Francesco Costa racconta Una storia americana

Al cinema Astra la presentazione dell'ultimo libro di Francesco Costa dove si parla di Joe Biden, Kamala Harris e una nazione da ricostruire

L’ultimo libro di Francesco Costa racconta una storia americana, una di quelle in cui un apparente sconosciuto, con un percorso di studi non particolarmente brillante, vince le elezioni al Senato, nello stato del Delaware, contro ogni aspettativa. Un seggio – racconta il giornalista – “saldamente nelle mani di Caleb Boggs”, il candidato repubblicano, tanto che dal partito democratico non si trova nessuno disposto a sfidarlo. Ad eccezione di un giovanissimo e balbuziente Joe Biden che alla fine vincerà quelle elezioni, dando inizio ad una lunga carriera politica che culminerà, molti anni più tardi, nella presidenza degli Stati Uniti d’America.

Il libro racconta poi di una donna che da bambina usufruiva del busing, un servizio di trasporto pubblico che accompagnava i ragazzi delle aree più periferiche – zone dove tendenzialmente si era concentrata la comunità afroamericana – alle ‘scuole dei bianchi’. Quella bambina era Kamala Harris e anche lei, molti anni dopo, è stata poi eletta vice-presidente degli USA.

Una storia americana è anche il nome scelto da Francesco Costa, giornalista e vicedirettore del Post, come titolo del suo ultimo libro, presentato lunedì 7 giugno al cinema Astra, che racconta la storia personale e professionale di chi ha vinto le ultime elezioni presidenziali degli Stati Uniti.

 

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Un titolo che racchiude bene l’ideale tipicamente americano: se ci credi, puoi anche essere eletto alle più alte cariche della più grande potenza occidentale, per non avendo frequentato le migliori scuole del paese e pur avendo due genitori immigrati.

Ma puoi anche essere eletto alla presidenza, nonostante tu non abbia alcuna continuità politica e caratteriale con il precedente POTUS. Lo avevamo già visto con l’elezione di Barack Obama –  un uomo coltissimo, carismatico, competente, cool – a cui è seguita quella di un miliardario repubblicano che potremmo definire sempliciotto e volgare, con nessuna esperienza politica. Poi, dopo quattro anni di Donald Trump – un vero outsider della politica – gli americani hanno svoltato nuovamente il destino della propria nazione, eleggendo Joe Biden: un politico a tutto tondo, in carriera dall’età di trent’anni.

Su Biden e Harris oggi sappiamo davvero moltissimo, tante sono le informazioni circolate sul loro conto in campagna elettorale e dopo la vittoria delle elezioni. Ciò nonostante, la lettura di questo libro non rischia certo di annoiare. Accanto alla loro veste pubblica, Costa affianca infatti una seconda rappresentazione di Biden e della Harris che esce dall’immaginario comune, allontanandosi da quel palco politico su cui siamo abituati a vederli e mostrando di loro un voto più intimo. Una storia americana cala il lettore nelle vicende private di questi personaggi, aggiungendo sempre dettagli e curiosità, non senza qualche momento di sincera commozione.

Conosciamo, ad esempio, un Joe Biden che farà il pendolare fra Washington e Wilmington per anni, una volta eletto senatore, per tornare a casa dai suoi due figli, orfani di madre. Un’abitudine talmente costante nella routine del presidente che oggi la stazione di Wilmington è stata intitolata a suo nome. Di lui scopriamo dunque che impiegherà molto tempo prima di ingranare la marcia come senatore, rispettando sempre il suo impegno di padre, prima che di politico, imparando solo negli anni le regole ‘informali’ del mestiere.

Ma conosciamo anche una giovanissima Harris che da bambina partecipava alle assemblee cittadine e alle manifestazioni in piazza insieme ai genitori, coltivando fin da piccola la passione per la giustizia e al contempo il desiderio di partecipare a riscrivere un sistema penale più onesto ed equo.

In Una storia americana troviamo poi l’idea di una nazione da ricostruire (che è anche il sottotitolo del libro). Idea che evoca un anno pandemico – il 2020 – che ha sconvolto lo scenario internazionale e, in qualche misura, ha pesato sull’esito delle elezioni presidenziali. Ma pensiamo anche alle gravissime immagini di Capitol Hill, sede del Congresso americano, che viene assaltata da manifestanti pro-Trump, dopo la sconfitta della coppia Trump-Pence.

Una nazione, insomma, che forse ora necessita di un presidente che riesca vedere i cambiamenti del suo paese e sappia accoglierli nella sua agenda politica. Una capacità che spesso Biden ha dimostrato di possedere,  riconsiderando vecchie posizioni assunte in passato e ripartendo dai propri errori. Capacità che nel suo libro, Costa definisce un “capolavoro di rappresentanza”.

Soprattutto, forse ora gli americani hanno bisogno di una leadership più moderata, vecchio stampo; di quelle capaci di esprime un’empatia calorosa (come la chiama Costa) e che ancora cercano un forte contatto umano con gli elettori. Nella sua misura (a volte persino ‘noiosa’), oggi Biden incarna queste qualità, infondendo un senso di sicurezza a affidabilità che piace all’elettore, perché non gli dà alcun motivo di preoccuparsi  per quello che il presidente farà o dirà nel corso della sua giornata.

 

di Martina Santi

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