“Nightmare Alley” di Guillermo del Toro

Non si può scappare dall’inferno delle proprie illusioni

Nightmare Alley, la fiera delle illusioni di Guillermo del Toro (fonte: collider.com)

L’inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui”; così cita in un passaggio una delle più famose opere di Shakespeare e questo è ciò che Guillermo del Toro, con la sua ultima opera cinematografica, vuole richiamare alla mente dello spettatore durante la visione di La fiera delle illusioni – Nightmare Alley. Ciò che il regista si chiede è se si possa scappare dall’inferno delle proprie illusioni e, raccontandoci questa storia, dimostra come queste ultime affascinano l’animo umano, corrompendolo, assecondandolo, insinuandosi nel loro cuore e portandolo alla pazzia. 

Quante volte aneliamo a una semplice illusione per sentirci appagati? Quanto spesso cerchiamo di trovare sollievo in una fantasia che non è reale? È ciò che fanno le droghe e, un po’ come quest’ultime, le illusioni (molto spesso travestite da sogni) ci ammaliano e ci appagano. Tuttavia, nel tempo ne diveniamo dipendenti e, senza renderci conto della situazione, totalmente assuefatti. 

In poco tempo l’illusione diviene il nostro stesso inferno, intrappolandoci in esso, fagocitandoci, soffocandoci e facendoci perdere la ragione, come in una fiera caleidoscopica, in cui il gioco di prestigio è incarnato in noi: noi diveniamo l’illusione che ci siamo creati.

Bradley Cooper nei panni di Stanton Carlisle (fonte: ucicinemas.it)

Stanton Carlisle (Bradley Cooper), è il protagonista della storia, il diavolo affascinante che è scappato dall’inferno per portarci con sé nella fiera delle illusioni. Senza un soldo e scappando dal proprio oscuro passato, ricomincia la sua vita in un circo ambulante, divenendo l’allievo di un vecchio illusionista (Pete Krumbein, David Strathairn) e di sua moglie (Zeena Krumbein, Toni Collette). In poco tempo impara il mestiere e parte alla ricerca del successo, accompagnato dal suo giovane amore Molly (Rooney Mara). Ottenuta la fama sperata, attraverso lo spettacolo illusionistico denominato “Il grande Stanton”, inizia, insieme al pubblico, la ridiscesa negli inferi. Durante una serata, incontra la dottoressa Ritter (Cate Blanchett), con la quale inizierà un nuovo gioco: usare le conoscenze della psichiatra per illudere i propri clienti di avere capacità sensitive e di poter entrare in contatto con i morti. 

Fino a che punto Stanton riuscirà a non farsi mettere in trappola dalle proprie illusioni? Qual è il prezzo che deve pagare per le illusioni che ha creato?

Qual è il limite di un’illusione?

Luci e ombre si scontrano e si incontrano sullo schermo. É una storia fatta di forti contrasti, in cui l’elemento predominante è proprio l’oscurità che accompagna ovunque il protagonista. 

Il fuoco e le fiamme, che si innalzano indomite all’inizio del film, sono un fantasma che perseguita Stanton in tutto il suo peregrinare. Come un’anima persa nell’inferno dantesco, il protagonista incontra il proprio Caronte nella dottoressa Ritter, il traghettatore infernale che lo conduce nelle tenebre dell’inferno della mente. 

Tutta la storia è un’illusione oppure non lo è. Che cosa è vero e che cosa è falso nel gioco sempiterno della magia circense? La vita è un gioco di prestigio o una roulette russa nel quale è la sorte la vera vincitrice? 

Bradley Cooper in the film NIGHTMARE ALLEY. Photo by Kerry Hayes. © 2021 20th Century Studios All Rights Reserved

Un altro elemento che fa da padrone in Nightmare Alley è lo specchio: quella superficie liscia, in cui, riflettendoci, ci addentriamo nelle profondità del nostro sguardo e incontriamo il nostro vero io. Stanton è sempre stato all’interno dell’illusione e il suo ingresso nel mondo della follia avviene proprio quando, all’inizio del film, incontra se stesso nel labirinto degli specchi. Nella caleidoscopica realtà data dall’attrazione, un’infinità di Stanton si riflettono nella stanza, tuttavia, qual è quello vero e quali sono quelli falsi? Chi esce indenne da un labirinto in cui sono presenti infinite copie del proprio io? È lo stesso Stanton entrato nel labirinto a farla franca e a uscire indenne dal dedalo di riflessi o è la sua vera anima, quella corrotta a far da padrone e a vivere una vita che non è la sua?

L’elemento speculare diviene un simbolo, un monito, ma anche una riflessione più profonda e particolare che permette allo spettatore di indagare l’anima che si nasconde nel film. La realtà in cui Stanton si muove è densa, melliflua, quasi fosse realmente ancora incastrato nel labirinto degli specchi. Tuttavia, nonostante pensi di cavarsela, la realtà con cui si scontra è più complessa di quanto credeva e quel mondo di illusioni, che lui stesso si è creato, lo fagociterà, rendendolo a sua volta schiavo di questo mondo.

È un’opera filmica di portata magistrale, che guida lo spettatore a interrogarsi su quanto le illusioni, spesso e volentieri, conducano verso un percorso senza uscita

di Erika V. Lanthaler 

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