Valeria Savazzi (L’Ottavo colore): “Siamo omosessuali, non criminali”

DAI FATTI DI SALA BAGANZA ALLE LEGGI NECESSARIE CONTRO L'OMOFOBIA

FB_IMG_1424041233872-1Viviamo in un Paese in cui per affermare il proprio diritto ad amare chiunque si voglia bisogna fare una battaglia. Gridare per sensibilizzare, scendere in piazza per difendere un proprio diritto. È quello che hanno fatto molte coppie etero e omosessuali lo scorso sabato, nel giorno di San Valentino, in 23 piazze d’Italia. Un flash mob nazionale, denominato ‘Piazzate d’amore’, organizzato per celebrare l’amore universale e dire #LoStessoSì scambiandosi un bacio. All’iniziativa ha aderito anche la città di Parma che ha manifestato in Piazza Garibaldi, coadiuvata da diverse associazioni per i pari diritti, tra cui L’Ottavo colore. La sua presidentessa è Valeria Savazzi, con cui abbiamo analizzato la situazione a 360 gradi.

 

Partiamo dai fatti di Sala Baganza, il prete che ha cacciato le due ragazze omosessuali dalla sala parrocchiale perché si sono abbracciate. Loro hanno parlato con te, ci racconti cosa è successo?

“Mi ha contattata un’amica che abbiamo in comune mandandomi una nota vocale su What’s App, nella quale mi spiegava che era successo qualcosa e che voleva parlarmi. Quando l’ho chiamata era con le due ragazze e me le ha passate: sia l’una che l’altra mi hanno raccontato gli accadimenti che abbiamo riportato nel nostro comunicato, cioè che domenica pomeriggio erano andate insieme ad assistere al saggio di canto della cugina di una delle due e nel momento di una canzone romantica si sono abbracciate. A quel punto si è avvicinato il prete di Sala Baganza che le ha spinte fuori“.

Spinte fisicamente?

“Sì, fisicamente. Le ha invitate a staccarsi immediatamente e ad andarsene perché lì c’erano dei bambini. Ovviamente si sono ribellate e hanno chiesto spiegazioni. Per tutta risposta, il prete ha chiamato i carabinieri e ha insistito perché se ne andassero persino dal piazzale della chiesa. E’ rientrato poco prima dell’arrivo dei carabinieri che hanno parlato con le ragazze e hanno chiesto loro scusa, hanno stretto loro la mano e hanno detto: “Ci dispiace per questo episodio, prima o poi le cose cambieranno”.
Successivamente io ho verificato il racconto parlando con le amiche presenti che hanno confermato la loro versione. Ho chiamato l’associazione Agedo (Genitori, parenti e amici degli omosessuali) e insieme abbiamo discusso sul da farsi. L’unica cosa che potevamo fare era un comunicato per dar voce alle due ragazze. Tra l’altro, una delle due non era dichiarata perciò non poteva metterci la faccia perché non lo sapeva nessuno. Penso sia impossibile che abbiano fatto qualcosa più di un bacio, sia perché non era un luogo consono e nessuno lo farebbe, sia perché una delle due non essendo dichiarata non si sarebbe esposta più di tanto”.

Il Papa aveva aperto alla comunità omosessuale. Alla luce degli eventi di Sala Baganza, si può dire se avete visto questa disponibilità da parte del clero cattolico?

“Ancora no. Ci sono dei preti che si schierano dalla parte di tutti, si battono per i diritti civili e ce ne sono altri che sono più rigidi. Magari le parole del Papa apriranno il campo ma ci vuole tempo”.

Cosa avete pensato quando avete sentito le sue parole?

“Io sono stata molto contenta, comunque l’apertura del Papa fa il suo effetto”.

Anche perché tanti omosessuali sono cattolici…

“Sì, esatto. Per esempio, la mia ex ragazza era molto cattolica, seguiva un gruppo parrocchiale, andava in chiesa. Non è che se sei omosessuale non puoi essere cristiano, o appartenere a qualsiasi altra fede”.

Quando hai detto in famiglia che eri omosessuale, come l’hanno presa?

“Benissimo, anzi me lo hanno chiesto! Me lo ha domandato mia madre quando avevo 15 anni. Io, in realtà, non ho mai avuto difficoltà ad esternarlo, probabilmente anche grazie al clima aperto nel quale sono cresciuta. Nella mia famiglia si è sempre parlato molto, non c’erano tabù, quindi non è mai stato un problema per me. Ovviamente per capirlo c’è voluto un ‘meeting personale’ però non è stato difficoltoso nemmeno con gli amici che, anzi, mi hanno aiutato molto”.

E a scuola?

“Anche lì la situazione era tranquilla. C’è stato qualche episodio, mi hanno preso in giro, ma mai da parte della mia classe, venivano da studenti più grandi. Mi sbeffeggiavano perché ad un certo punto non nascondevo più questo mio essere. Ricordo che avevano scritto sul muro del corridoio “Valeria Savazzi lesbica”.

In questo momento, secondo te, cosa vuol dire essere omosessuali in Italia? Ti sei mai fatta dei problemi ad esternare i tuoi sentimenti?

“No, problemi no. In alcune situazioni, forse, in alcuni luoghi cerco di evitare di palesare la mia omosessualità ma non perché me ne vergogni, semplicemente a volte è stancante avere gli occhi puntati addosso, sentire battutine o vedere sguardi di negazione, di dissenso. A volte evito perché in quel momento non ho voglia di essere anche solo guardata. Vi faccio un esempio. Martedì scorso ero a cena con la mia ragazza e ad un certo punto, parlando tranquillamente, le ho preso le mani sul tavolo. Ad un certo punto lei mi dice che al tavolo dietro di noi c’erano dei signori che ci fissavano e commentavano, facendo capire chiaramente che la cosa faceva loro schifo. Questo è fastidioso. Anche per i fatti di Sala Baganza, il prete ha trattato le due ragazze come se fossero due criminali”.

Le persone presenti al saggio di canto a Sala Baganza hanno reagito?

“Non è intervenuto nessuno, a parte amici e familiari”.

A Parma ci sono stati alcuni episodi omofobi: nel 2012 davanti al Teatro Regio hanno sputato addosso a due ragazzi omosessuali urlando “froci!”; un cameriere, la scorsa estate, ha scritto degli insulti omofobi su uno scontrino. La situazione in città è di chiusura o di apertura nei confronti di chi è omosessuale?

“Secondo me, negli ultimi anni la situazione è molto migliorata. Si parla di più di questi temi anche grazie al rapporto con le istituzioni: il Comune e la Provincia sono attivi da anni per combattere l’omofobia. L’amministrazione comunale è entrata a far parte della rete Ready (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni), esiste il registro delle unioni civili, qui a Parma, e nella settimana in cui cade la giornata contro l’omofobia (17 maggio) organizziamo delle iniziative volte ad informare. Tutto questo ci fa vedere che un’apertura c’è e le istituzioni possono fare tanto per creare dialogo. In generale, a livello sociale la situazione è migliorata molto, prima c’era più indifferenza, che forse è anche peggio perché non se ne parlava ed era ancora più difficile. I casi di omofobia che vengono denunciati ci sono perché se ne parla e si capisce che è sbagliato colpire una persona per i suoi sentimenti. A parte casi precisi e isolati, c’è accoglienza. Più che altro c’è una sorta di omofobia velata: persone che ti fissano, fanno battutine ed è fastidioso. Si spera che, prima o poi, parlandone e vivendo alla luce del sole si riesca a smorzare questo genere di atteggiamenti”.

 

10897112_421735804645856_2931221568141170696_nA proposito di parlarne, l’associazione Ottavo Colore fa anche progetti per le scuole?

“Andiamo nei licei se ci chiamano oppure ci proponiamo noi. In realtà capita più frequentemente che ci chiedano di partecipare ad assemblee d’istituto per parlare di tematiche che ci riguardano. Una volta ci hanno domandato di fare un percorso in una classe dove c’era necessità. Adesso c’è questo progetto che si chiama ‘Viva l’amore!’ dedicato alle scuole medie e che tratterà dell’adolescenza a 360 gradi: si parlerà di sessualità, affettività, uso di sostanze, masturbazione e si potranno fare anche dei focus esterni nei quali chiamare specialisti che possano approfondire un determinato argomento”.

E’ mai capitato che arrivassero a Ottavo Colore dei ragazzi o delle ragazze con grossi problemi in famiglia o con la società a causa della loro omosessualità?

“Purtroppo sì, capita spesso. Molti ci contattano e non sono dichiarati: con loro facciamo un confronto e poi se serve si comincia un percorso. Per coloro che ne hanno bisogno c’è uno psicologo convenzionato con noi che fa servizio gratuito, però in linea di massima sono pochissimi questi casi estremi, di solito basta un semplice confronto con noi che la persona si sente più sicura. Molti si sentono soli e il nostro compito principale è far sentire che ci siamo per i ragazzi e le ragazze omosessuali, che possono contare su di noi. Adesso l’età media si sta abbassando molto, la più piccola che è venuta da noi aveva 13 anni. Una persona può attraversare un periodo di confusione però, in linea di massima, quando lo capisci ne sei abbastanza convinto”.

Secondo te, quali sono i passi che dovrebbe fare lo Stato per far cadere i tabù della società?

Sarebbero fondamentali una legge per le unioni civili e una contro l’omofobia. Gli episodi omofobi ci sono perché non esiste il reato di omofobia, quindi è anche difficile avere giustizia. Il matrimonio omosessuale è lo step successivo: ogni persona deve avere il diritto di scegliere se sposarsi o no. Serve un’apertura a 360 gradi e una tutela dei diritti di tutti, anche l’adozione da parte delle famiglie arcobaleno (permettere al compagno di adottare il figlio biologico dell’altro, in una coppia omosessuale), perché no. I diritti devono tutelare tutti e lo Stato può lanciare un segnale forte e fare tanto perché questo accada. Secondo me, la società è già pronta, è più avanti rispetto alle leggi attuali“.

Avete fiducia nel governo Renzi?

“La fiducia c’è e la speranza è l’ultima a morire, quindi stiamo a vedere. L’Italia è uno dei pochi Paesi rimasti in Europa in cui non c’è nessun tipo di tutela, nessun tipo di riconoscimento. Dovrà adeguarsi anche a livello europeo, prima o poi”.

 

L’associazione Ottavo Colore realizza diverse attività di accoglienza e confronto tra cui presentazioni di libri, flash mob e manifestazioni. Mercoledì 18 febbraio, ad esempio, sarà organizzato un aperitivo che permetterà di “conoscersi in modo più disteso e tranquillo, ovviamente anche aperto a eterosessuali che vogliano parlare, capire e, perché no, divertirsi”, spiega Valeria. E’ possibile contattare l’Ottavo colore sulla pagina Facebook o tramite mail: ottavocolore@gmail.com

 

di Silvia Moranduzzo e Giuseppe Mugnano

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