Di là dal fiume, tra gli alberi: i luoghi di Don Mazzolari

Un breve viaggio a Bozzolo, nel mantovano, per scoprire dove il parroco professò. Ancora oggi viene ricordato come 'profeta' e precursore dei tempi nel mondo cattolico. Il ricordo di Don Luigi Pisani nella nostra intervista

Mantova, Camera degli sposi

Nel Rinascimento ha ospitato la più grande biblioteca d’Europa, nel Seicento ha dato i natali al più antico quotidiano al mondo ancora pubblicato, e nel 2016 è stata la prima capitale della cultura italiana. Mantova, città della bassa Lombardia, nonostante le ridotte dimensioni riesce a primeggiare quale icona culturale italiana.

La sua provincia, i cui confini ricalcano quelli dell’antico ducato, regala scrigni artistici che riportano a un passato ormai scomparso. Sto parlando delle numerose Pievi agli incroci delle strade, dei campanili che spuntano tra i gelsi, ma anche di opere d’arte nascoste tra argini e pioppeti. E di molti luoghi che, molte volte in silenzio, hanno segnato il destino dell’Italia intera. Solo per citarne alcuni: Solferino, Goito, Montanara e gli altri paesi luoghi di battaglie risorgimentali.

E’ il basso mantovano la meta del nostro viaggio, nello specifico la cittadina di Bozzolo, antico centro fortificato sulle sponde del fiume Oglio.

Ponte sull'Oglio, Calvatone

Ponte sull’Oglio, Calvatone

E’ strano, infatti, scoprire che Don Primo Mazzolari, che da Giovanni XXIII fu definito “tromba dello spirito in terra mantovana”, non vivesse in una grande città ma in un piccolo paese di provincia. Un paese che d’inverno è avvolto dalla nebbia e ancora oggi è assai distante dalle grandi vie di comunicazione. Tuttavia, come disse Paolo VI: “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Questo è il destino dei profeti”.

Dopo aver attraversato il Po a Casalmaggiore, e essere passati di fianco a Sabbioneta, la Atene dei Gonzaga, si arriva infine a Bozzolo, avvolto ancora dalle mura nonché della tipica foschia padana.

Ai tempi dei Gonzaga Bozzolo era una importante piazzaforte, trovandosi al confine con l’allora Stato della Serenissima, e sede di un ramo cadetto della famiglia Gonzaga. Oggi rimane un centro importante della provincia di Mantova, confinante con quella di Cremona.

Le mura Gonzaghesche sono state parzialmente demolite, al contrario di quelle di Sabbioneta. Ma le vie del paese ricordano il primo Novecento, la civiltà agricola che oggi non esiste più. Nella piazza centrale ci sono i portici tipici dei paesi del mantovano, che troviamo anche a Gazzuolo, Sabbioneta e San Martino dall’Argine. E che, per un inciso, ci sono anche a Parma, in una via del centro città quale “Borgo delle Colonne”.

Insomma, sembra di rivivere “Novecento“, il capolavoro di Bertolucci, che infatti girò molte scene nella bassa mantovana.

Nel centro del paese si trova la chiesa di San Pietro, in cui officiava Don Mazzolari. E’ un edificio al primo impatto austero, ma che all’interno contiene numerosi affreschi e cappelle votive. Di fianco all’altare, a lato della porta della canonica, si trova la sua tomba.

chiesa di bozzolo

Don Mazzolari riposa sotto una lastra di marmo nel transetto della sua chiesa, in un luogo che è tutto fuorché un mausoleo, ma una meta per il ricordo di un personaggio le cui idee hanno ispirato la chiesa di oggi. Per questo, sopra la sua tomba si trova una lampada votiva donata da Paolo VI in persona. Nella parete di fianco su una targa sono riportate le parole di Papa Francesco, che nella sua visita del 2017 ha ricordato quanto sia stata importante la figura del prete bozzolese quale ispirazione per le sue scelte da Pontefice.

Primo Mazzolari nacque nel 1890 a Cremona, nel quartiere periferico di Duemiglia. Nel 1912 venne ordinato presbitero, e un anno dopo curato, presso la Parrocchia di Spinadesco. Durante la Prima Guerra Mondiale si arruolò volontario, con il ruolo di cappellano militare. Nel 1921 divenne parroco di Cicognara, e nel 1932 di Bozzolo, fino alla morte nel 1959.

Come riporta la sua biografia, redatta dalla fondazione a lui dedicata, già durante il seminario Don Primo mostrava uno spiccato interesse per le tesi innovatrici, all’epoca chiamate “moderniste”. Addirittura il suo padre spirituale negli anni giovanili, il barnabita Pietro Gazzola, lo avvertì che la sua vita adulta sarebbe stata una “croce”, se non fosse cambiato. E così fu.

Don mazzolari nel suo studio. Fonte di Agensir

Don mazzolari nel suo studio. Fonte di Agensir

Nel 1931, a Cicognara, Mazzolari scampò a un attentato da parte di un gruppo di camicie nere, in risposta al suo mancato sostegno al fascismo. Nel 1944 visse diversi mesi in clandestinità, per evitare rappresaglie dei nazifascisti.

Solo negli anni ’50 arrivarono i riconoscimenti ufficiali, che culminarono con l’udienza presso Papa Giovanni XXIII del febbraio 1959, due mesi prima di morire. Don Mazzolari unì l’impegno civile alla missione pastorale. Pubblicò oltre venti libri, oltre a un ricco carteggio e una prolifica attività giornalistica.

E’ certamente una delle figure di spicco del cattolicesimo italiano del primo Novecento, fondamentale per descrivere le radici del Concilio e il ruolo politico assunto dai Cattolici nell’Italia Repubblicana.

Ma non è facile capire oggi gli sforzi di Don Mazzolari. A aiutarmi in questo racconto, è Don Luigi Pisani, parroco di Bozzolo.

Don Luigi Pisani, foto di www.diocesicremona.it

Cominciamo dall’inizio, com’era Bozzolo negli anni ’30, quando arrivò Don Mazzolari ?

“Nel primo ‘900 Bozzolo non aveva niente di diverso dagli altri paesi della Bassa Mantovana. Era un centro lontano dalle grande industrie dell’epoca, in cui gran parte della popolazione era occupata nell’agricoltura. Forte era l’emigrazione verso le grandi città dell’Italia del Nord, prima fra tutte Milano.”

E, tra l’altro, sono gli anni del Fascismo …

“Sì, la Santa Sede aveva appena stipulato il Concordato nel ’29. C’era nella Chiesa la forte tendenza a giungere a compromessi con il Regime. E soprattutto, vi era una pesante condanna verso le idee Socialiste e Comuniste, ritenute nemiche del messaggio cristiano.”

E Don Primo come reagiva ?

“Don Primo a Bozzolo si era reso conto che la popolazione locale abbracciava le idee Socialiste per necessità, in quanto erano le uniche che offrivano la speranza di uscire da una condizione di opprimente povertà. Nemmeno lui abbracciava queste ideologie politiche, ma rifiutava di condannarle, come invece sosteneva la gerarchia ecclesiastica dell’epoca.”

Una gerarchia che non lo assecondava quindi?

“Assolutamente no. I suoi avversari erano i porporati del Santo Uffizio, che non gradivano le sue frequenti pubblicazioni. Dobbiamo ricordare che Don Primo pubblicava fino a un libro all’anno, quindi il suo messaggio non si limitava certamente alla sua parrocchia mantovana.”

Quindi, oltre all’opposizione verso il Regime, qual é il centro del Suo messaggio?

“Don Primo è importante perché è stato uno dei primi religiosi a sentire la necessità di un profondo cambiamento in seno alla Chiesa. Si era accorto che la chiesa doveva riavvicinarsi ai poveri, e non prestare il fianco ai potenti, come invece era la regola in quegli anni. La sua grande intuizione fu di non limitarsi alla catechesi, o comunque al dialogo religioso, ma di aprirsi al dialogo con i politici dell’epoca. Nell’archivio della fondazione è conservata una ricchissima corrispondenza con i maggiori esponenti della DC, ad esempio.”

Lei parla di DC, perchè lui rimase a Bozzolo fino alla morte nel 1959. La guerra lo condizionò ?

“Durante la guerra Don Primo continuò attivamente la sua missione pastorale. Nel suo archivio sono state anche trovate le prove che lui aiutò molti ebrei a fuggire verso la Svizzera, producendo falsi attestati di battesimo affinché ottenessero i lasciapassare per l’espatrio. Pochi sanno che Don Mazzolari è anche “Giusto tra le Nazioni”, come Giorgio Perlasca e Gino Bartali.”

E nel Dopoguerra?

“Dopo la guerra la sua attività di corrispondenza si intensificò, De Gasperi e La Pira sono solo alcuni dei suoi tanti destinatari. Partecipa anche a diversi comizi della DC, proprio per testimoniare questo legame tra catechesi e politica che lui da tempo sosteneva.”

Per concludere, qual è il valore storico di Don Primo? Qual è stata la sua lezione più importante?

“Senza dubbio Don Primo è stato un precursore degli ideali del Concilio Vaticano II. Lui ha sfidato le direttive di una Chiesa ancora monolitica, per mostrare l’importanza del dialogo piuttosto che del rigore imperante dell’epoca. E’ stata sicuramente una voce critica, ma simbolo di una Chiesa rinnovatrice.”

“Don Primo ci ha insegnato come anche a Bozzolo, in una zona che allora come oggi è di confine, si può sognare un futuro migliore”.

di Matteo Andreani 

 

 

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