Omotransfobia in Italia, a che punto siamo. Serve una legge?

A LUGLIO VERRÀ DISCUSSA ALLA CAMERA LA PROPOSTA DI LEGGE ZAN CONTRO L'OMOTRANSFOBIA CHE INTENDE GARANTIRE MAGGIORI TUTELE ALLA COMUNITÀ LGBTQI+

Dopo quasi trent’anni di battaglia, il 30 giugno è stato presentato alla Camera il testo unico contro l’omotransfobia che verrà discusso a luglio. La vicenda, iniziata nel 2018, si sta avviando verso la sua conclusione, ma non senza polemiche.

IL TESTO – Era il luglio del 2018 quando Alessandro Zan, deputato del PD ed esponente della comunità LGBT, presentò il testo base contro l’omotransfobia, approdato in Commissione di Giustizia lo scorso giugno 2020, dopo due anni. La nuova legge, che riunifica ben cinque DDL (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi), tende a porre sullo stesso piano la discriminazione per orientamento sessuale a quello razziale, con la conseguente condanna di gesti e azioni violente di stampo omotransfobico.

Se gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale puniscono la propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica o religiosa, l’approvazione della legge Zan estenderebbe tali reati anche ai casi di discriminazione sessuale o fondata sull’identità di genere. Inoltre, la modifica dell’art. 64-bis prevederebbe: “La reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.

Il nuovo DDL vieta anche le organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi praticanti l’incitamento alla discriminazione o alla violenza fondata su uguali motivi. Dichiara, infine, il 17 maggio  ‘Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia’, in modo da diffondere la cultura del rispetto e dell’inclusione; di combattere i pregiudizi e le violenze tramite cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile, anche da parte delle amministrazioni pubbliche o nelle scuole, di ogni ordine e grado.

Si lavora poi per l’istituzione di un fondo dedicato ai ‘centri anti-discriminazione e case rifugio’ che in questi anni hanno dato assistenza socio-sanitaria alle vittime. È il caso, ad esempio, dei ragazzi e delle ragazze allontanati dai propri genitori per il loro orientamento sessuale, ma anche di coloro che sono vittime dell’odio omotransfobico e che a causa di questo si ritrovano senza prospettive per il futuro.

Alessandro Zan, relatore del testo e recentemente vittima di insulti omofobi,  durante un’intervista per La Repubblica, ha dichiarato: “È un testo molto avanzato che interviene su un tema in cui l’Italia è molto indietro. Sarà una dura battaglia che avrà forti resistenze da parte di associazioni e movimenti integralisti. Ma è una legge di civiltà e questa volta, dopo cinque tentativi andati a vuoto, dobbiamo farcela. Per la discussione della legge in Parlamento si dovrà aspettare luglio, anche se il deputato PD è fiducioso di arrivare alla conclusione prima della pausa estiva.

OMOFOBIA: A CHE PUNTO SIAMO IN ITALIA? – L’aggressione a un 25 enne di Pescara, a un coetaneo nel milanese e a una coppia omosessuale a Roma sono solo le ultime spiacevoli vicende di una lunga serie di violenze legate all’orientamento sessuale. Dopo aver preso di mira meridionali ed extracomunitari, il quotidiano Libero ha duramente criticato la scelta dell’Università Cattolica di Roma di nominare il cantante Tiziano Ferro testimonial dell’Open week master. “Un gay per l’Ateneo dei preti. Non c’è più religione”, titola l’articolo pubblicato dal giornale di Vittorio Feltri, nell’edizione del 14 giugno, in cui veniva espressa la delusione per la scelta del cantate di Latina, che da tempo aveva  fatto coming out.

Hate Crimes no more, un’importante ricerca compiuta dal Centro Risorse LGBT, ha individuato una preoccupante diffusione di odio nei confronti delle persone LGBTIQ+ in Italia. Da giugno a dicembre 2019, sono state raccolte 672 segnalazioni di crimini di odio tramite un questionario anonimo diffuso sui social network. Tra le vittime che hanno riportato episodi di crimini a sfondo omofobo, il 73% ha dichiarato si aver subito ingiurie ed insulti; il 24% minacce; il 13% molestia sessuale; il 12% violenza fisica e il 10% inseguimenti. Inoltre, il 3% delle vittime ha ammesso di aver subito un rifiuto di assunzione, a causa del proprio orientamento.

Hate Crimes No More Italy – Centro Risorse LGBT

A preoccupare la situazione è però la quasi totale immobilità del Governo davanti all’intolleranza e ai pregiudizi di cui queste persone sono vittime, a causa della quale oltre il 74,6% non è riuscito a denunciare l’aggressione. Tra le motivazioni che spesso impediscono di denunciare il fatto vi è, da un lato, l’impressione che quanto subito non sia perseguibile per legge e, dall’altro, che un’eventuale denuncia sarebbe comunque inutile perché non verrebbero presi i provvedimenti necessari ad evitare che simili fatti accadano nuovamente.

Questa situazione trova conferma nelle parole della coordinatrice del Centro Risorse LGBT Valeria Roberti, recentemente intervenuta in occasione della presentazione del progetto Hate Crimes No More: “Buona parte delle persone che subiscono discriminazione in base all’orientamento sessuale o alla loro identità di genere non conforme non denunciano quanto subiscono a nessuno. Né alle forze dell’ordine né alle associazioni LGBT, perché temono che non servirebbe a niente. Ma una legge che permetterebbe di perseguire i colpevoli di reati come pestaggi, furti o danni alla proprietà, ad esempio, permetterebbe alle vittime di denunciare l’accaduto“.

Dalla pagina FB “Centro Risorse LGBTI” – A sinistra Valeria Roberti, coordinatrice del Centro

Secondo il Centro Risorse LGBT, le aggressioni avvengono la maggior parte delle volte all’interno di un ‘branco’. Infatti, nel 51,1% dei casi l’atto violento è compiuto da più di una persona, mentre per il 33,8% vede la partecipazione dell’intero gruppo. Qualche volta, invece, sono proprio i famigliari della persona a rifiutarne l’omosessualità (9,4%).

La scuola è l’ambiente in cui le persone gay vengono maggiormente prese di mira: qui le aggressioni rappresentano il 20,3% dei casi riportati e di questi, il 20% vede l’uso della violenza fisica e il danneggiamento di oggetti personali. Non a caso, la stessa ricerca informa che il 34% degli studenti italiani considera ancora l’omosessualità come una scelta sbagliata; il 10% una malattia e il 27% si rifiuta di avere un omosessuale come compagno di banco.

 “Non so se vedere la situazione con ottimismo, anzi temo che sarà una battaglia ancora lunga e difficile, perché in questo paese si fa fatica a stare dalla parte dei diritti – continua Valeria Roberti – Ripensando a quello che accadde durante l’iter parlamentare della legge sulle unioni civili non posso che pensare che ci saranno momenti molto difficili: la discussione avverrà sulla pelle delle persone LGBTQI+, senza rispetto o attenzione per le nostre esperienze, soprattutto per quelle dolorose”.

Le parole di Valeria Roberti non sono però esasperate, ma riflettono piuttosto una realtà italiana che stenta a stare al passo con gli altri paesi europei. Lo conferma la Rainbow Europe Map di ILGA (International Lesbian and Gay Association) che posiziona l’Italia fra le nazioni che meno riconoscono diritti alla comunità LGBTQI+, con un indice di tutela appena del 23%.

Rainbow Europe 2020 – Reflecting the legal and policy human rights situation of lesbian, gay, bisexual, trans and intersex (lgbti) people in Europe

OMOFOBIA, UNA LEGGE NON SERVE? –  Nonostante gli evidenti divari con gli altri paesi, in tema di riconoscimento di pari diritti alla comunità LGBTQI+, sono state molte le critiche avanzate contro il DLD Zan. Il mondo cattolico si è schierato contro il testo di legge sull’omotransfobia, in una nota dal titolo “Omofobia, non serve una nuova legge”. La CEI (Conferenza episcopale italiana) sostiene infatti che “un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”. Il problema più grande per l’apparato ecclesiastico è dunque la possibilità che l’eventuale emanazione della Legge Zan possa portare, come citato nella nota, “all’apertura a derive liberticide per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione”.

Anche il leader della Lega Matteo Salvini si è esposto in merito alla proposta di legge Zan: “L’Italia è un Paese che non discrimina. Se viene picchiato o discriminato un omosessuale o un eterosessuale la via è la galera, non c’è differenza […] Si rischia invece di sconfinare nell’ideologia”.

Di fronte queste dichiarazioni la coordinatrice del Centro Risorse LGBTI Valeria Roberti commenta: “Credo che quando ci troviamo di fronte ad un ragionamento come questo, chi si appella alla libertà d’opinione è perché vuole esprimere giudizi negativi nei confronti di quella particolare categoria sociale. Non è una questione di libertà d’espressione, è una questione di rispetto”.

 

di Mattia Celio