Decreto Giuseppe Conte: da libertà violate (?) a speranze di ripresa

ASPRE CRITICHE AL PREMIER CONTE SUI DECRETI CHE HANNO LIMITATO LE LIBERTA' PERSONALI. LE MISURE SONO STATE COSTITUZIONALI?

Il 26 aprile il Premier Giuseppe Conte ha annunciato nuove misure per il contenimento dell’emergenza Coronavirus, da adottare nella cosiddetta ‘fase 2’. Tra le novità vi è la possibilità di tornare a camminare per la città, fare attività sportiva e visitare i propri parenti. Ma le nuove norme hanno lasciato molti dubbi e polemiche.

PROVE DI RIPARTENZA – Tutto quello che è successo in questi due mesi ha avuto un impatto molto forte sulla vita quotidiana degli italiani e su tutta una serie di comportamenti, abitudini e modi di vivere. Con il DPCM dell’11 marzo gli italiani si sono ritrovati in una condizione in cui alcune libertà sono state limitate, come quella di circolazione, la frequentazione delle scuole e università, attività lavorative e funzioni religiose, sono state impedite in modo totale, anche se sulla base di un’esigenza ritenuta fondamentale, cioè quella della salute pubblica: “Ancora adesso facciamo fatica a comprendere le potenzialità negative di questo virus, quindi sicuramente abbiamo avuto un impatto negativo sulle libertà fondamentali che, tuttavia, è dovuto alla tutela di un bene costituzionale, ovvero la salute, la precondizione per godere pienamente di tutti gli altri diritti” spiega Antonio D’Aloia, professore di Diritto Costituzionale dell’Università di Parma.

Il decreto del Presidente del Consiglio ha portato con sé varie polemiche, sopratutto riguardo la prolungata chiusura delle attività, che secondo i critici si rivelerà fatale per molti lavoratori, alcuni dei quali si ritroveranno in condizioni economiche molto dure, se non insostenibili. “Anch’io ho criticato alcuni aspetti della gestione di questa emergenza da parte del governo in alcuni miei scritti nelle ultime settimane – continua il docente – ma onestamente devo riconoscere che ci siamo trovati davanti ad un fatto senza precedenti. Una cosa del genere non si è mai verificata e probabilmente era molto difficile prevedere una pandemia che si manifestasse in modo così rapido e violento, ma io ho avuto qualche dubbio dopo il decreto dell’11 marzo, soprattutto sugli effetti che avrebbe avuto sull’economia”. Secondo il professore non bisogna mettere a confronto salute ed economia: “Prevedevo che ci saremmo trovati di fronte all’impossibilità di continuare con queste sospensioni e al tempo stesso con il virus ancora in circolazione, quindi adesso dobbiamo prepararci ad una convivenza più o meno lunga”.

“Il vostro grido di allarme non ci è mai sfuggito – spiega intanto il presidente durante la presentazione del Decreto Rilancio del 13 maggio – ci siamo fatti carico di tutta questa sofferenza, questo vuole essere un sostegno a chi ha perso lavoro, potenziando i bonus per gli autonomi. Con questo nuovo decreto confidiamo che le erogazioni arrivino più velocemente di quanto fatto fino adesso, vogliamo rimediare”. Con questa manovra in Premier assicura che ai lavoratori andranno 25,6 miliardi: “Per gli autonomi e professionisti prevediamo 600 euro subito e poi un ristoro fino a mille euro. Inoltre rinviamo tutti gli adempimenti a settembre. Alle imprese vanno 15-16 miliardi e per le più piccole anche indennizzi a fondo perduto. Tagliamo 4 miliardi di tasse, via ad esempio la prima rata Imu per alberghi, pensioni e stabilimenti balneari. Il bonus baby sitter raddoppia da 600 a 1.200 euro“.

Con il nuovo decreto Conte si è mostrato molto fiducioso sulla ripresa e sulla possibilità di riparare gli errori commessi nei mesi precedenti: “Questa è la premessa per concretizzare la ripresa di recuperare il tempo perduto, sulla cassa integrazione soprattutto.- ha dichiarato il Premier – Non ci sono sfuggiti i ritardi e cerchiamo di rimediare, confidiamo di erogare gli ammortizzatori ancora più speditamente di come accaduto finora”.

PROBLEMI COSTITUZIONALI – Le critiche però, oltre all’aspetto economico, riguardano anche gli interventi che limitano la libertà dei cittadini. In particolare il fatto che le misure prese non rispettino pienamente il modello che la Costituzione prevede per intervenire sui diritti e sulla libertà fondamentale. Inoltre il Parlamento non ha avuto la possibilità di intervenire con una legge, anzi, con il DPCM le Camere hanno assunto una posizione marginale: “Io avrei tanto voluto vedere che queste misure, così forti e così impopolari, fossero state assunte con un più forte coinvolgimento dei rappresentanti della sovranità popolare – commenta ancora D’Aloia – e non mi è piaciuto questo schiacciamento sulla figura del Presidente del Consiglio. Se il Parlamento è stato messo all’angolo è anche colpa dei suoi rappresentanti, non solo del Governo, perché avrebbero potuto far sentire la loro voce“.

Al riguardo si sono espressi anche due figure illustri della materia: Annibale Marini, presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre, ex presidente della Corte Costituzionale. Il primo, con un’intervista all’Adnkronos, parla dei termini temporali del decreto, sostenendo che: “Anche qualora si ritenesse che è sufficiente il fondamento del decreto legge per adottare il DPCM, comunque il Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto fissare, come tutte le ordinanze urgenti e in considerazione del rischio e della grave limitazione di libertà, termini finali differenziati nelle singole misure di sospensione dei diritti di libertà. Invece non lo ha fatto”. Baldassarre – ai microfoni della stessa testata – si concentra sulla limitazione degli spostamenti e sulla celebrazione delle funzioni religiose, accusando Conte di ‘pensiero autoritario’. L’ex presidente della Corte ritiene infatti che: “Limitare le libertà con un DPCM è un atto, in tutto, incostituzionale – e aggiunge –  la limitazione ai ‘congiunti’ è “discriminatoria ed illegittima. Nasconde una concezione del familismo assurda e fuori della realtà sociale attuale”. Anche riguardo le limitazioni religiose Baldassarre parla, attraverso un esempio, di ‘arbitrio autoritario’: “Se io faccio entrare le persone in un supermercato con il rispetto del distanziamento sociale, perché non in una chiesa? Mangiare è un bisogno fondamentale, ma anche il culto per un credente. Per la Costituzione sono pari libertà quella al sostentamento e quella spirituale”.

DOVE ABBIAMO SBAGLIATO? – Mentre in Italia la ‘fase 2’ è partita il 4 maggio, altri Paesi nel mondo hanno introdotto le primissime riaperture già a fine aprile: in Spagna, per esempio, da lunedì 27 aprile è entrata in vigore la revoca parziale delle misure di lock-down per i minori di 14 anni, che possono circolare in strada, mentre in Germania le scuole sono state riaperte il 4 maggio.

Su questo il professore D’Aloia commenta: “In Italia abbiamo avuto imprenditori che avevano la stessa fabbrica con sedi anche in Germania. Mentre là hanno ricominciato a lavorare, qui siamo ancora fermi. In Svezia il lock-down è stato gestito tramite una sorta di auto-responsabilizzazione delle persone ma non si è chiuso quasi nulla e, tutto sommato, il loro rapporto in termini di incidenza percentuale del contagio e dei morti è migliore di quello italiano”. Su questa situazione bisognerà riflettere per il futuro.

POSSIBILI SANZIONI – Le misure emanate dal Governo per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ci hanno imposto di poterci spostare dalla nostra abitazione solo in presenza di uno dei motivi disciplinati dal DPCM 26 aprile 2020 e dalle Ordinanze Regionali, violare queste direttive ha portato a sanzioni amministrative e penali. In atto così uno spiegamento di forze per il controllo senza precedenti: dall’11 marzo al 24 aprile sono state 10.102.522 le persone e 3.981.858 gli esercizi e le attività controllate.

Come conferma il penalista Giuseppe Rosafio, la persona non sottoposto a quarantena obbligatoria e non positiva al Covid-19 che viola le misure di contenimento rischia una sanzione amministrativa che va da € 400,00 a € 3.000,00, se si viene trovati in violazione sopra a un veicolo, inoltre, questa sanzione  aumenta fino ad 1/3, se reiterata viene raddoppiata.

Se, invece, si è sottoposti a quarantena obbligatoria – o comunque si è risultati positivi al Covid-19 – e ci si allontana dalla propria abitazione si è puniti con una pena che va da 3 mesi a 18 mesi e un’ammenda da 500 euro a 5.000 euro. Una decisione che ha lasciato il penalista Rosafio molto perplesso: ” Si tratta di un reato che rispetto alla condotta punita, a mio parere, ha un trattamento sanzionatorio poco incisivo: non può essere disposto l’arresto in flagranza di reato e non può essere applicata una misura cautelare personale”.

Tuttavia, il 12 maggio la Camera, con 430 voti favorevoli, ha dato il via ad un emendamento di Forza Italia, prima firma Simone Baldelli, che abbassa da 3.000 a 1.000 euro il tetto massimo delle sanzioni amministrative per chi viola le norme per il contenimento del Covid-19. Dunque, le trasgressioni saranno punite con una sanzione che va da un minimo di 400 a un massimo di 1.000 euro. Un emendamento che, secondo la relatrice Marialucia Lorefice, è stato fatto per ‘buon senso’.

Costituzionale o non costituzionale, i decreti emessi dal Premier hanno tuttavia salvato vite.  “Conte si è trovato a fronteggiare la crisi più grave della storia repubblicana. – conclude il professore D’Aloia – Bisogna considerare questo, anche se non possiamo non riconoscere gli sbagli e le difficoltà incontrate sia prima che durante l’emergenza. Non c’è mai stata in quasi 80 anni di Repubblica quella che Churchill definiva ‘l’ora più buia’. Sono stati commessi tuttavia degli errori evitabili da parte di Conte, per esempio quello di andare in diretta Facebook e televisiva per presentare un decreto che ancora non perfezionati o pubblicati, provocando così disorientamento, come ha dimostrato la fuga di massa alla stazione di Milano”.

di Mattia Celio

 

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