Van life, un trend in aumento: “Vivo in un camper e non mi manca niente”
Giovanni da un anno vive in un van adattato a mini casa. Una scelta dettata dalla voglia di risparmiare e viaggiare abbandonando il superfluo
La parola “camper” evoca da sempre in tutti l’idea di un alloggio temporaneo, usato per le vacanze e i viaggi. In realtà, sono sempre di più le persone che vivono in un camper per scelta di vita. Allo stesso tempo, però, è necessario rivoluzionare le proprie abitudini e adattarsi a uno spazio molto più piccolo, ad avere meno oggetti e meno comodità di una casa normale.
“Van life” o “vandwelling” è quindi lo stile di vita di chi ha deciso di vivere in un van, un furgone adattato a mini casa, ed è diffuso principalmente negli Stati Uniti. Compiere questa scelta significa modificare anche il proprio modo di pensare, rinunciando a tutto ciò che è superfluo.
Per capire qualcosa in più su come funziona la vita in camper abbiamo intervistato Giovanni, che da circa un anno vive in Germania, dentro un van camperizzato. La sua scelta è stata dettata dalla necessità di comodità ma anche per motivi economici. Giovanni ha 28 anni, ha studiato Scienze e tecnologie agrarie all’Università di Catania e attualmente è un treeclimber: ovvero si arrampica sugli alberi per effettuare lavori di potatura.
Van life, un trend sempre più diffuso
Negli Stati Uniti questo fenomeno è molto diffuso. Si stima che siano circa 20 milioni le persone che vivono in un van. Non sempre la scelta di vivere in case mobili è legata alla povertà, infatti, per alcuni, è una scelta favorita dalle minori spese e della vita che è possibile condurvi. Secondo il sito ormesulmondo.com, gestito da Pier e Amelie (due fulltimers a tempo pieno) circa il 57% delle persone che abitano su queste “mobil homes” sono lavoratori e il 23% sono in pensione. Il reddito medio di queste famiglie è soltanto di poco inferiore alla media nazionale. Molte case mobili si trovano nella zona della Silicon Valley: nel 2019 ben 16.500 persone a Los Angeles hanno abbandonato le loro abitazioni per spostarsi in queste case semoventi a quattro ruote, a causa dei prezzi sempre in aumento degli immobili. Sempre più spesso, però, le città si vedono costrette ad emanare ordinanze che vietano di parcheggiare i camper ai bordi delle strade, relegandoli in zone lontane dal centro. Di conseguenza si creano i “trailer parks” ovvero delle zone in cui si stabiliscono queste case mobili.
Anche in Europa il fenomeno sta prendendo sempre più piede. E questo stile di vita viene ripreso da sempre più bloggers, influencers e youtubers che poi condividono i loro viaggi e le loro esperienze sui social. Come si racconta per esempio su “Viaggiatoriecologici“, una pagina instagram gestita da una coppia che ha deciso di vivere in camper, girando l’Italia e l’Europa. Edoardo e Valentina hanno lasciato lavori a tempo indeterminato per dedicarsi alla lotta per la sostenibilità ambientale, e ogni giorno (sempre a bordo del loro amato camper) danno consigli su come vivere prestando maggiore attenzione all’impatto ambientale che le nostre azioni producono.
Per quanto riguarda la parte burocratica. In Italia, è molto più semplice di ciò che si pensa: per vivere in camper non si necessita di una concessione edilizia, bisogna solo essere in possesso di alcuni documenti: la patente di guida, il libretto di circolazione del veicolo (dal 2020 il Documento Unico), il certificato di assicurazione e il “bollino blu”, attestante l’avvenuto controllo dei gas di scarico. Per sostare, invece, esistono aree attrezzate a pagamento, dove si può utilizzare anche la corrente, oppure ci si può fermare anche in parcheggi liberi, purché il camper rientri negli appositi stalli e non sia d’ingombro per la circolazione. In queste aree attrezzate (chiamate CS: camper service oppure AA: area attrezzata) è anche possibile svuotare le cosiddette acque nere, ovvero ciò che viene rilasciato nel WC.
Il segreto è sapersi adattare
Giovanni ha deciso di vivere in un van – un Fiat Ducato L4H2 lungo all’incirca 5 metri e 60 e alto 2 metri e 50 da terra – perché trovandosi a dover lavorare in paesi esteri ha capito che la scelta di seguire uno stile di vita del genere fosse l’alternativa migliore che gli avrebbe permesso di evitare le comuni spese di affitto ed essere molto più libero di muoversi. La sua è quindi è la scelta di avere una vita nomade che lo porta a visitare sempre posti nuovi. Arrivato in Germania ha poi deciso di stabilizzarsi momentaneamente nella città in cui svolge il lavoro di treeclimber, ovvero Freiburg, spinto anche dalla necessità di risparmiare maggiormente tagliando i costi del carburante.
Mentre si racconta, spiega come si viva dentro un camper e come lui abbia deciso di organizzarsi. La cosa fondamentale è “sapersi adattare sempre. Per quanto riguarda l’acqua ho deciso di installare un serbatoio con all’interno la quantità necessaria e per l’energia utilizzo i panelli solari, il riscaldamento, invece, può essere a petrolio oppure a gas”.
Vivere in un van per un periodo di tempo prolungato ha di certo dei vantaggi come degli svantaggi. “Uno dei motivi principali e quindi il vantaggio che mi ha portato ad affrontare questo cambiamento è sicuramente il risparmio economico. La mia spesa mensile attuale si aggira attorno ai 200 euro. Un altro è il potermi mettere alla prova, testare la mia sopravvivenza e, avendo a disposizione del tempo per riscoprirmi e riflettere, imparare ad amare la solitudine“. Non si risparmia di certo poi il piacere delle nuove scoperte: “Questa vita è perfetta per chi ama viaggiare, vedi sempre posti nuovi e nel frattempo hai sempre dietro casa tua, hai con te tutto ciò che ti serve”.
Gli svantaggi, invece, sono legati per lui alle comodità di cui ha deciso di privarsi: lo spazio ridotto può rendere difficoltoso contenere tutto il necessario. “Io sono riuscito da subito ad adattarmi ma se dovessi pensare a qualcosa che mi manca di casa sarebbe il mio garage, dove conservo tutti gli attrezzi che mi permettono di coltivare i miei hobby”.
Tra dieci anni ti immagini ancora sopra al tuo van? “Con certezza dico di non poterci rinunciare, di questo sono sicuro. Se un giorno dovessi sentire la necessità di avere una casa sarà solo per avere un maggiore appoggio di quello attuale”.
Tra le tante emozioni che può regalare una vita “da van” sicuramente ci sono anche quelle condivise con persone che può capitare di incontrare durante il viaggio. Ci vuole un attimo, dice Giovanni, per trasformare una stanza in un luogo di festa. Un van è un posto molto accogliente dove chiunque ci si sente a casa. “È fantastico ritrovarsi all’improvviso a cucinare per tutti quanti e condividere quel che si ha.” Grazie a questa esperienza ha conosciuto poi quello che oggi è un suo carissimo amico: un ragazzo egiziano con il quale ha moltissime cose in comune come l’amore per la natura e per lo stesso stile di vita.
Ma i genitori come hanno reagito alla decisione di trasformare il van in uno spazio abitativo? “Potrei dire che sono stati proprio loro a propormi questa alternativa. Era un periodo in cui avevo iniziato a cercare un’abitazione per stabilizzarmi e poter vivere da solo ma valutando le varie spese ci si rendeva conto che sarebbero state tante e allora la soluzione di mia madre fu: “Ma Giò, tu una casa ce l’hai già! Pensaci bene, hai il tuo van!”, addirittura mio padre mi ha aiutato a costruire il necessario. Sono persone fantastiche!”.
Il cambiamento di Giovanni nasce dal bisogno di sentirsi libero e svincolato da qualsiasi obbligo e dall’amore per la natura che lo porta a voler stare a contatto con essa. Spiega, però, che scegliendo di vivere in questo modo non bisognerebbe “trascurare il sopraggiungere di inconvenienti e difficoltà, affrontandoli con lucidità e responsabilità”.
Nella solitudine “ci si riscopre”, e non bisognerebbe averne paura perché, al contrario, “può essere un’arma per capire il valore di sé stessi“.
“Da sempre ho saputo che prima o poi avrei preso questa decisione, che questo fosse il senso della mia vita“.
Giovanni racconta che nei più grandi e importanti cambiamenti non c’è niente che sia impossibile da superare e sopportare. “Niente è impossibile se lo vuoi veramente”.
di Marianna Dalcò e Giuliana Presti
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