Infowar: la guerra ibrida ha un nuovo fronte su cui combattere

Guerra di comunicazione a colpi di propaganda e notizie strumentalizzate: cos’è l’infowar e perché è diventata sempre più attuale in questi anni

Manifestazione alla casa bianca a difesa dell’Ucraina.

È il 14 febbraio, San Valentino. Cecilia Sala pubblica un nuovo episodio del suo podcast Stories intitolato Infowar Ucraina. Non è esattamente quello che ci si aspetterebbe di ascoltare in una giornata simile, ma l’argomento è allarmante e riporta sull’attenti gli ascoltatori che non hanno ancora ben chiaro il concetto di infowar.

Per infowar si intende “una guerra di parole, una guerra combattuta a colpi di propaganda. L’infowar si ha quando gli attivisti politici oltre che ad usare strumenti tradizionali di comunicazione […], si armano di computer e cominciano ad usare la rete come mezzo per comunicare le proprie ragioni ad una audience globale, sfruttando le peculiarità di un mezzo potenzialmente accessibile a tutti da ogni dove, indipendentemente dalla collocazione spaziale e temporale degli attivisti e del pubblico.” come spiegato ampiamente sul sito StartupItalia, oltre che nel podcast dalla giovane giornalista.

La puntata di Stories sull’Infowar viene pubblicata esattamente 10 giorni prima dello scoppio della guerra e dei bombardamenti di Putin su Kiev e altre città ucraine. 10 giorni in cui c’era il sospetto di un’imminente invasione da parte della potenza russa: ipotesi e incertezze non facevano altro che accrescere l’angoscia di tutte le parti interessate. A parte gli Ucraini che da 8 anni a questa parte hanno imparato – per quanto possibile – a convivere con la minaccia russa, vista l’assenza di alternative alla situazione in cui si trovano e perciò abituati a quel senso di pericolo che fa parte della loro vita da anni come un elemento costante, sottopelle. 

Come si può leggere anche da un articolo del Corriere della sera, in quelle giornate cominciano già a diffondersi informazioni riguardo l’offensiva russa e le strategie che Putin avrebbe escogitato per trovare il cosiddetto casus belli da consentirgli di avere una giustificazione per attaccare l’Ucraina, con sostegno di prove. La soffiata arriva direttamente dagli Stati Uniti, nel momento in cui l’intelligence americana decide di diffondere informazioni “riservate” per ripagare la potenza russa con la stessa moneta.

Le prime mosse effettive della strategia infowar cominciano il 18 febbraio quando il presidente Joe Biden dichiara di essere a conoscenza di informazioni fornite dai servizi segreti che lasciano credere che presto il presidente russo – insieme alle sue forze militari – invaderà l’Ucraina: nello specifico attaccherà la città di Kiyv. Biden comunica al mondo costanti aggiornamenti sulle armate russe, il numero dei civili che la Russia ha in programma di eliminare e entro quanti giorni è prevista la capitolazione della cittadina ucraina. 

L’intelligence americana sostiene anche di aver scovato un piano dei russi che prevedeva la creazione e la diffusione di un video fake in cui si vedrebbero le atrocità perpetrate dagli ucraini nei confronti dei cittadini filo-russi nel Donbass, usato come pretesto da Putin per attaccare concretamente l’Ucraina, nello specifico la capitale. 

Con lo scopo di annullare l’effetto sorpresa sperato dai russi nei confronti della popolazione che voleva colpire, il governo americano ha preventivamente rivelato tutti i piani delle maskirovka o operazioni mascherate russe, la misinformazione, i falsi attentati e la dezinformatsiya (in italiano, disinformazione) tentati da parte della Russia.

Gli USA speravano che utilizzando una “strategia di trasparenza” potessero scoraggiare Putin e le sue armate dall’effettivo attacco agli ucraini, con ovviamente il vantaggio personale per la sua posizione politica di mostrarsi come presidente presente, che si sta muovendo per gli altri e per il suo paese “con determinazione”.

russia invasion ukraine
Manifestazioni contro l’invasione russa in Ucraina.

Non è un segreto che la Russia negli ultimi anni abbia utilizzato i mezzi di comunicazione per diffondere informazioni a sostegno della propria politica e delle motivazioni che l’hanno portata a compiere un’azione militare contro l’Ucraina, infatti ha sempre saputo su quali aspetti concentrare la propria attenzione: sovversione, manipolazione, pressione economica.

Anche l’utilizzo di certe parole chiave è un metodo utilizzato in questo nuovo tipo propaganda, in quanto hanno visibilmente un peso significativo sulle menti delle persone. Nello specifico Putin, in un video messaggio per motivare l’invasione, utilizza termini come “genocidio”, “nazisti” in relazione ai “presunti” crimini che la Russia riconosce alla città di Kiev per giustificare l’avanzata militare. O ancora, altri termini come “nucleare” e “chimico”, questa volta usati per minacciare le potenze rivali e celebrare la propria. 

Con questa tipologia di conflitto ci si ritrova facilmente ad assorbire in poco tempo moltissime informazioni senza nemmeno sapere in realtà quali sono quelle veritiere o a quali affidarsi. E spesso è proprio quello lo scopo per cui molti politici decidono di spostare i propri conflitti sul web. Tutto ciò può visibilmente portare in diverse direzioni: le più immediate sono crisi totale, con successivi allarmismo e panico globale.

Un fattore su cui il presidente ucraino Zelensky ha posto molta attenzione è quello riguardante le fake news. Cosciente delle conseguenze che un’infowar può avere su lettori e ascoltatori, Zelensky ha condiviso sul suo profilo Facebook un video in cui invitava i cittadini a stare attenti a ciò che trovano su internet perché è bene informarsi, indagare e cercare di capire la situazione al meglio per rimanere aggiornati ma è altrettanto importante “ottenere notizie vere da fonti ufficiali”.

L’infowar è letteralmente una guerra d’informazione che lo Stato decide in che modo giostrare in base ai propri obiettivi politici e militari, come nel caso della Russia nel conflitto odierno con l’Ucraina. L’obiettivo generale è quello di destabilizzare le forze nemiche oltre che influenzare e manipolare, in un conflitto geopolitico, le masse con le informazioni divulgate dai giornali nei limiti sanciti da Putin stesso.

Il rischio in cui si incorre, se non si seguono le direttive imposte dallo stato russo, è quello di essere censurati – come alcuni quotidiani indipendenti del territorio. Addirittura, come è stato accennato in questi giorni dalla stampa, la Russia si prepara a trasferire tutti i dati dei server nell’intranet russa fino ad arrivare a “una disconnessione dall’Internet globale”.

Le finalità di spostare un conflitto di terra o mare su vie informatiche e comunicative sono diverse. Gli Stati Uniti hanno cercato di seguire il tipico ‘prevenire è meglio che curare’, ovvero hanno preferito comunicare le intenzioni del presidente russo per attutire l’urto o evitare che avessero luogo situazioni disastrose e condizionare anche l’opinione pubblica. Dall’altro lato, però, la Russia cercava espedienti per attaccare Kyiv e diffondendo notizie, divulgando false informazioni ha trovato le motivazioni per andare fino in fondo con ciò che aveva pianificato tempo prima.

In questa situazione si sta parlando spesso di guerra ibrida – l’infowar ne è un esempio: cyberattacchi, falsi attacchi bomba, assalti psicologici al paese nemico, controlli di sicurezza sulle mail e della divulgazione delle notizie… L’interesse principale in questo tipo di conflitti è quello di indebolire in ogni ambito possibile i paesi che si vogliono colpire, privandoli di qualsiasi possibilità di scelta: ciò lascia l’Ucraina, in questo caso, a dover subire conseguenze drammatiche e spaventose, logorata dall’interno per il caos diffusosi e le disgrazie portate dall’esterno dalla Russia.

di Giulia Fontanesi

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