Non ho mai preso il Covid e mi sento strana

Prendere il covid ha ancora un "valore"? E come dovrebbe reagire chi si ammala a 'festa finita'?

In due anni di pandemia non sono mai risultata positiva al Covid. Ovviamente ho pensato varie cose: di essere immune, di avere qualche super potere speciale (qui è ben visibile la modestia del caso), di aver fatto bene a essermi rinchiusa nei libri e negli esami universitari dimenticandomi della mia vita sociale per lungo tempo.

Ma quanto effettivamente è stato producente mettere la vita da parte e concentrarsi su tutto tranne che sulla realizzazione e la concretizzazione di quello che stava accadendo nelle nostre vite? 

Ora, non è che non ho mai fatto un tampone o non ho mai avuto spaventi e situazioni in cui mi sono ritrovata a essere stata in contatto con un positivo, semplicemente la scritta in grassetto che si ripeteva sul referto era sempre la stessa: ESITO NEGATIVO. Ogni volta la sensazione di aver superato quell’ostacolo era costante, mi sentivo ovviamente fortunata a non dover subire le conseguenze del virus, soprattutto quelle fisiche. Ma è poi così vero che non le ho subite lo stesso?

Non so quante persone siano nella mia situazione, ma penso che il numero sia più consistente di quanto si pensi; io stessa conosco molte persone che, come me, non hanno scoperto cosa questo virus possa causare alla propria salute e, per molti anche, fortunatamente aggiungerei. 

Nel dicembre 2020 tutta la mia famiglia (mamma, papà e sorella) è risultata positiva a differenza mia, l’unica in casa ad avere avuto un esito diverso ed essere negativa. Quel momento lo ricordo tanto assurdo, così come può sembrare per un occhio esterno. Come potevo risultare negativa vivendo con queste persone? Rimarrà sempre per me una domanda esistenziale. Ma nulla mi ha evitato comunque le due settimane di isolamento passate a studiare per dare l’esame di letteratura inglese, in cui autori come Stoker, Shakespeare e Coleridge mi hanno tenuto compagnia.

Non so esattamente come questo mi faccia sentire, ma mi chiedo più che altro cosa una persona possa pensare ogni volta che dico di non averlo ancora mai avuto. Se ripenso a qualche anno fa, quando tutto questo è cominciato, probabilmente sarei stata vista come una delle fortunate, una di quelle che è riuscita a evitare i dolori e le conseguenze del virus… ma ora? Fa ancora così strano non averlo avuto? Oppure, se lo prendessi ora verrei vista come un appestata o un untore come 2 anni fa quando, per il timore, tutti si evitavano e prevaleva la distanza l’uno dall’altro? 

Un articolo che mi ha portato a riflettere molto e anche a darmi alcune risposte al riguardo è stato l’editoriale pubblicato dal quotidiano Domani scritto dal comico, influencer (oltre che giurista e manager d’impresa) Pierluca Mariti.

Come me in 2 anni di pandemia ha schivato il covid diverse volte, fino a poco tempo fa quando con una storia Instagram ha confermato sui social di essere risultato positivo: “Ce l’ho pure io” con tanto di tutorial ironico su come farsi un tampone rapido da soli a casa. Chi segue Pierluca sa come sia un suo tratto distintivo e tipico l’elemento autoironico e di leggerezza che dà a ogni momento e così ha fatto anche per affrontare questa situazione, in una video raccolta di stories legata a quel periodo.

Il punto focale su cui si concentra la riflessione dell’influencer è come ti vedono gli altri. Sei ancora “speciale” se dopo due anni di pandemia non hai preso il virus? Oppure dopo la quasi totale normalizzazione del Covid, prenderlo ora non fa così tanta differenza? 

In prima persona sento e vedo che ormai, a differenza dell’inizio della pandemia, risultare positivo al Covid non è più tanto legato ai sintomi che potresti sentire fisicamente e psicologicamente, ma piuttosto a quanto debilitante sia rimanere chiuso in casa e non poter continuare a lavorare e a svolgere le attività giornaliere che fanno parte della tua routine, importanti quanto uscire e rivedere gli amici per compensare alla perdita di salute mentale dei mesi precedenti. 

Per non crogiolarsi su quanto tempo si dovrà stare fermi nel caso di tampone positivo si cerca di riprendere in mano quegli hobby che abbiamo tirato fuori dall’armadio impolverato per la prima volta durante il primo vero e proprio lockdown a inizio 2020. Ma come scrive anche Pierluca “niente ha più lo stesso sapore”: colpa dei sintomi certo, ma anche a come sembra di riciclare quelle attività che ci hanno tenuto compagnia in mesi di chiusura totale della nazione che non esercitano più quella distrazione per la nostra mente che facevano un tempo.

Ci si sente come se si fosse arrivati in ritardo a qualcosa che ormai non desta più tanto ‘scalpore’ o preoccupazione e che, come Mariti scrive nel suo articolo, bisogna solo tollerare perché visto oramai come un inconveniente a cui si deve resistere con pazienza.

Mi riferisco soprattutto ai giovani (come me), a cui è stato tolto tempo da questo virus per vivere e fare esperienze fondamentali nella vita, a quanto ci si sentisse quasi in colpa a vedere gli amici, ad andare a ballare, al festeggiare un compleanno o alla sensazione di clandestinità dell’uscire di casa con gli occhi della gente addosso se nel gruppo c’era una persona in più rispetto al numero prestabilito dalle regole.

A quanto venivano evitate tutte le situazioni sociali che potevano portare effettivamente a contagi e a contatti con altri, tutto per sottrarsi a un tampone e non vivere sulla propria pelle le conseguenze del virus quando poi alla fine, pur facendo anche magari di tutto per non incontrarlo, ci si ritrovava lo stesso chiusi in casa.

Mi è capitato di parlare di questo argomento anche con un’amica che in questi anni di pandemia non aveva mai contratto il virus se non fino al mese scorso, quando a una cena è stata a contatto con un positivo. “Mi faceva un po’ strano non averlo preso fin’ora” e non potrei essere più che d’accordo. Vista la mia esperienza personale mi domando ancora come sia possibile che fossi l’unica negativa e se esiste un qualsiasi ordine naturale delle cose che prima o poi ritorna o si bilancia.

Durante la conversazione continua dicendo: “Mi sono sentita una stupida perché l’ho preso quando la curva dei contagi si stava abbassando e ho abbassato la guardia, forse fregandomene un po’ più del solito”. Il pensiero non va più a quanto o se si starà male fisicamente, ma al tempo che perderai e alla vita sedentaria che ti aspetta, il tutto accompagnato da un gran senso di frustrazione per aver preso il virus a “festa finita” come scrive anche Pierluca.

Perciò mi chiedo se nella testa di tutti il virus sia rientrato effettivamente nella normalità e nel caso in cui fosse una condizione con cui si deve convivere e imparare a tollerare, c’è qualcosa in me che non funziona o è stato semplicemente il caso? Chi mi conosce si preoccuperebbe per me se risultassi positiva o normalizzerebbe ancora di più la situazione?

di Giulia Fontanesi

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