“Una volta ero in piedi anch’io”: le voci di chi vive in strada

SENZATETTO PER SORTE O PER SCELTA

Senzatetto in Pilotta

“Vengo dal Kosovo, sono scappata dalla guerra e dalla povertà. Ho dieci nipoti e bisogno di soldi”.

Cosa si nasconde dietro a una mano tesa o a un cappello per terra? Da dove arriva quella gente dello stesso colore dei muri che popola le strade pregando per qualche spicciolo? Questa è una storia di persone.

Maria è una donna robusta che gira sotto ai portici di via Mazzini trascinandosi sui piedi gonfi: “Sono in Italia da parecchi anni e ho girato diverse città: Trento, Bolzano, Padova, Modena. Adesso sono qua da circa sei mesi e mezzo”. Il suo è un buon italiano dal marcato accento dell’Est. Le sue parole sono chiare: “Sono scappata per la guerra – racconta – c’era una grande povertà e speravo in una vita migliore.” Purtroppo non è stato così: “Dormo in stazione e soffro ancora la fame. Nemmeno quando piove ho un posto dove andare, devo dormire per terra nonostante il fango e l’operazione ai reni”.
Maria tende quel bicchiere mezzo vuoto tutti i giorni e a tutte le ore perché ha bisogno di comprarsi le medicine: “Non ho più un rene e devo prendere dei farmaci, il Nurofen. Costa 8,50 euro e con quello riesco a tenere sotto controllo almeno il dolore. A volte devo decidere se mangiare o prendere le medicine, a volte non mi si pone nemmeno il problema”.
Alza gli occhi da terra, allunga la mano nodosa, mostra, come fosse un portafoglio, quel bicchiere di plastica che non molla mai: “Guarda, dove vado con questi? A Modena ci sono tutti i miei dieci nipoti, loro non stanno meglio di me, ma almeno sono la mia famiglia. Un biglietto costa 5 euro, il Nurofen 8,50 e io qua dentro avrò solo 3 euro”.

DA OPERAIO A SENZATETTO – “Una volta ero in piedi anch’io”. A parlare é Stefano, romano di 58 anni, un passato da operaio metalmeccanico, un presente da senza tetto. La sua storia colpisce per la normalità con la quale viene raccontata: “Sono arrivato a Parma un po’ per lavoro e un po’ per amore. Mi sono licenziato perché mi hanno tagliato le gambe, non sopportavo più le prepotenze dei miei capi”.
Stefano sta seduto sotto i portici di una strada quotidianamente divorata dai turisti, a ridosso di piazza Garibaldi. Ma non chiede denaro:  “Non faccio l’elemosina perché non è un lavoro. Mi piacerebbe avere la soddisfazione di rendermi utile, ma intorno a me vedo tanta indifferenza e distrazione. Vorrei che qualcuno mi chiedesse di fare piccole cose come pulire la strada o dei lavoretti di manutenzione. In compenso cosa chiedo? Solo un bicchiere d’acqua”.

PER STRADA PER SCELTA – Antonio, 30 anni, è uno studente di fisica che a pochi esami dalla laurea sceglie di lasciare i libri e prendere uno zaino.”Sono consapevole della mia decisione: ho voluto vivere la strada e per la strada. E’ come se gli occhi mi si fossero aperti per la prima volta – racconta – ho capito che quello che stavo facendo non era quello che volevo e dovevo fare. Avevo una fidanzata che amavo, una stanza, un letto e dei coinquilini, ma non mi sentivo al mio posto. Ai miei genitori non ho detto nulla della mia condizione, non voglio che si preoccupino per me e non voglio che mi diano soldi. Mi mantengo dando ripetizioni di fisica, mentre per anni ho fatto il barista ed il commesso in un tabaccaio”.
La sua vita è un continuo montare e smontare la tenda: “Pianto la mia casa dove posso – continua Antonio – dormo e al mattino presto me ne vado, per non disturbare nessuno. Una volta ho piantato la tenda sotto al Comune, è venuto il sindaco e mi ha detto di rivolgermi alla Caritas. Ho rifiutato. Un’altra volta l’ho piantata al Duomo e mi si è avvicinato direttamente un responsabile della Caritas che mi ha offerto dei soldi ed una stanza. Ho rifiutato di nuovo. Non è una soluzione per i senza tetto quella adottata dalla Caritas: si tratta di distribuire i soldi che le persone devolvono, ai poveri. Ma le stesse persone che donano, sono le stesse che quando vedono un mendicante per strada passano dritte senza nemmeno guardarlo. La domanda che mi faccio tutti i giorni è: cosa farò domani? Ed è la stessa che pongo anche alle persone che vedo sedute ai bordi delle strade: cosa farete domani? Continuerete a fissare il suolo e a porgere il cappello?”.

SOS SENZA TETTO – Piattaforma Parma‘ è un progetto avviato dal Comune in collaborazione con diversi enti. Lo scopo è di raccogliere e distribuire, tramite la Caritas parmense, l’Emporio di Parma, l’Emporio Valtaro e la Caritas Fidenza, alimenti offerti da aziende del settore agroalimentare. Esistono sul territorio alcune associazioni Onlus che si occupano non solo del problema del pasto, ma anche di altre emergenze come quella del freddo e della convivenza sociale. Dal 2006 è stato istituito dall’Assistenza Pubblica di Parma il progetto ‘Pulmino di Padre Lino’: alcuni volontari, quattro sere alla settimana, raggiungono i luoghi di maggiore emarginazione sociale e si mettono a disposizione dei residenti dei marciapiedi, dando loro qualcosa da mangiare e qualcosa con cui coprirsi, oltre che un po’ di attenzione. Ci sono anche luoghi dove poter mangiare, con o senza prenotazione: la mensa dei Severiani in via San Martino o quella di Padre Lino in via Imbriani; dove potersi lavare, come alla mensa della Fraternità di via Turchi; o dove poter dormire: sono circa 60 i dormitori disponibili, a cui se ne aggiungono 24 aperti da novembre a marzo per affrontare l’emergenza freddo. Né la mensa dei Severiani, né il ricovero di via Turchi, né i 60 dormitori sono abbastanza per contenere uomini e donne, bambini ed anziani senza una cosa. L’allarme, per questo problema, non smette di suonare e continua a coinvolgere sempre più il ceto medio, tradizionalmente estraneo al disagio sociale. L’associazione Pane e Vita, per cercare di fronteggiare questa piaga sociale, ha in progetto la realizzazione di un dormitorio di almeno 20 posti. Non solo un luogo dove passare la notte tranquilli e al caldo, ma dove si possa trovare un appoggio anche durante il giorno, un trampolino di lancio per il reinserimento nella società.

 “Andando avanti arriverà il freddo, quello vero” dice una volontaria che, ogni martedì e giovedì sera, va in stazione con il pulmino colorato dell’associazione Pane e Vita, insieme a tutti gli altri volontari, per dare supporto ai senza tetto. Lo fanno dal 2005 ed ora sono attivi in 15. Lo scorso giovedì a dar man forte ai ragazzi di Pane e Vita c’erano i City Angels. “Da sei mesi distribuiamo pasti caldi, mentre prima davamo un sacchetto alimentare – spiega una ragazza – il tipo di cibo dipende da cosa riusciamo a raccogliere quando andiamo fuori dai supermercati. Lì troviamo gente più o meno disponibile a fare una piccola spesa anche per l’associazione, che poi si occupa della distribuzione in strada. Purtroppo succede che vengano tolti dagli scaffali dei supermercati, e gettati via, prodotti scaduti ma ancora commestibili. Noi non abbiamo la possibilità di recuperare quei viveri, c’è una burocrazia abbastanza insormontabile a riguardo”. Il numero di persone in carne ed ossa che ‘Pane e vita’ riesce ad aiutare in città si aggira attorno al 100. “Ci sono anche tanti italiani che vivono questa situazione di abbandono – dice un altro volontario impegnato nella distribuzione di viveri e indumenti – ma i più sono immigrati che vengono dal Maghreb e altri che arrivano dai Paesi dell’est europeo. Sono tante le badanti e colf che stanno perdendo il lavoro”. Chiaro che senza un reddito per sostentarsi queste persone “molte volte sole, senza nemmeno un parente, finiscono per ritrovarsi allo sbando per strada: il rischio maggiore è che inizino a ‘soffocare’ solitudine e povertà con l’alcool”.
Ma è possibile trovare una sistemazione nei dormitori? Almeno nelle notti più fredde? “L’unica cosa che possiamo fare è richiedere un invio alla Caritas che gestisce i dormitori, ma non è sempre facile trovare posto per tutti”. A questo punto, l’anima vera dell’associazione ‘Pane e Vita’ si scopre dando nuovamente un occhio al camper. “A volte – rivelano – ci è capitato di ospitare qualcuno di loro a bordo del nostro mezzo”.

di Carlotta Falcone, Iosetta Santini, Andrea Bernardi, Marika Bonanno

5 Commenti su “Una volta ero in piedi anch’io”: le voci di chi vive in strada

  1. Per strada per scelta obbligata da un sistema che emargina chi non si fa corrompere. Chi non vive per strada oggi deve sottoporsi ad un esame di coscienza non semplice.

  2. Tra un pò malgrado i miei mille pianti e richieste di aiuto, andrò in strada. Abito in una piccola città e mi conoscono in molti. Da benestante a senza tetto. Purtroppo è così. Licenziato buttato in strada sa un giorno all’altro, mi ritrovo solo senza una famiglia alle spalle. Gli amici che credevo tali, sono andati via ora non “servo” più. La mia famiglia non mi vuole perchè sono stato licenziato e sono il disonore e la vergogna di tutti. I miei figli da quando non ho più nulla da “offrirgli” vengono a trovarmi raramente, la mamma chiaramente li allontana da me, da un padre senza casa e senza lavoro, da un padre che è solo fonte di vergogna. E ora eccomi qui a febbraio ho lo sfratto esecutivo. Stò chiedendo in giro se qualcuno di mia conoscenza mi presta una cantina almeno dove dormire, per il resto non so come fare. Ma almeno non dormo all’aperto. Ho inviato tanti appelli in giro ma non ho ricevuto nulla. La Caritas non può far nulla, mi ha indirizzato al parroco della mia parrocchia, non mi ha fatto neppure parlare dicendomi..”e cosa posso farti” oltre a dirmi…dai che vi è la messa…ciao. E’ tutta qui la mia storia. Prendo tante medicine al giorno e non so neppure come pagarli. Ho piccoli debiti al supermercato per aver acquistato un pò di pasta, dei legumi in scatola e salsa. Non posso riandare fino a quando non pago il vecchio. Non ho più nulla, davvero più nulla. E sono solo in mezzo a tanta gente sono solo. Non ho il coraggio di lasciare la mia email, mi vergogno tanto.

  3. Sig. F. provi a contattare i City Angels della citta’/regione dove Lei vive. Forse loro poteanno darle un aiuto. Provi anche a mandare mail a Sig. Del Debbio di rete 4, attraverso appelli potranno aiutafla a trovare un lavoro. Un abbraccio e auguri che presto possa rimettersi in piedi.

  4. Per scelta! Strana come scelta vero? Eppure lavorando avendo una casa rischi di venire soffocato da un sistema che rende il costo della vita più alto di ciò che una persona percepisce a livello di stipendio se vai dietro a tutto non esci più… Vero è che stando per strada non ti puoi permettere di avere una relazione in campo affettivo il perché non serve spiegarlo seppur uno si curi di se stesso a livello di pulizia personale ed abbigliamento.
    Allo stesso tempo entri in un meccanismo underground che ti permette senza delinquere di avere il piacere di un caffè di qualche sigaretta se fumi e di nutrimento… Le persone che frequenti fanno esclusivamente parte della vita underground quindi non sempre (quasi mai) sono affidabili
    Caritas e volontari specie per questi ultimi citati più di così non possono fare ed è già molto… Ti devi rapportare con le forze dell’ordine in quanto i controlli ci sono giustamente…
    Per quanto riguarda il sottoscritto mi trovi in stazione o alla Guanda
    Ciao

  5. Ho mio fratello di 50 anni che dopo una vita che ci a fatto morire di dispiacieri andando a prostitute evidenti di alcoll e psicofarmaci mettendo addosso la meno e mia mamma xke nn voleva più prostitute in casa io e mia sorella che abbiamo le nostre famiglie lavoro e figli abbiamo cercato in tutto i miei di convincerlo a farsi curare in qualche comunità niente nn vuole capire ora io ho preso a vivere con me mia mamma disabile lui e stato sfrattato e continua a prenderci ingiro che cambieta era in una rulotta del suo capo l anno cacciato anche di li ora nn so che fine fare via a rovinato la vita e si sta rovinando la sua noi siamo stanche irrecuperabile e senza tetto ditemi voi grazie

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