Unipr On Air – Cardinale Zuppi: “La pace va costruita artigianalmente”

Nell'intervista condotta da Alessandro Pagliare, l'arcivescovo di Bologna mette a disposizione la propria chiave di lettura per quanto riguarda i concetti di pace, inclusività e giustizia

 

L’obiettivo 16 dell’Agenda 2030 è uno dei più ambiziosi dei 17 goals totali, consistendo infatti nella ricerca di pace, giustizia e istituzioni solide per un futuro migliore. Le modalità di intervento proposte dall’Onu mirano a ridurre e condannare qualunque forma di violenza, garantendo un’adeguata applicazione della giustizia a livello nazionale e internazionale. Una giustizia efficace e responsabile passa inevitabilmente attraverso lo sviluppo di istituzioni trasparente che permettano di assicurare processi decisionali reattivi e inclusivi.

Nella settima puntata di Unipr OnAir, il cardinale e arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, intervistato da Alessandro Pagliara, ha analizzato tutti questi temi, fornendo la propria chiave di lettura del presente, nonché le proprie aspettative per il futuro.

A inizio anni ’90 il cardinale svolse un ruolo di primo piano nella pacificazione del Mozambico e, proprio per questo la sua è una testimonianza importante. I problemi che l’Agenda 2030 mira a risolvere, almeno parzialmente, non sono affatto nuovi. Su questo concetto si sofferma il cardinale che mette in evidenza il fatto che il tempo per trovare soluzioni stia per scadere. Il primo grande dilemma a tal proposito si incontra nella dicotomia formata da realismo e ottimismo della volontà. Se il primo suggerisce una visione pessimistica del futuro, il secondo crede ancora di poter risolvere tutti i problemi. “Penso che siano importanti tutti e due: da una parte dobbiamo credere che le cose possano cambiare, ma serve la consapevolezza realistica. La grande passione nel tentativo di cambiare le cose e la consapevolezza di cambiare quello che si può, nonostante siamo già in ritardo” afferma l’arcivescovo.

La pace come costruzione artigianale

Il concetto di pace è meno astratto di quello che possa sembrare in un primo momento, soprattutto nel momento in cui iniziamo a guardare tutti i paesi del mondo come facenti parte della globalità. La pace va vista come un qualcosa di artigianale, da costruire e mai considerabile come un bene acquisito definitivamente. Essa si trova sempre minacciata dal pericolo dei conflitti ed è salvaguardabile unicamente attraverso il rifiuto categorico della violenza. Il cardinale Zuppi fa riflettere sul concetto, promosso da Papa Francesco, di ‘Guerra Mondiale a pezzi’. Attraverso un’analisi del difficilissimo anno appena trascorso, sottolinea infatti come il mondo non possa essere più osservato attraverso un punto di vista che ignori l’interconnessione che sussiste fra tutte le parti del globo. L’epidemia in corso ha mostrato al mondo che ciò che riguarda un Paese non può essere ignorato dalle restanti nazioni. Lo stesso discorso vale quindi, di conseguenza, anche per i conflitti che ci possono sembrare apparentemente lontani, ma che in realtà dovrebbero riguardarci in prima persona. “Curiosamente ci preoccupiamo molto di meno nonostante viviamo in un mondo pluricentrico. Gli strumenti che gli stati hanno adottato per contrastare i conflitti, penso alle Nazioni Unite, sono fortemente indeboliti” dichiara Zuppi.

L’inclusività per combattere la disgregazione

La costruzione di società più inclusive è presupposto fondamentale per un mondo pacifico. “Questi aspetti non sono marginali, ma centrali. Le comunità più vive sono quelle in cui ogni individuo, attraverso l’integrazione, possa portare qualcosa di suo. Se non si è fecondi non c’è futuro. L’integrazione è lo strumento che abbiamo per evitare la disintegrazione dell’individualismo”. L’integrazione non riguarda solo gli individui, ma anche – e soprattutto – il rapporto di connessione che deve stabilirsi tra la dimensione locale e quella globale dell’esistenza. Ma le responsabilità non vanno solo date alle istituzioni, è fondamentale infatti il contributo dei singoli individui. In tal senso diventa fondamentale il concetto di amore politico secondo il cardinale: “La società progredisce non quando sfamo un affamato, ma quando gli do un lavoro per procurarsi del cibo; questo è il concetto di amore politico”.

La giustizia è la più reale delle aspirazioni

La descrizione del goal 16 stesso ci fornisce la chiave interpretativa di una società pacifica. Essa non può prescindere da una corretta applicazione della giustizia. L’emergenza sanitaria ha messo in ginocchio l’economia, allargando la forbice tra ricchi e poveri e, di conseguenza, mettendo a repentaglio il già instabile concetto di giustizia. “L’aspirazione alla giustizia non è prettamente riservata agli illusi, ma di grande realismo. Anzi, è al contrario irreale pensare che si possa continuare a vivere così, credendo che la parte di mondo che vive in condizioni di precarietà non cerchi di spostarsi alla ricerca di un futuro migliore” afferma l’arcivescovo, sottolineando ancora una volta che la frammentazione del globale rappresenta un’illusione. Accettando le evidenti situazioni di ingiustizia, il futuro può diventare pericoloso per tutti. In un mondo dove le ingiustizie sono accettate comanda il più forte.

La prima ricostruzione passa attraverso l’istruzione, e la cultura rappresenta il cardine fondamentale dei concetti di pace e inclusività. Secondo l’arcivescovo, però, un futuro sostenibile passa anche attraverso quello che egli definisce un ‘patto fra generazioni’, nel quale gli ‘anziani’ non costituiscano un tappo che impedisce lo sviluppo delle nuove leve. I concetti di pace, giustizia e inclusione vengono affrontati come costantemente legati fra loro e interdipendenti. Idee fondamentali se si vuole costruire un futuro sostenibile.

 

di Gabriele Diodati 

 

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