Monia: “Abbiamo comprato un kit per far nascere le farfalle e le abbiamo guardate trasformarsi. Abbiamo pitturato casa e dei sassi. Ci siamo divertiti in cucina con torte e biscotti”.

Sebastiano e Daiana, invece, raccontano di aver portato avanti un progetto scolastico basato su un percorso sensoriale attraverso la scoperta dei vari materiali, come farina e legumi. Anche Silvia si è appoggiata alle ‘dritte’ delle maestre. “D’accordo con l’asilo facevamo dei piccoli compiti, dei lavoretti. Questa settimana, ad esempio, c’era da scrivere un bigliettino per la festa della mamma”. Elisa raconta invece di aver sfruttato le belle giornate di sole per giocare in giardino con il figlio.

GIOIE E DOLORI DEL LOCKDOWN – La vita frenetica non consente spesso di ‘viversi’ i figli nel migliore dei modi e questo periodo, seppur stressante, è stato quindi occasione positiva di riscoperta della vita famigliare. Lorenzo racconta che sua figlia “in questo periodo è cresciuta molto ed ha imparato a fare tante cose nuove – colorare, ballare – e noi ce la siamo goduta di più vedendo ogni suo progresso”. Allo stesso modo, Maddalena asserisce che “è stata davvero una sorpresa. A fronte di una spesa minima, io e i miei figli abbiamo imparato a dipingere con gli acquarelli, fatto delle saponette e mi sono goduta il tempo a casa anch’io“.

Ma stare con i figli tutto il giorno tutti i giorni, soprattutto quando non si è abituati, può essere stressante e limitativo delle proprie libertà, infatti Maddalena continua: “Mio marito l’ha vissuta con molto più nervosismo: da giornate passate tra mille impegni e passioni è stato costretto in casa con la sua famiglia. Per lui la situazione, a volte, diventava così pesante che era lui stesso ad andare a fare la spesa e le commissioni pur di cambiare aria per un’ora”.

Il problema principale riscontrato dai genitori è però quello di far capire ai loro figli perché non si potesse uscire, andare a scuola e vedere i propri amici. Ed anche la creatività dopo 60 giorni è agli sgoccioli, diventa impegnativo far passare il tempo tenendoli occupati, gestire la casa e gli spazi con i bambini sempre presenti e – nel caso di condomini con il giardino condivisi – tenerli distanti dalle altre persone.

IL BONUS BABYSITTER NON BASTA –  Un’importante questione, sorta fin dai primi giorni di lockdown, e che non si risolverà ancora per qualche mese è quella delle babysitter. Il governo ha stanziato un bonus di 600 euro mensile per questa spesa. Tuttavia l’iter per riceverlo è tutt’altro che facile e veloce. Inoltre, non tiene conto di una questione importante: molte famiglie in Italia hanno babysitter che lavorano in nero, che siano studenti che lo fanno per arrotondare o stranieri irregolari. “Siamo un po’ in difficoltà. Non solo perchè la nostra babysitter è una ragazza che lavora in nero e quindi noi non abbiamo diritto al bonus, ma anche perchè tornando a lavorare e non essendoci la scuola, la babysitter ci serve molto di più. E, come spesso accade, queste babysitter sono persone che non lo fanno come occupazione principale e quindi anche loro fanno fatica a soddisfare i nostri bisogni”, afferma Maddalena.

Fortunatamente, c’è chi riesce a far fronte a questo problema grazie al prezioso aiuto dei nonni che, nonostante il lockdown, possono badare ai propri nipoti. “I miei genitori mi aiutano molto – racconta Monia – e so che posso contare su di loro. Sono fortunata.” Oppure c’è chi non ha avuto bisogno di altri aiuti perchè, spiega Sebastiano, “fino ad ora abbiamo lavotato in smartworking.


IL RUOLO DELL’ASILO – La chiusura degli asili nido e delle materne è stata improvvisa e a sorpresa. Il lavoro e i progetti di un anno scolastico sono stati bruscamente interrotti dall’oggi al domani, ma le maestre non si sono fermate. Come gli insegnanti di ogni grado, si sono attivate anche loro per continuare il programma a distanza. In questo caso, è stata centrale la comunicazione con i genitori, ovviamente intermediari, che si è spostata sui gruppi WhatsApp, varie applicazioni e pagine Facebook. Attraverso questi canali sono state condivise attività per i bambini, ma anche articoli e informazioni per aiutare gli adulti colti alla sprovvista da questa situazione, ritrovatosi improvvisamente insegnanti.

Come racconta Dafne, maestra di scuola materna della provincia di Reggio Emilia, “Con le mie colleghe, abbiamo iniziato collegi docenti in videochiamate per poter programmare le attivita’ da proporre ai nostri bambini. Ci siamo accordate per utilizzare brevi audio e video messaggi settimanali legati alla nostra progettazione annuale proponendo esperimenti scientifici con l’acqua; inoltre non sono mancate attività manipolative/creative legate alla stagionalità, poesie e canzoni legate alle festività e naturalmente attività quotidiane di routine in famiglia alle quali anche noi come scuola teniamo molto: ad esempio cucinare”.

Ma non solo: “Letture con luci e ombre, collage con materiali naturali, realizzazione di pasta di sale e decoro di oggetti della quotidianità” queste le principali attività che le educatrici hanno cercato di promuovere. Alessia, maestra di un asilo nido in provincia di Mantova, spiega inoltre che “sempre tramite la pagina Facebook, in collaborazione con il Centro per le Famiglie del distretto provinciale, sono state proposte delle videoconferenze, in cui poter affrontare insieme ad educatori, arte terapeuti e psicologi i temi centrali di questa emergenza e come sostenere la genitorialità in questo tempo sospeso”.

GLI EFFETTI DELL’ASSENZA DELLA SUOLA – Il lockdown ha privato i bambini della loro quotidianità fatta di abitudini, di persone chiave e di momenti di condivisione. Tutto ciò avrà i suoi effetti al ritorno a scuola: “Tra le sfide, ci sarà il riaccogliere i bambini, alcuni dei quali, dopo molto tempo passato al di fuori dei servizi educativi, avranno bisogno di un ‘mini re-inserimento’ e di un recupero delle routine, seppure esse andranno sicuramente modificate”, dichiara Alessia. Lo conferma anche Silvia: “All’inizio è stato facile, i bambini erano contenti di stare a casa perchè vedevano di più i genitori. Ma ora, senza asilo, hanno perso il senso delle regole: quando devono fare i compiti fanno più capricci e si stancano più facilmente”.

La scuola, dopotutto, ha sempre avuto un ruolo basilare per la crescita sociale e personale di un bambino. Venendo a mancare, sono venuti meno anche i momenti di relazione tra i più piccoli e gli adulti, così come la possibilità di sperimentare da soli e in compagnia accrescendo autostima, abilità e serenità. “La didattica a distanza priva i bambini dell’intensa relazione emotiva-affettiva che si instaura in presenza. I bambini hanno bisogno di un sorriso al momento giusto, di gratificazione e di guida fisica impossibili attraverso uno schermo”, sostiene Paola, maestra di una scuola materna nella provincia di Mantova.

CHI È A PIÙ RISCHIO? – Gli effetti dell’isolamento in casa sono molto penalizzanti per soggetti più fragili quali i bambini con disabilità, che non hanno più figure e percorsi educativi specifici. “Non trovando una persona adeguatamente formata a sostenerli, possono sentirsi maggiormente isolati. Inoltre, non sostenuti con i mezzi adeguati, le famiglie si trovano ad affrontare una condizione molto più difficile senza aiuti professionali che possano  mettere in atto azioni educative e strategie adeguate”, commenta l’educatrice Alessia.

Altri soggetti in difficoltà sono i bambini stranieri che spesso vivono un divario culturale tra il contesto scolastico e quello famigliare. Per loro, la scuola è un modo per entrare in contatto con il loro futuro e l’assenza di questa causa problemi soprattutto linguistici. “Nella mia scuola il divario linguistico che si vive tra casa e scuola crea nei bambini confusione. – continua Alessia – Sicuramente il fatto che questo lockdown costringa i bambini a casa solo con i genitori, potrebbe far sì che si rallenti l’apprendimento della lingua italiana, perchè i genitori a casa magari usano più frequentemente la loro lingua d’origine. Ciò causa forti problemi di comunicazione al loro ritorno a scuola, sia con gli altri bambini che con le educatrici”.

PROSPETTIVE DI RIAPERTURA – Incertezza. Questa è la parola d’ordine. Per quello che si è detto, il futuro dell’educazione infantile è molto più difficile da programmare rispetto agli altri livelli educativi. I genitori non sanno ancora nulla e anche le stesse scuole attendono ancora linee guida precise dal Governo. “E’ impensabile preventivare distanze di sicurezza tra i bambini dell’asilo. Il nostro lavoro è fatto di ‘vicinanza’ fisica ed emotiva, di accudimento, di rituali come il cambio pannolino, il sonno, il pasto dove è inimmaginabile la distanza”, spiega Angela.

Consapevoli delle difficoltà dei genitori che lavorano, il Governo e le Regioni stanno iniziando a dare il via libera alla programmazione di centri estivi e asili a giugno. Le basi di questa ripartenza sembrano essere in un rapporto numerico minimo di persone: tre bambini per un insegnante. Prevista inoltre la sanificazione dei giochi e degli spazi e l’outdoor education, ovvero sfruttare gli spazi esterni.

Per fare ciò le scuole necessitano di nuovi educatori e una nuova progettazione degli spazi. Non è tuttavia ancora chiaro come tutto questo possa avvenire. “Quel che è certo, è che dovremmo rivedere e rivalutare il nostro ruolo senza perdere la nostra identità professionale e l’idea che abbiamo di asilo: l’idea di un luogo che non è solo a disposizione delle famiglie che lavorano, ma è soprattutto un luogo di crescita individuale e sociale, un luogo di opportunità diverse e complementari alla famiglia”, conclude Angela.

 

di Laura Storchi

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