Sua maestà il ciclo mestruale: cronistoria di un tabù

Mestruazioni, ciclo, "le tue cose", "quel periodo"...mille nomi diversi, ma nessuno ne parla mai davvero

La nuova pubblicità senza filtri e direttissima di Nuvenia sugli assorbenti approda in ogni casa italiana. Siamo forse arrivati all’abbattimento del tabù relativo al ciclo mestruale? O è forse eccessivo postare immagini di così grande impatto? Esistono metodi meno forti per esprimere il concetto?

Nella storia delle pubblicità italiane riguardanti le industrie di assorbenti e tamponi si è sempre avuta una fortissima censura dell’argomento stesso: le mestruazioni sono spesso rappresentate quasi in codice, per essere comprese solo dalle donne. Perché tutta questa preoccupazione e terrore nei confronti di questa realtà così naturale e innocua? E soprattutto, a quando risale?

Un ciclo millenario: dagli egizi al dopoguerra

Tutto ciò che si conosce sul ciclo mestruale nell’Antico Egitto è giunto fino a noi grazie ad antichi testi recanti pratiche mediche, in particolare il famoso papiro ginecologico di Kahun che riporta 35 differenti paragrafi riguardanti, per esempio, i malanni relativi all’apparato genitale femminile, la procreazione, la maternità e le tecniche anticoncezionali. Una sorta di guida pratica dal menarca alla nascita di un figlio.

Profilo FB Museo Egizio Torino

Nell’Antica Grecia invece, per quei cinque lunghi giorni, il gentil sesso era costretto a ritirarsi nel gineceo. Secondo alcuni il sangue mestruale era altamente tossico. I vapori velenosi che secondo loro circolavano nel cervello e nel cuore potevano far impazzire la malcapitata. A volte la donna poteva diventare immune al veleno, infettando però coloro che le stavano attorno.

Secondo Plinio il Vecchio, famoso autore latino del I secolo d.C., la donna mestruata fa morire la vegetazione, fa arrugginire i metalli e rende i cani rabbiosi. Teorie che per altro si protrassero per tutto il Medioevo. Le dame di quel periodo durante il ciclo facevano confezionare abiti rossi, ideali per mascherare il sangue. Va tenuto a mente che in questa realtà storica il ciclo mestruale non era come crediamo: a causa dell’alimentazione povera e delle difficili condizioni di vita, le donne avevano un menarca particolarmente irregolare ed entravano in menopausa precocemente.

Successivamente, durante il glorioso regno di Re Sole, nacque l’idea che lavarsi aumentasse il flusso mestruale e che cambiare la biancheria intima in questa fase provocasse malattie, perciò venivano utilizzati unguenti e profumi per coprire l’odore intenso. In età vittoriana invece non si andava al cinematografo o a teatro col ciclo, era perfino proibito l’accesso ai giardini perché la donna causava la morte delle piante.

Nel frattempo iniziò a diffondersi la moda della “cintura mestruale”: questa si legava alla vita per tenere fermo al suo interno un panno in stoffa. Questa geniale innovazione però causava una serie di problemi, come forti irritazioni alla pelle, minzione difficoltosa e fastidiose abrasioni genitali.

Con un salto temporale si arriva al tragico Olocausto: in questo periodo il mondo femminile subì un forte impatto negativo su tutti i fronti. Testimonianze dimostrano che durante la prigionia le donne, costrette spesso alla nudità, provavano enorme vergogna per il sanguinamento in pubblico e forte disagio per non poter gestire il ciclo. Per le sopravvissute fu necessario affrontare le terribili condizioni igieniche: non c’era acqua per lavarsi e non c’era abbastanza biancheria. Allo stesso tempo l’assenza delle mestruazioni generò ansia e paura di infertilità: a causa dell’orrore della deportazione, molte donne in età riproduttiva smisero di avere le mestruazioni. 

Profilo FB Le donne nella storia

Nel dopoguerra la situazione migliorò? Sui libri universitari degli anni ’50 si leggeva ancora che “Le mestruazioni servono ad espellere le tossine accumulate nel corpo” e fino al 1963 la legge italiana riportava che “fisiologicamente tra uomo e donna ci sono differenze nella funzione intellettuale e questo specie in determinati periodi della vita femminile”. Questo avveniva solo 57 anni fa…

Ma…gli assorbenti? 

Quando si è iniziato a parlare di assorbenti? Dal punto di vista industriale, la nascita degli assorbenti si colloca nel XIX secolo. L’idea dell’usa e getta si dice risalga a Benjamin Franklin che decise di utilizzarli per fermare il sanguinamento dei soldati feriti in battaglia. 

Nel 1888, alcuni produttori industriali si ispirarono all’idea e misero in vendita il primo lotto di assorbenti monouso negli USA: i pad di Southball.  La società americana Johnson & Johnson nel 1896 innovò tale prodotto, creandone una propria versione: il Lister’s TowelSi trattava di un pezzo di stoffa, lavabile e intercambiabile, legato a un supporto da indossare sotto alla biancheria intima. Negli stessi anni comparve sulla scena anche Kotex, che contribuì all’introduzione sul mercato del progenitore dell’assorbente moderno. 

Tuttavia si presentarono subito alcuni problemi: i modelli prodotti erano scomodi e troppo costosi, perciò coloro che non potevano permetterseli tornarono a usare i rimedi più tradizionali. Inoltre l’argomento era ancora un tabù, per cui a molte donne creava imbarazzo dover richiedere questo tipo di prodotto all’interno dei negozi. Tale ostacolo fu superato solo molti anni dopo, quando un tampone prodotto da garze in cellulosa di cotone fu distribuito in modalità self-service (con la possibilità di lasciare i soldi in una scatola) dalla Kimberly-Clark , per evitare imbarazzi con i commessi.

La vera svolta si ebbe però durante la Grande Guerra, quando le infermiere americane iniziarono ad utilizzare le garze dei bendaggi dei soldati – di cellulosa e cotone – per tamponare il loro ciclo mestruale, in quanto molto più assorbenti.

Avvenne dunque negli anni ‘20 il lancio su grande scala dei primi assorbenti usa e getta. La struttura era molto simile a quella di inizio Novecento, ma a cambiare era soprattutto l’innovato concetto di igiene. Difatti il pezzo di stoffa destinato a raccogliere il flusso mestruale era utilizzabile una volta sola.

Durante gli anni ‘30 si vide invece l’arrivo dei primi tamponi interni dotati di applicatore. Vi sono ancora dubbi sulla paternità dell’invenzione: alcuni sostengono che sia stato John Williamson, dipendente della Kimberly-Clark; altri invece pensano l’abbia creato un medico per la moglie ballerina arrotolando l’assorbente esterno tradizionale. Il prodotto fu registrato come Tampax e nel 1936 fu lanciato sul mercato da Gertrude Tenderich, che ne acquistò il brevetto. Il tampone tuttavia era venduto allora solamente alle donne sposate, in quanto si pensava che  potesse causare la rottura dell’imene e la conseguente perdita della verginità. 

Dal profilo IG: vulvar.sf

Durante la Seconda guerra mondiale le donne iniziarono a lavorare nelle fabbriche e a svolgere i lavori più pesanti che prima erano compito degli uomini ormai impegnati al fronte: di conseguenza era necessario per loro un assorbente comodo da indossare e pratico da trasportare.

Alla fine della guerra, però, le donne abbandonarono il lavoro in fabbrica per tornare alle mura domestiche. Questo portò al crollo delle vendite dei tamponi ed il ritorno all’utilizzo di assorbenti a mutandina tradizionali.

Ma è con il boom economico degli anni ‘60 che si vide la vera rivoluzione dell’assorbente: fu creato per la prima volta un assorbente lavabile in cotone e ancorabile alle mutande. Migliorò lo standard di vita medio, e i beni non strettamente necessari furono accessibili a tutti. Cambiarono gli stili di vita e nacque l’esigenza di una sempre maggiore igiene personale che garantì il successo dei prodotti monouso, anche grazie all’abbattimento dei costi legati alla produzione in serie.  

Dopo il flop del Maxiassorbente usa e getta nel 1970, grande successo invece ebbe (e ha tuttora) l’assorbente con le ali, prodotto per la prima volta negli anni ‘90.

L’ultima frontiera nell’ambito dell’igiene femminile è rappresentata dalla coppetta mestruale, oggi molto in voga – soprattutto per il contenuto impatto ambientale che comporta ma che, a differenza di quanto si possa pensare, risale al 1800. Difatti la prima versione in gomma fu creata dall’attrice Leona Chalmers, la quale per esigenze di scena, non poteva indossare gli ingombranti assorbenti con cintura. 

Pubblicità italiana e assorbenti: ora si cambia

Già a partire dagli anni ’80 in Italia il marchio Ultraserena si occupò di spot pubblicitari riguardanti i suoi assorbenti: l’interesse principale era parlare dello spessore di questi e di quanto fossero più comodi rispetto a quelli più ingombranti del passato. La prova con il liquido azzurro in laboratorio dimostrava quanto assorbisse effettivamente Serena: non veniva neppure citata la parola “assorbente”, solo un nome proprio rigorosamente femminile.

Lo spot che recitava “Lines mini l’invisibile della Lines fece qualche passo avanti sempre negli anni ’80 mostrando due ragazzine che si preoccupavano di controllare, prima di uscire di casa, che l’assorbente non fosse evidente attraverso i pantaloni attillati e chiari. Ci si spingeva quindi a parlarne un po’ più serenamente e in modo più pratico e comparivano anche parole più dirette come “assorbente” e “ciclo”. Facevano così paura prima?

La Lines lanciò poi il nuovo Lines notte super: “Il più assorbente di tutti”. Ci si concentrava ancora una volta sull’assorbenza, la praticità e la minor ingombranza di questo nuovo prodotto.

Nuvenia Pocket con un meraviglioso spot di grande impatto fece poi la sua uscita nel 1987: protagonista della pubblicità una donna bellissima e sorridente che proprio durante quei giorni fa paracadutismo, attività evidentemente non sedentaria. Tutto si può fare nel massimo comfort, questo era il messaggio.

Ma saltiamo all’oggi. Lo spot di Lines É ci catapulta in uno studio quasi futuristico in cui delle studiose ed esperte ci dimostrano la capacità incredibile di assorbenza di questo nuovo prodotto. Manca ancora però l’impatto reale: ancora è presente il liquido blu.

 

 

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Niente più liquido blu, ma vero sangue. #BloodNormal #LiberaDiOsare

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Ed ecco che arriva Viva la Vulva, un progetto creato nel 2018 da Amv Bbdo e che in Italia viene abbracciato da Nuvenia, brand di assorbenti della multinazionale svedese Essity. Questo lo spot che tanto sta facendo discutere. La campagna incoraggia le donne a mostrarsi senza paura di giudizi, ad amare il proprio corpo, ad accettare le mestruazioni senza timore di sentirsi ‘sbagliate’ o impotenti: semplicemente con naturalezza, come naturale è il nostro corpo.

Fa finalmente la sua entrata il veritiero colore rosso sangue a rappresentare la perdita ematica: non più l’asettico colore blu/azzurro negli spot passati. Tutto ciò punta a scardinare il tabù e spingere anche le più giovani ad affrontare quelle giornate con serenità.

Con questo spot completamente nuovo di Nuvenia ci si avrà quindi davvero liberare di un tabù? Magari cambierà qualcosa nella testa di quei ragazzini che in classe guardano in modo scherzoso le compagne se vanno in bagno con un assorbente. Uno spot, seppur schietto e forte, cambia davvero la mentalità delle persone?

 

“Sta’ a casa! Attiri orsi e squali!”

Il mondo femminile, in particolare la sfera riguardante il ciclo mestruale, è stato oggetto di fantasticherie durante i secoli. Sebbene le prime comunità considerassero il flusso come portatore di vita e, di conseguenza, venerassero la donna, il pensiero popolare successivamente cambiò.

L’idea che prevale è quella dello stretto rapporto tra sangue e demonio: la donna, infatti, a causa del ciclo mestruale, sarebbe in qualche modo contaminata. Da qui, le teorie più disparate. Se una donna nel periodo delle mestruazioni tocca un fiore, quest’ultimo appassisce e muore, il vino viene tramutato in aceto e i campi da coltivare improvvisamente sono sterili. E ancora i semi delle piante nel giardino seccano, i frutti – ancora acerbi – cadono dall’albero mentre bronzo e ferro tendono ad arrugginire. Pare poi che vi sia un odore decisamente poco rassicurante nell’aria, che la maionese vada a male, che la salsa di pomodoro sia acida e che i dolci non lievitino.

Pagina FB di popgasmo

L’idea di impurità della donna è talmente radicata da arrivare a sentenziare che quest’ultima non debba avvicinarsi all’acqua e che sia necessario che utilizzi i propri asciugamani, il proprio letto, i propri indumenti, i propri unguenti e che addirittura debba trovarsi su un piano rialzato rispetto agli altri abitanti della casa.

Perché tutto ciò? Per cercare di comprenderlo è necessario essere consapevoli che, ai tempi, quando una donna aveva il ciclo, non era assolutamente certo che potesse avere la sua privacy. Non vi erano assorbenti, le zone delle casa non erano separate da muri come oggi, si indossavano gli stessi abiti a lungo, c’era decisamente poca igiene e per di più ci si lavava in pubblico. Era quindi ‘normale’ dichiarare che ci fosse qualcosa di anomalo e di mostruoso in una donna che perdeva sangue.

Arrivando al presente, nonostante molte credenze popolari non siano più – per fortuna – affermate, vi sono alcuni divieti e supposizioni che circolano sul web. Purtroppo, a causa della disinformazione, soprattutto da parte delle più giovani, alcune teorie sono ancora in circolo. Tra queste, vi è il fatto che lavare i capelli e farsi la doccia  influenzino la durata del ciclo mestruale. Si narra poi l’impossibilità di avere rapporti sessuali o che il rapporto durante il ciclo escluda categoricamente una gravidanza. Addirittura la donna con il ciclo attirerebbe gli squali e gli orsi. Vietato poi depilarsi, vietato tingersi i capelli e praticare sport. L’unico modo per evitare certi stereotipi? Informarsi.

Il ciclo mestruale nel mondo: nel 2020 è ancora un tabù?

Ancora oggi in tantissimi Paesi, come l’India o il Nepal, le mestruazioni sono malviste e le ragazze sono nel mirino di continui pregiudizi e superstizioni che rendono la loro vita impossibile in quel periodo del mese. La religione e il patriarcato giocano il loro ruolo ancora una volta per sminuire le donne e farle sentire mostri, sbagliate, sporche.

Moltissime donne sono infatti costrette a subire trattamenti indegni, come ad esempio essere allontanate dalla famiglia durante la settimana di mestruazioni ed essere costrette a vivere in una capanna in solitudine, al freddo e patendo la fame. Altre ancora sono costrette a non andare a scuola in mancanza di veri e proprio assorbenti, altre devono lavarsi in luoghi adibiti agli animali con degli stracci vecchi e per niente igienici. 

Pagina FB di queesy

A denunciare la situazione sono diverse associazioni attive in varie parti del mondo – soprattutto quelle più povere – che si battono per ottenere i diritti fondamentali che ogni donna dovrebbe avere. Una di queste è Action Aid che condivide ad esempio i seguenti dati: “Il 70% delle donne in India non può permettersi prodotti igienico-sanitari, il 23% delle ragazze lascia la scuola al comparire delle mestruazioni, anche a causa delle umiliazioni subite da compagni e professori”. Insomma, sappiamo che riguardo al ciclo mestruale molte donne hanno davvero pochi mezzi a disposizione per proteggere la loro salute e alcune addirittura non sanno neanche di cosa si tratti precisamente, fino a definirlo una vera e propria “malattia, che riguarda soprattutto le ragazze”.

Profilo FB di queesy

Possiamo quindi rispondere alla domanda: sì, il ciclo mestruale è ancora un tabù, almeno in alcuni Paesi. Le donne vengono ancora incolpate di ciò che per natura le rende tali e, secondo alcune culture, per questo sbagliate. Anacronistico? Forse. Senz’altro nel mondo di oggi l’accesso gratuito ai beni di prima necessità, come gli assorbenti, dovrebbe essere garantito. Ultimo, ma non meno importante, si potrebbe anche cominciare a dare un po’ più i dignità a quella situazione delicata che le donne vivono tutti i mesi: le mestruazioni.

Parlando di taboo e arretratezza: in Italia gli assorbenti igienici – certo diffusi e facilmente accessibili – sono tassati con l’iva imposta al 22%. Si tratta della cosiddetta Tampon tax, che considera i prodotti per il tamponamento del ciclo mestruale non solo come beni non di prima necessità,  ma li tassa come beni di lusso. Numerosi sono i dibattiti e le opposizioni, soprattutto in considerazione del fatto che in molti Stati del mondo (tra cui il Kenya) l’iva sugli assorbenti femminili sia stata ormai del tutto abolita. 
Siamo dunque davvero così progressisti…? 

 

di Giorgia Cocci, Camilla Bosi, Chiara Paini, Francesca Caruso e Aurora Zurlo

1 Commento su Sua maestà il ciclo mestruale: cronistoria di un tabù

  1. Irene Romano // 19 aprile 2021 a 14:37 // Rispondi

    Buonasera, articolo molto interessante, complimenti. Sarei, però, curiosa di conoscere le fonti di proveniente. Grazie.

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