Prima infanzia: che i nostri figli siano maestri e non succubi dell’iperconnessione

Televisione, smartphone, internet e videogiochi. Quali sono i rischi prodotti dalla crescente digitalizzazione per i bambini più piccoli?

 

 

Iperconnessione, questa è stata la deriva ultima della rivoluzione informatica. Oggi sia i nativi che gli immigrati digitali hanno a disposizione molteplici strumenti che danno loro accesso a una banca dati mondiale per gli usi più disparati.

Al contempo essi devono fare i conti con i numerosi allarmi di alcune tra le più importanti voci in ambito medico e dell’altrettanto ampia letteratura che si è venuta a creare. Tra queste ci sono la dipendenza da videogiochi che l’OMS ha ufficialmente catalogato come malattia (gaming disorder) nel 2018  o la dipendenza dal web per cui a Milano si è ricorsi a un pronto soccorso voluto da Cerba HealthCare, un gruppo internazionale dedicato alla diagnosi laboratoriale.

Nel suo articolo sullo sviluppo neurocognitivo legato ai media elettronici, Luca Surian, docente presso l’Università di Trento, in Media elettronici, istruzione e sviluppo neurocognitivo, riprende il Rapporto Kaiser evidenziando un fatto sempre più comune: i giovani trascorrono più di sette ore al giorno sui new media. Questa diventa così l’attività che occupa la maggior parte delle loro giornate, seconda solo al sonno, ed è una tendenza in aumento! Considerando il profondo gap che ancora interessa quelle generazioni che non hanno conosciuto o non sono state esposte così massicciamente fin dall’infanzia ai digital devices (DDs), questo mutamento dovrebbe porre diversi interrogativi in merito al come crescere le nuove generazioni in vista di un loro uso altrettanto consapevole di queste tecnologie.

Evitare i campi elettromagnetici

La migliore difesa a tutela dei più piccoli va cercata fin da subito, durante la gravidanza. Nell’articolo Prenatal and postnatal exposure to cell phone use and behavioral problems in children (Hozefa A. Divan, Leeka Kheifets, Carsten Obel, Jørn Olsen, Epidemiology, Vol. 19 (4), luglio 2008) si comprende quanto sia pericolosa l’esposizione prenatale agli smartphone essendo causa di iperattività e difficoltà emotive e comportamentali riscontrabili nei bambini solo qualche anno dopo, quando iniziano ad andare a scuola. Essi sono ulteriormente vittime dei campi elettromagnetici creati da questi dispositivi per diversi motivi: dalla sottigliezza della loro teca cranica e dei loro tessuti molli, alla velocità con cui le cellule si sviluppano, con maggiore probabilità di trasmettere danni genetici, al mancato sviluppo dei sistemi ormonali e immunitari. Da sinistra a destra le seguenti immagini mostrano il grado di espansione delle radiazioni sul cervello di un bambino di cinque e dieci anni e di un adulto.

O. P. Gandhi, G. Lazzi and C. M. Furse, “Electromagnetic absorption in the human head and neck for mobile telephones at 835 and 1900 MHz,” in IEEE Transactions on Microwave Theory and Techniques, vol. 44, no. 10, pp. 1884-1897, Oct. 1996.

Un’introduzione moderata ai DDs

Benché i risultati degli studi sui Digital devices usati dai bambini in età scolare non sono sempre coerenti, la condanna risulta ben più netta al diminuire di questa, soprattutto nei primi due o tre anni di vita. UnTecnologie digitali e bambini : un’indagine sul loro utilizzo nei primi anni di vita. Un’indagine a cura del Centro per la Salute del Bambino Onlus e dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP) ha rilevato una correlazione tra questi e la presenza di ritardi del linguaggio e disturbi cognitivi. Inoltre riporta come all’aumentare della sua fruizione, si riduce quello del sonno notturno e, viceversa, aumenta quello diurno.

Nel 2015 l’Onlus Centro per la Salute del bambino ha stilato una lista di dritte per un corretto uso dei DDs. La parola chiave in questi casi rimane il buonsenso che si attua con un uso moderato di questi, ovvero limitato nel tempo, con una selezione dei contenuti da parte dell’adulto e nel mantenimento di una certa distanza tra questi e gli organi sensibili.

Il dottor Alberto Villani, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, pone invece l’accento sulla progressività della fruizione di prodotti quali i tablet. Questi, nel suo articolo l’infanzia e l’esposizione precoce a tablet e dispositivi elettronici interattivi, suggerisce di partire da un massimo di 20 minuti fino ad arrivare alle 2 ore in età scolare, ricordando di alternare 3-4 intervalli di diverse ore gli uni dagli altri e di avere come obiettivo la visione di filmati preselezionati dall’adulto.

Il ruolo dei genitori

Un altro aspetto che merita particolare attenzione riguarda la reazione del bambino nel momento in cui lo sguardo dell’adulto viene rapito dal telefono. Nell’articolo Regolazione emotiva «mediata» dallo smartphone: quali i possibili rischi?,  Rosalinda Cassibba e Gabrielle Coppola dell’Università di Bari “Aldo Moro” fanno riferimento a questa condizione del genitore definendola still-face, ovvero volto immobile, privo di espressione. Essa si concretizza in un’opposizione tra un’iniziale situazione di gioco intrattenuta tra il genitore e il figlio, una rinuncia in favore dello smartphone e una ritrovata unione finale. Questa dinamica atipica per il bambino provoca emozioni negative e rifiuto per il gioco. Inoltre, come mostrato da uno studio del 1978 Infant’s response to entrapment between contradictory messages in face-to-face interaction e da un altro del 2011 Infants Meaning-Marking and the Development of Mental Health, qualora il meccanismo diventasse una costate, la riposta del bambino sarebbe quella di un ritiro emotivo, comportamenti di autoconsolazione ed emozioni negative traducibili in stress e mancanza di controllo posturale.

I tablet, un must per l’istruzione

Con l’aumentare dell’età, i genitori sembrano cedere sempre di più la loro centralità nell’acquisizione da parte dei figli di abilità quali la padronanza delle emozioni tanto importante per sopravvivere alle complessità della società odierna. I gravosi processi didattici finiscono per essere sostituiti dando al bambino il valido riempitivo che vuole. Niente di più sbagliato! Nessuna piattaforma digitale potrà mai sostituire il ruolo degli educatori; sopprimere il bisogno di interazione pone solamente le basi per un impoverimento complessivo nel corso della sua crescita.

Guardando al percorso scolastico, in questi ultimi anni si è diffuso l’uso dei tablet come dispositivo per lo studio, in certi casi anche all’interno delle aule. Sebbene le ricerche in materia non sembrano ancora essere sistematiche, alcuni recenti esperimenti hanno notato uno sviluppo di competenze linguistiche e cognitive legate al loro uso. A questi importanti risultati va affiancata, come sostenuto da Stefano Cacciamani dell’Università della Valle d’Aosta, la costruzione di un contesto del quale gli adulti devono essere a conoscenza. In Video, tablet e smartphone nei bambini molto piccoli: un ostacolo o una risorsa per lo sviluppo cognitivo e linguistico? Una discussione per con- dividere raccomandazioni e interventi, scrive Cacciamani: “Occorre aiutarli nello sviluppo di aspettative realistiche, favorendo l’accesso a fonti attendibili di ricerca, in grado di descrivere i vantaggi dell’uso del tablet”, inoltre devono avere “a disposizione dalla letteratura indicazioni chiare sulla facilità d’uso dei tablet” e infine avere un parco giochi di applicazioni “per sostenere lo sviluppo di abilità di literacy, numeracy e problem solving”.

La creazione di questi nuovi spazi digitali, o cyberspace, ci ha fatto accedere a una giungla di informazioni che solo negli ultimi anni si sta gerarchizzando attraverso i principali motori di ricerca. Per i più piccoli diventa così fondamentale avere la realtà naturale come base portante alla quale poi applicare diversi strati di digitalizzazione in un continuum armonico. Per evitare le insidie della sovrapproduzione di dati, Orazio Miglino, dell’Università Federico II di Napoli, in Tablet e nuove tecnologie per la prima infanzia? certamente sì, a patto che…, guarda alle frontiere della realtà aumentata, dell’internet of things e degli assistenti artificiali come mezzi per potenziare l’educazione definendo nuove offerte didattiche adeguate a un mondo post industriale.

Tornando alla domanda iniziale, è il caso d’intervenire? Decisamente. I digital devices non sono un semplice fenomeno del nostro tempo, ma una rivoluzione ormai indispensabile per definire i meccanismi che muovono l’informazione globale. Educatori, insegnati e genitori hanno il dovere di diventare i mediatori dei più piccoli trasmettendo loro la capacità di autoregolarsi. Ciò prevede lo sviluppo di competenze critiche soprattutto nel riconoscere, alternandola, un’altra via come lo sport, la musica, la natura e l’arte. Infine servono delle regole con cui creare un rapporto d’intesa e di reciprocità tra il vecchio e il nuovo. Nessun proibizionismo dunque, ma attenzione a non farsi sopraffare: sono un’arma a doppio taglio!

di Francesco Scomazzon

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