Oltre il limite: la storia di Manolo, ‘il Mago’ dell’arrampicata

CAMPIONE SENZA ETA', MAURIZIO ZANOLLA E' STATO A PARMA NEI GIORNI SCORSI

MAOLOUna figura snella, pelle abbronzata, sguardo rilassato e due grandi occhi blu cielo che sembrano curiosi di scoprire sempre qualcosa di nuovo. Quel cielo sotto cui, all’età di cinquant’anni, ha finalmente visto compiersi il progetto ambizioso di chiudere ‘Eternit’, una splendida placca delle Dolomiti bellunesi, gradata 9a. Lui è Maurizio Zanolla detto ‘Manolo‘, uno dei più grandi arrampicatori che la storia italiana dell’alpinismo e dell’arrampicata sportiva abbiano visto cimentarsi in questo sport (fin dalla giovane età di 17 anni) aprendo una breccia di innovazioni e una nuova concezione del grado di difficoltà di questo sport. A proposito del soprannome Manolo, Maurizio confessa: “In realtà non c’è un motivo, ho questo soprannome da quando avevo 12 anni, anche mia madre mi chiamava così”.

ARRAMPICATA LIBERA- Quando sentiamo parlare di arrampicata degli anni ’60, la mente proietta immagini di scalatori che con l’imbrago intero, calzettoni di spugna, scarponi (sembra che solo quelli pesassero 5kg l’uno) e con una spessa corda di canapa compivano verticalmente l’ascesa di montagne sempre più alte, attaccandosi ad appigli di varia grandezza, ponendo dei chiodi come protezione dove ce ne era la possibilità. Ma lentamente qualcosa stava cambiando. “In quel periodo ho involontariamente dato una svolta importante al concetto di arrampicata in Italia -racconta-. Ho fatto in modo, comunque, che succedesse qualcosa di importante: ho buttato via scarponi e chiodi e ho iniziato con l’arrampicata libera”. Nel ’74, infatti, Manolo entra nel tunnel dell’arrampicata (un vero e proprio vortice da cui difficilmente si riesce ad uscire), ma si avvicina alla falesia solo alla fine degli anni’70, poichè, afferma, “l‘arrampicata in falesia prima non esisteva, non conoscevo la storia dell’alpinismo e non sapevo di aver dato un ‘giro di chiave’ alla scalata. Avevo fatto anche delle vie di settimo grado quando fino ad allora il grado massimo era considerato il sesto”.

“Scalare in montagna per liberare le vie con le protezioni che trovavo non era una vera arrampicata sportiva come la si può definire all’oggi -continua-. Onestamente credo di aver raggiunto a fine anni ’80 il grado di 7c portando così l’arrampicata sportiva a spingersi sempre più in là nelle difficoltà”.

manolo1IL MAGO – Per la sua bravura innata, che a sentire lui è un dono (qualcosa che hai o non hai), viene chiamato ‘il Mago‘, ed è facilmente comprensibile il motivo del soprannome se si conoscono le sue imprese. Colui che, 19 anni prima di coronare la riuscita di un progetto ambizioso che pensava sarebbe stato impossibile continuare, è tornato per completare il secondo tiro della prima via (nella falesia del Baule) chiamata ‘O ce l’hai..o ne hai bisogno’ (8b+) completandola e liberando così la splendida ‘Eternit‘ nel 2009.
Una passione straordinaria senza confini l’ha sempre spinto a ricercare l’emozione di sentirsi libero sulle pareti e in montagna, perché sono luoghi che come dice lui “hanno la capacità di portarti lontano”.

Un uomo alla mano, poco convenzionale a cui non piace mettersi in mostra né fare sfoggio delle sue straordinarie capacità arrampicatorie (infatti non partecipa mai alle competizioni), a cui piace parlare e spiegare ciò che per lui vuol dire arrampicare e cos’è per lui l’arrampicata: “Il senso della scalata è semplicemente la possibilità di trovare una propria strada, la grande possibilità di aprirsi una traccia nella vita. Tutte le cose che ho fatto appartengono a questa traccia e si fondono come un’unica linea che non potrei separare perché le sconfitte e gli errori sono stati immensamente utili non solo per sopravvivere, perché a questo credo abbia contribuito molto anche la fortuna, ma anche per comprendermi”. La sensazione che suscita nell’ascoltatore è quella che permette di vedere il suo sguardo trasognante mentre parla di falesie e della sua storia, quasi ipnotizza per la sua coinvolgente passione.

OLTRE IL LIMITE – “Devo dire che sono d’accordo sul fatto che questo sport ti spinga a dare il massimo per superare i tuoi limiti, ma non lo sono sul fatto che sia l’unico sport -afferma Manolo-. Dovremmo farlo sempre, in qualsiasi campo, che siano ambiti artistici o che siano attività che richiedono uno sforzo fisico, dovremmo sempre impegnarci per avvicinarci a superare il nostro limite. Anche se per me non è sempre stata una grande motivazione. Mi spiego: a volte in maniera ossessiva si cerca di migliorarsi e di fare di tutto per poter arrivare a raggiungere un livello più alto, ma alle volte è ridicolo. Per migliorarsi fisicamente bisognerebbe introdurre una buona dose di ‘cattiveria sportiva’ e se questo ti può sembrare ridicolo ti fermi, altre volte, invece, anche questa convinzione non è sufficiente per migliorare la qualità del tuo allenamento. A volte, però, è difficile progredire se non cerchi di entrare in questa ottica, anche se può andare contro al tuo carattere. Ci sono state volte in cui mi sono accontentato e non ho voluto fare qualcosa di più, poi penso a come può essere strano il fatto di aver raggiunto determinati risultati a una certa età“.

“Cos’ha di bello l’arrampicata? Tutti possono provare ad arrampicare, non ci sono distinzioni o discriminanti. Ma una cosa che dico sempre è che la forza di gravità esiste e bisogna ricordarsi che fa male quando si cade. L’arrampicata non è uno sport facile e non va sottovalutato, bisogna sempre essere attenti a quello che si fa perché ci vuole un attimo per farsi male. Perciò, l’unica cosa che consiglio è quella di stare sempre molto attenti”.

Che sia su un sasso, su una parete rocciosa o su un pannello artificiale, l’arrampicata è uno sport che richiede un doppio sforzo all’atleta: uno a livello fisico e uno a livello psicologico. Può essere praticato all’esterno o all’interno, con maggiori aiuti (l’arrampicata artificiale o indoor) o, al contrario, con appigli naturali (arrampicata outdoor). Quest’ultima, conosciuta anche come free climbing (da non confondere con il free solo che è l’arrampicata senza alcun tipo di attrezzo di sicurezza), è una vera sfida per l’arrampicatore che scala a mani nude e si incastra tra le rocce con tutto il corpo o con parte di esso, ed utilizza l’equipaggiamento solo come assicurazione per limitare i danni in caso di incidente e per proseguire nel percorso. A seconda della via di arrampicata (il percorso seguito) viene assegnato un grado di difficoltà, ed in quella libera quest’ultimo viene misurato con l’utilizzo della scala francese espressa in cifre, con valori compresi tra 3 e 9, seguite da una lettera compresa tra a e c. Questi gradi riguardano l’arrampicata sportiva, poiché quelli che caratterizzano l’alpinismo sono diversi e non arrivano al valore massimo di 9. Anche nelle palestre di Parma è molto praticata l’arrampicata, considerando che in una di queste si contano cinquecento iscritti.

di Giulia Berni e Samanta Carrea

2 Commenti su Oltre il limite: la storia di Manolo, ‘il Mago’ dell’arrampicata

  1. Giuseppe Mugnano // 17 marzo 2015 a 8:43 // Rispondi

    Brave ragazze, davvero bello!

  2. Con tutto il rispetto per il mago, ma l’arrampicata in free solo non l’ha inventata lui, dato che proprio in quel periodo spopolava tra gli hippie d’America nello Yosemite e lui lo ha seguiti. Ha il grande merito di averlo introdotto in Italia. Inoltre che Manolo non ami mettersi in mostra…per poterlo dire oltre ad evitare gare, dove forse il suo supposto primato assoluto oggi, sarebbe in pericolo, dovrebbe evitare anche libri, interviste e media in genere, che gli vanno a genio mio sembra. Rimane un grande, un genio, ma non diciamo scemenze per favore

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