Il Suino Nero di Parma e l’Europa: una storia a lieto fine
ALLA SCOPERTA DI UN'ECCELLENZA TUTELATA ANCHE A LIVELLO COMUNITARIO
Appena entrati nei confini della provincia di Parma non si può non sentire il suono dei violini che accompagnano il Maestro Giuseppe Verdi, immaginarsi tra le mani una squisita fetta di culatello di Zibello, di prosciutto crudo o di salame, oppure annusare nell’aria la tipica essenza di chi ha fatto delle sue terre una ragione di vita. In questo clima così variegato di storia umana, musica e cultura, non poteva non nascere l’animale simbolo di abbondanza: sua maestà il Suino Nero di Parma.
LA PRIMA QUALITA’ DA TUTELARE – Color ardesia scuro, setole rade di colore grigio tendente al nero, media-grande dimensione, orecchie in avanti tendenti verso il basso ed in alcuni esemplari delle appendici che partono dalle guance, dette “tettole”: sono queste le caratteristiche morfologiche che ne fanno una specie da tutelare ad ogni costo. Il salvataggio del Suino Nero di Parma è avvenuto grazie ad Anas (Associazione Nazionale Allevatori Suini), Apa (Associazione Provinciale Allevatori), Camera di Commercio, Soprip (Agenzia per lo sviluppo locale), Dipartimento di Produzioni Animali, Sezione di Scienze Zootecniche e Qualità delle Produzioni Animali e la società Agri-eco per quanto riguarda la tracciabilità dei prodotti e della filiera. Come si può intuire dall’imponente schieramento di enti, il lavoro non è stato particolarmente semplice né la sua organizzazione scontata: disordini delle nascite e negli incroci erano problematiche comuni all’inizio del progetto e richiedevano un grosso sforzo di cooperazione.
IL CONSORZIO DEL SUINO NERO DI PARMA – Nel 2006 nasce il Consorzio del Suino Nero di Parma su iniziativa degli Enti Promotori e di una ventina di Allevatori accomunati dalla passione per questo suino e dalla ricerca di grande qualità nei prodotti che da esso derivano. Il suo compito sarà il costante miglioramento, la valorizzazione e la diffusione di questi animali insieme alla tutela del consumatore finale. Con la nascita del Consorzio si è redatto anche un regolamento, o meglio un disciplinare di produzione, che include tutti gli aspetti che vanno dalla rintracciabilità alle tecniche di allevamento, passando per i mangimi e l’aspetto igienico della filiera, fino ad arrivare agli oneri degli operatori. Altro aspetto importante del Consorzio è che dà supporto al fine di garantire la tracciabilità di tutti i passaggi di filiera assegnando ad ogni allevatore iscritto all’Albo un codice identificativo alfa-numerico che gli servirà a contraddistinguere la carne dei suini da lui allevati. Per il nero di Parma si possono impiegare due tecniche di allevamento: quella allo stato brado o semi-brado e quella stabulato. Ad oggi non si hanno notizie di allevatori che utilizzino l’allevamento stabulato, questo perché vi è una netta e sostanziale differenza (di minor qualità rispetto a quelli bradi o semi-bradi ) della vita dei suini e della qualità del prodotto finito.
Tratto da un testo del Consorzio: “Il Nero di Parma è un animale che possiamo definire unico, sia per la prelibatezza delle sue carni che per la sua vocazione ad essere allevato all’aperto.” E’ qui che è presente la vera innovazione e una nuova filosofia: dare qualità e benessere alla vita del suino.
A rendere il Nero di Parma un prodotto ricercato, impiegato anche dai grandi chef, sono l’intensa pigmentazione rosso rubino delle sue carni, che lo ha fatto apprezzare fin dai tempi antichi, la forte marezzatura (grasso intramuscolare), che dona aromi e profumi meravigliosi insieme al lardo che è praticamente il doppio, come spessore, rispetto a quello del tipico maiale rosa Large White o Landrace belga. Il Suino Nero di Parma ingrassa in maniera molto più lenta rispetto alle razze più diffuse (impiega circa 15-16 mesi per arrivare al peso dei 180/190 Kg) e durante la lavorazione delle carni abbiamo dei tempi differenti per attuare processi di denaturazione proteica (tempi di pugnatura nella preparazione del salame), di stagionatura (per via delle carni marezzate che impiegano più tempo a stagionare) o di salatura (la carne del Suino Nero di Parma è molto più saporita, tanto che alcune aziende agricole, in preparazioni come il lardo pesto, non aggiungono il sale). Di norma vedrete, durante le degustazioni di salumi di Suino Nero, che il taglio delle carni viene sempre fatto a coltello per non intaccare le qualità e le caratteristiche organolettiche del salume.
DALLA TRADIZIONE ALL’INNOVAZIONE GASTRONOMICA- Si capisce bene che tutte queste qualità date dall’allevamento, dalla tipologia di maiale, dalla storia, dalla lavorazione e dal contesto gastro-culturale rendono i prezzi dei prodotti non proprio a buon mercato, ed è qui che entriamo in gioco noi gastronomi. Siamo noi ad avere il compito di far capire che, in questi anni in cui il cibo lo fa chiunque e con qualunque risorsa, è importante sapere chi produce e dove produce, con quali criteri, quale morale e filosofia ci sono dietro all’azienda. Mangiare per conoscere e valorizzare una terra e una cultura; mangiare per sostenere e capire chi siamo e da dove veniamo; partire dalla tradizione per fare innovazione gastronomica e cercare di salvaguardare il più possibile la biodiversità del nostro territorio. Tutto questo e molto altro è ciò che facciamo quando compriamo prodotti come il Suino Nero di Parma: entriamo a far parte di una storia e assaporiamo i frutti della conoscenza e del lavoro dell’uomo, rendendoci sempre più consapevoli delle scelte che facciamo, valorizzandoli. Ed è proprio con questa filosofia che sono nati due importanti progetti a livello europeo.
I PROGETTI EUROPEI PER IL SUINO NERO- Med e Qubic sono parole che per molti suonano estranee. In realtà rappresentano due piani di crescita che si stanno sviluppando sul territorio europeo e che potrebbero rivoluzionare il nostro modo di concepire le attività produttive. Il programma Med è un programma di collaborazione e cooperazione internazionale finanziato dall’Unione Europea che pone alla base il territorio, i rischi ambientali connessi alle attività produttive e ai trasporti internazionali. Uno dei punti chiave di questo programma è sicuramente la protezione dell’ambiente e la promozione di uno sviluppo territoriale sostenibile. Si tratta di una tematica molto delicata che ha portato alla creazione del progetto Qubic (Qualità, biodiversità, innovazione e competitività) che è stato approvato nel 2009 nell’ambito del progetto Med 2007-2013 tra i paesi dell’Unione Europea del Bacino Mediterraneo.
Non si parla più di sviluppo agricolo e territoriale in senso stretto, ma di uno sviluppo che permetta la conservazione della biodiversità animale e un’attività sostenibile. Il concetto alla base della biodiversità è l’utilizzo di razze autoctone, tipiche quindi del territorio, per poterne sfruttare al meglio le caratteristiche specifiche. Un animale che viene cresciuto nel suo habitat, permette di ottenere delle materie prime di qualità superiore rispetto ad uno allevato forzatamente in un luogo estraneo alla sua specie. Ottenere materie prime di qualità superiore rispetto alle tecniche intensive utilizzate oggi, permette inoltre la creazione di prodotti tipici organoletticamente superiori e molto più competitivi rispetto ai simili sul mercato che spesso costituiscono un enorme paniere di commodities.
Il progetto Qubic orienta i suoi sforzi sulla cooperazione dei protagonisti della filiera e le autorità pubbliche per supportare una serie di progetti atti a preservare la biodiversità animale permettendo di creare un nuovo modo di fare agricoltura e allevamento. Tutto ciò nasce dalla consapevolezza che i sistemi produttivi odierni, basati su pratiche intensive, non sono assolutamente sostenibili nel corso del tempo e possono portare alla scomparsa di tutte quelle produzioni ritenute a bassa resa. Nella fattispecie, il progetto è dedicato alla biodiversità del suino e ai prodotti a base di carne che ne possono derivare: per questo motivo, le aree interessate dall’iniziativa sono la Spagna, la Francia, la Grecia e l’Italia.
Nel nostro paese, non sono poche le aree protagoniste della difesa della biodiversità suina, partendo naturalmente dalle regioni del sud Italia che sono quelle che ad oggi presentano la quantità maggiore di razze autoctone sopravvissute. In primis, troviamo la Sicilia con il Suino Nero dei Nebrodi, la Toscana e la Cinta Senese, l’Emilia-Romagna con la Mora Romagnola e naturalmente il Suino Nero di Parma, di cui si è parlato nella prima parte dell’articolo. Questa razza autoctona della nostra provincia, ha visto diminuire progressivamente il numero dei capi a partire dall’arrivo in Italia dei più noti Large White che ne hanno preso il posto nelle produzioni locali. Solo negli ultimi vent’anni grazie a progetti di recupero e lavori di selezione di alcuni allevatori, è stato ricreato il tipo genetico fondando anche il Consorzio di Tutela del Suino Nero di Parma.
di Marco Furmenti e Alessio Bolsi
Dal sito del Programma MED e’ possibile scaricare il report finale del progetto qubic. Utili informazioni sulle attività del progetto sono disponibili nell’ Ottica di valorizzare le carni e i prodotti ottenuti da suini autoctoni