Zuckerberg fa tremare l’Europa

Sono settimane calde quelle tra Zuckerberg e l'Unione Europea. Il proprietario dei colossi Facebook e Instagram sta giocando a braccio di ferro con il continente per aggiudicarsi i dati sensibili degli utenti europei, schivando un fragoroso crollo in borsa.

Foto presa dal profilo ufficiale Facebook di: Meta

Sono settimane calde quelle tra Zuckerberg e l’Unione Europea. Il proprietario dei colossi Facebook e Instagram sta giocando a braccio di ferro con il continente per aggiudicarsi i dati sensibili degli utenti europei. Nel rapporto annuale presentato alla SEC( l’autorità statunitense che vigila sui mercati) il gruppo Meta (ex Facebook) ha scritto che sarà costretta a chiudere i propri social in Europa a causa delle stringenti regole in vigore sul trattamento della privacy. Dopo questa notizia che ha stupito tantissime persone, la società di Mark ha aggiunto una nuova variabile per il quale ha registrato un calo in borsa mai successo prima, esattamente del 26%. Fondamentalmente, dopo la bocciatura in luglio 2020 del Privacy Shield, l’accordo precedentemente siglato tra Ue ed Usa per il trattamento dei dati dichiarato non valido dalla Corte europea con la sentenza Schrems, le lamentele si erano accese fin da subito da parte di Zuckerberg. Il compromesso si era trovato e come riporta Glistatigenerali.com recitava: “il trasferimento dei (…) dati verso un Paese terzo può avvenire, in linea di principio, solo se il Paese terzo considerato garantisce a tali dati un adeguato livello di protezione”. Attualmente, però, sono tornate le polemiche da parte di Mark e della sua società.  

Il punto di vista statunitense

Zuckerberg è tornato a lamentarsi per le regole attuate finora in Europa, questo perché esse sono considerate più stringenti di quelle presenti in Usa e non permettono quindi di poter trattare gli utenti alla stessa maniera. Inoltre, il vero problema sarebbe l’impossibilità di attuare pubblicità mirate per i fruitori delle piattaforme digitali, perché senza dati non si possono conoscere le preferenze delle persone. Questa modalità di marketing è quella che permette a Facebook di finanziarsi in maniera più elevata, e non poterla attuare vorrebbe significare una grossa perdita di denaro. Zuckerberg non ha accettato la situazione e nel rapporto presentato alla SEC (Securities and Exchange Commission), riportato da Glistatigenerali.com, si legge scritto: “Meta non sarà più in grado di offrire in Europa alcuni dei prodotti e dei servizi più importanti, tra cui Facebook e Instagram“. Anche se all’inizio le persone erano rimaste stupite da questa affermazione, ha fatto subito chiarezza il portavoce di Meta, che ha precisato come l’intenzione non sia quella di chiudere in Europa, ma semplicemente di voler attuare un compromesso con il continente per avere linee direttive chiare e precise da seguire, e che siano uniformi in tutti i Paesi.

Foto presa dal profilo Facebook: True Gabrieletto Fans

Il punto di vista europeo

Dopo la vicenda che ha suscitato l’interesse di tantissime persone, le risposte da parte dell’Europa non sono tardate ad arrivare. Innanzitutto come si legge su editorialedomani.it, un portavoce della Commissione europea ha dichiarato: “L’Unione europea agisce in maniera assolutamente autonoma nel fissare le regole nei mercati digitali“. Questo per sottolineare come non sia sicuramente il continente a sottomettersi alle richieste degli Usa. Inoltre proprio su questo punto ha parlato anche Christel Schaldemose, eurodeputata danese e relatrice per il parlamento sulla proposta di legge sulle responsabilità di big tech: “Se Meta ha difficoltà a fare affari nell’Unione europea a causa delle nostre leggi sulla privacy, dovrebbe adattare le sue attività alle nostre regole. Non sarà l’Unione europea ad adattarsi a loro”.

In modo ironico e scherzoso sono intervenuti anche il ministro tedesco Robert Habeck e il suo collega francese Le Maire. Il primo, come riporta everyeye.it ha dichiarato: “dopo essere stato hackerato, ho vissuto senza Facebook e Twitter per quattro anni e la vita è stata fantastica“. Non si è dovuto attendere molto per sentire anche la versione di Le Maire che recita: “Posso confermare che la vita è molto bella senza Facebook e che vivremmo molto bene anche senza Facebook.

I giganti del digitale devono capire che il contente europeo resterà ed affermerà la sua sovranità. L’Unione Europea è un mercato così grande con così tanto potere economico che se agiamo con unità non saremo intimiditi da minacce del genere“. Nonostante le dichiarazioni di questi politici, si sta studiando una soluzione per arrivare ad un compromesso. Infatti la minaccia di Zuckerberg lascia il tempo che trova, il miliardario conta ben 309 milioni di utenti attivi in Europa (100 mln in più rispetto ad Usa e Canada), e un guadagno di 8 miliardi di dollari, cifre troppo folli da poter rinunciare. Inoltre, la chiusura dei due social, toglierebbe lavoro a numerosi influencer, una tra tutti potrebbe essere Chiara Ferragni, dato che abita a Milano. Questo causerebbe la perdita di numerosi accordi sponsor e pubblicitari che attirano numerosissimi utenti su Instagram, per esempio, e Mark non ci guadagnerebbe niente dalla sua mossa.

Foto presa dal profilo Facebook: DW Español

Vecchi problemi giudiziari in Australia

La società gestita da Mark non è nuova a minacce contro altri Stati per intimorirli. Questo successe, per esempio, nel 2021 quando si schierò contro l’Australia. La polemica nacque da una legge promossa dallo stato dell’Oceano Pacifico denominata News Media Bargaining Code. Quest’ultima aveva il compito di imporre pagamenti alle piattaforme digitali per la condivisione delle notizie, e ovviamente non ricevette il consenso di Facebook. Il social blu, infatti, non era d’accordo perché per essa violava quelle che erano le sue caratteristiche principali, ovvero la condivisione libera di qualsiasi notizia da parte di qualunque editore o persona.

Per scaturire paura nel Paese dell’Oceania, Zuckerberg decise di bloccare la condivisione di tutte le news provenienti da fonti internazionali, ma anche nazionali. Come si legge su Forbes.it , anche in Europa e in Canada si stava arrivando precedentemente verso una decisione simile. Ad ogni modo la situazione si risolse dopo pochi giorni, e si riuscì a trovare un compromesso per il quale la legge australiana potesse essere meno stringente con Facebook, anche se la legge comunque fu emanata senza preoccuparsi troppo delle minacce di Mark.

Processo legale concluso in USA

Un altro processo contro Meta è appena stato concluso, questa volta più recente. Secondo ciò che scrive hdblog.it , la società di Mark dovrà risarcire in questi giorni 90 milioni di dollari agli utenti americani per violazione della privacy dei dati sensibili. Questa pratica legale è molto datata sebbene sia ancora attuale, infatti risale a ben dieci anni fa. Facebook era stata monitorata e avvisata di avvertire gli iscritti alla piattaforma che i loro dati erano stati raccolti per fini commerciali senza il loro consenso e soprattutto quando le persone si disconnettevano dall’account, agendo quindi in maniera ancora più oscura. La società di Zuckerberg, però, non fece nessuna azione per scusarsi con i profili presenti nel social e nemmeno li avvisò. Ad ogni modo recentemente, il portavoce di Meta Drew Pusateri, a The Verge ha dichiarato felice: “giungere ad un accordo in un caso come questo che ha più di un decennio incontra gli interessi migliori della nostra comunità e dei nostri azionisti, e siamo lieti di metterci alle spalle la vicenda“.

Processo in Italia

Collegata alla situazione descritta nel paragrafo sopra, anche in Italia ci furono problemi tra Facebook e in questo caso l’Antitrust presente nello stivale. Successe nel 2018, sempre in merito alla questione della privacy. Come scrisse hdblog.it, la società di Mark fu obbligata a versare 10 milioni di dollari perché secondo l’Agcom non avvisava in modo adeguato i nuovi iscritti alla piattaforma che i loro dati venivano usati per produrre pubblicità mirate. A Meta fu suggerito di pubblicare in home un avviso con relative scuse per le pratiche effettuate per evitare la sanzione, ma anche in questo caso l’azienda di Zuckerberg non attuò nulla. Proprio per questo motivo, nel 2021, oltre i 10 milioni ne furono aggiunti altri 7 per mancato adempimento delle azioni suggerite.

Alcune alternative a Facebook e Instagram

Dopo le vicende di questi giorni sull’argomento di chiusura di Facebook e Instagram, molte persone si sono iniziate a chiedere come potesse essere la loro vita senza questi due social. In realtà, le alternative sono subito emerse, alla fine è anche l’utenza che crea il mercato o nuove offerte da parte di altri Paesi. In Cina, per esempio, sta funzionando molto bene il social Qzone, come si legge su editorialedomani.it che fondamentalmente è molto similare a Facebook. Inoltre, per quanto riguarda la messaggistica (siccome anche WhatsApp è di Zuckerberg) varie alternative potrebbero essere WeChat o Telegram. Per i contenuti fotografici rimane in auge, seppur con minor successo, Pinterest, ma anche come social che comprende più funzioni, Snapchat. Ad ogni modo, in alcuni periodi, Mark e la sua società iniziano battibecchi con alcuni Stati, ma è veramente difficile che possano chiudere due colossi come Facebook e Instagram, sia per termini di guadagno, sia per la presenza vastissima di influencer e di editori che lavorano su queste piattaforme digitali.

di Samuele Piroli

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*