Barricate 1922 a Parma: con Picelli città simbolo di resistenza che resta viva nei secoli

L’antifascismo degli Arditi del Popolo di Guido Picelli raccontato dal dott. William Gambetta dell’Università di Parma

Immaginate di aver perso la memoria e di camminare frastornati senza sapere chi siete. Probabilmente fareste di tutto per riappropriarvi della vostra identità. Ma se a perdere la memoria storica fosse un’intera comunità e a nessuno importasse di recuperarne il ricordo?    Potreste pensare che si tratti di allarmismo ingiustificato, ma il tempo scorre inesorabile e i testimoni della storia appena trascorsa un giorno svaniranno. Se non ci impegneremo a far rivivere le loro storie, un incommensurabile patrimonio culturale cesserà di esistere.

Proprio per salvaguardare la memoria collettiva, Cinzia Di Salvo, Giuseppe Amapani e Sante di Matteo, tra i vincitori della seconda edizione di ThinkBig, hanno ideato il progetto “In strada caduti in strada rinati”, con cui intendono riportare alla luce le storie dei cittadini deportati nei campi di concentramento e le Barricate di Parma del 1922. Proprio quest’ultima vicenda storica è stata oggetto dell’incontro con il dottore di ricerca in storia dell’Univesità di Parma, William Gambetta, nel secondo appuntamento del ciclo di webinar Incontri con gli storici, organizzato in collaborazione con CSM e ISREC.

“Per comprendere il fenomeno delle barricate di Parma occorre contestualizzarle in un determinato periodo storico. Non sono l’anticipazione della resistenza partigiana, sviluppatasi a partire dall’estate del 1943, ma la palingenesi di quanto accaduto In Russia dopo la Rivoluzione di ottobre (1917) con la guerra civile tra l’armata rossa dei bolscevichi e l’armata bianca dei controrivoluzionari zaristi”, spiega Gambetta.

Gli Arditi del Popolo difendono l’Oltretorrente

Terminato il biennio rosso delle lotte operaie ed avviato il biennio nero dello squadrismo fascista, le classi subalterne, ispiratesi alle vicende dell’armata rossa, non furono più disposte a sottostare al volere del ceto dominante. Viceversa, i grandi proprietari terrieri e gli industriali scorsero nel fascismo l’opportunità di sopprimere il sempre più organizzato movimento operaio. Il Partito Nazionale Fascista diventò così il partito dell’ordine, milizia armata con il compito di difendere la patria e annichilire i “bolscevichi nostrani”.

In un simile clima di repressione e violenza, la risposta del ceto popolare non poté più farsi attendere: il 17 giugno 1921 venne fondata a Roma da Argo Secondari l’organizzazione antifascista degli Arditi del Popolo, movimento nazionale di combattenti eterogenei che vantava tra le sue fila anche i veterani ed ex militari degli Arditi, corpo speciale del Regio Esercito di cui aveva fatto parte lo stesso Secondari durante la prima guerra mondiale.

L’evento di maggior risonanza che coinvolse gli Arditi del Popolo fu la costruzione di barricate in difesa del quartiere Oltretorrente, dei rioni Naviglio e Saffi di Parma. Tra l’1 e il 6 agosto 1922, diecimila squadristi capitanati dal deputato fascista Michele Terzaghi furono inviati in città per sopprimere la ribellione dei  350 membri degli Arditi del Popolo di Guido Picelli e della Legione Proletaria Filippo Corridoni, rei di aver aderito allo sciopero legalitario contro le violenze fasciste, indetto il 31 luglio dello stesso anno dall’Alleanza del Lavoro.

In una città contraddistinta dalla distanza ideologica e fisica tra la classe operaia e il ceto borghese, delimitata territorialmente dal fiume Parma, che confinava i proletari al di là del torrente (da qui il nome del quartiere Oltretorrente), l’adesione allo sciopero attecchì rapidamente, contrariamente a quanto avvenuto nel resto d’Italia.

Italo Balbo si ritira!

Dopo tre giorni di assedio il versante fascista si vide costretto a chiedere l’intervento di Italo Balbo, che nel mese precedente aveva occupato Ferrara e Ravenna e che il 28 ottobre 1922 avrebbe partecipato alla Marcia su Roma in qualità di quadrumviro. Balbo arrivò a Parma il 4 agosto e, radunati gli squadristi delle provincie limitrofe, tentò un primo attacco contro il quartiere Oltretorrente.

“L’assalto fu respinto e Balbo lanciò un ultimatum al prefetto Federico Fusco: qualora le forze armate non avessero ripreso il controllo del quartiere e non avessero reso le armi, sarebbe intervenuto con le squadre d’azione”, precisa il dott.Gambetta.

Il prefetto decise quindi di muovere l’esercito nell’Oltretorrente, ma dimostratosi un mediatore pacifista, suscitò il biasimo di Balbo, che optò per un attacco a sorpresa che si risolse in un nulla di fatto. La situazione fu sbloccata dal governo, che decise di destituire il prefetto e proclamare lo stato d’assedio, conferendo i poteri al comandante Lodomez. Le squadre del PNF abbandonarono quindi il campo.

La memoria dei “Fatti di Parma” resta vivida nella città e molti anni più tardi, si presume tra il ’60 e il ’70, la celebre scritta “Balbo t’è pasè l’Atlantic ma miga la Pèrma” (“Balbo, hai attraversato l’oceano ma non il Torrente Parma”) è apparsa sul muro che delimita le acque della Parma alle porte dell’Oltretorrente

Il mito di Guido Picelli

L’eccezionalità di questa vittoria fu resa possibile dalla straordinaria combattività del proletariato parmigiano e dalla forza del sindacato rivoluzionario guidato da Antonio Cieri e Vittorio Picelli, fratello del ben più celebre Guido, figura di spicco dell’antifascismo italiano. Parmigiano, orologiaio e attore, dopo aver aderito al partito socialista si arruolò nella Croce Rossa durante la prima guerra mondiale. In seguito frequentò il corso ufficiali dell’Accademia militare di Modena e, rientrato a Parma nel 1919, divenne segretario della Lega proletaria mutilati, invalidi, reduci, orfani e vedove di guerra.  Al grido di “la storia non si ferma, essa si compie nonostante tutto. Ciò che deve cadere cada, ciò che deve nascere nasca. Sbarrate il corso di un fiume e avrete un’inondazione, sbarrate l’avvenire e avrete la rivoluzione” fondò le Guardie Rosse e, dopo aver trascorso brevi periodi in carcere per detenzione di armi, venne eletto alla Camera dei Deputati tra le fila del partito socialista. Sulla scheda di accettazione, alla voce “impieghi all’epoca dell’elezione”, scrisse sarcasticamente: “Carcerato”.

Nel 1921 costituì gli Arditi del Popolo di Parma mobilitando l’intera popolazione, compreso il genere femminile. Le rivolte, infatti, sono moti collettivi e come tali richiedono l’adesione di quanti possano contribuirvi attivamente. Le donne non parteciparono alla difesa della città imbracciando fucili, ma furono indispensabili in qualità di staffette, infermiere e cuoche. Durante le Barricate del ’22 emerse la figura di Maria Viola, giovane giornaliera nativa di Pontevico, incaricata di portare gli ordini e le munizioni dall’Oltretorrente al Naviglio. Furono giorni di grande fermento, come attesta il documento di polizia redatto dopo il ritiro di Balbo, in cui viene descritta la formazione del gruppo delle donne comuniste di Parma.

“La rivolta aveva sospeso il tempo storico, consentendo alle rivoltose di diventare protagoniste del proprio tempo”, conclude Gambetta.Guido Picelli Parma

Il mito delle Barricate e di Guido Picelli riecheggia ancora tra le vie della vecchia Parma e chissà che queste imprese grazie ad iniziative come quelle proposte da In strada caduti in strada rinati possano raggiungere città lontane. Molti gli eventi in programma: oltre ai prossimi incontri con gli storici del 19 e 26 maggio, a breve sarà possibile ripercorrere gli episodi di queste storie tramite tour in loco o percorsi online. Inoltre, l’associazione ha lanciato una call for street-artist (attiva dal 15 aprile al 31 maggio), a cui sarà possibile iscriversi tramite link, allo scopo di selezionare artisti maggiorenni per la realizzazione di murales a tema storico in corrispondenza dei luoghi in cui vennero allestite le Barricate e delle abitazioni in cui vissero i cittadini deportati, oggi commemorati dalle Pietre d’Inciampo.

di Silvia Curtale

 

 

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