Tra cannabis e diritti degli omosessuali, Marola: “Pizzarotti ha dimostrato da che parte sta, siamo fortunati a vivere in questa città”

RACCOLTE 5.000 FIRME PER LA LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE SULLA CANAPA. 'NASCE PARMA E' FRIENDLY'

MarolaIn piazzale Picelli c’è un piccolo e colorato negozio, ben distinguibile dalla bandiera parmigiana con la foglia di marijuana, che sventola sulla porta. Il proprietario è Luca Marola, tra i primi venti ad aprire un canapaio in Italia, portavoce degli esercenti, promotore della proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis, molto vicino ai Radicali. Da anni attivista per i diritti civili e fondatore di ‘Parma è friendly’, che accorpa tutte le associazioni lgbt e si propone come interlocutore con le istituzioni per attuare l’uguaglianza che ancora si sta cercando in materia di diritti degli omosessuali, Marola è anche autore di ‘Marijuana in salotto. Guida alla coltivazione fai da te‘ (edito da Reality Book). Grazie al suo impegno per la legalizzazione della cannabis è anche all’interno del gruppo promotore nazionale e ha portato personalmente al sindaco Federico Pizzarotti la proposta di legge da sottoscrivere: è il primo in Italia tra i suoi colleghi sindaci ad aver firmato.

Quando hai aperto il negozio e perché?

“Nel settembre del 2002. Allora eravamo tra i primi 20 che hanno aperto in Italia, ora ce ne sono 260 quindi siamo proprio dei pioneri di questo genere di attività. Il motivo è che non sopportavo l’idea di dover dare l’esame di diritto commerciale all’università e dovevo trovare una giustificazione particolarmente corposa per giustificare ai miei genitori un ritardo enorme sull’esame e quindi sulla laurea. Così enorme che ancora me ne manca uno e ancora non arriva la laurea”.

Chi è il cliente tipo?

“Ormai non esiste più una clientela tipo. Se all’inizio, oltre un decennio fa, la clientela tipo era rappresentata da ragazzi al di sotto dei 30-35 anni, negli ultimi due o tre anni non esiste più una tipologia fissa di clientela: vengono dai giovani alle signore ultrasessantenni a chiedere informazioni. Con l’aumento di quelle sulla canapa a 360 gradi, cioè su tutti gli aspetti, terapeutici, nutrizionali o la cannabis da
coltivare, vediamo che la popolazione che frequenta il negozio è di ogni genere e di ogni tipo. E questo è legato allo sdoganamento nella nostra società della cannabis. Oggigiorno non si sente nessuno dire che la cannabis è una droga che uccide o che ti porta a chissà quali altre sostanze e che si aprono le porte dell’inferno se uno ha una piantina sul balcone”.

Quanto frutta la tua attività? I costi sono alti? E da dove arriva la merce?

“Ci campo io, riesco a pagare lo stipendio di un dipendente e riusciamo a pagare i fornitori. Molti grossisti e molti produttori sono nati dopo di noi, quindi abbiamo rapporti privilegiati con la maggior parte di essi in Italia. Le spese sono identiche a quelle che sostiene qualsiasi altro negozio. Grazie allo sviluppo della canapa industriale in Italia sono nati molti fornitori ai quali ci rivolgiamo. Ovviamente per tutto ciò che riguarda i semi di marijuana, le attrezzature per la coltivazione o gli accessori per fumatori ci rivolgiamo al mercato estero, a fornitori europei, olandesi e tedeschi principalmente”.

E’ stato difficile aprire a Parma o c’è apertura riguardo la canapa?Canapaio

“Non è stato difficile aprire il negozio a Parma nei rapporti sia con il quartiere, la popolazione, la società, sia con le istituzioni locali. Essendo un fenomeno molto nuovo e borderline allora sono nate, mai a Parma ma sempre da altre parti d’Italia, parecchie inchieste per cercare di frenare l’apertura di questo genere di negozi. Anche io ho subito, come molti miei colleghi, dei processi, vincendoli sempre e adesso la situazione si è normalizzata. Dal punto di vista della giurisprudenza si è capito come questi negozi hanno lo stesso diritto di esistere rispetto a una panetteria piuttosto che una ferramenta“.

La legalizzazione potrebbe danneggiare il mercato nero dello spaccio e della criminalità organizzata?

“Certo. Oggi oltre all’opinione positiva sulla legalizzazione abbiamo la fortuna di avere degli esperimenti positivi sulla legalizzazione o sulla depenalizzazione della cannabis: possiamo verificare e toccare con mano se la regolamentazione della cannabis da più problemi o più risposte alla risoluzione dei problemi. Negli Stati Uniti è dimostrato dalle agenzie governative statali, del Colorado e di Washington, ad esempio, che regolamentare e far emergere il mercato della vendita di cannabis in modo legale stronchi il piccolo spaccio, al punto tale che l’importazione illegale dal Messico di marijuana negli Stati Uniti è diminuita del 70%. Lo spaccio nelle città dove è legale è diminuito di circa il 70%. Il prezzo al pubblico della marijuana illegale è crollato da 10 a 4 dollari per riuscire a vendere. Questi sono i dati reali. Non c’è un aumento del consumo dei giovani, ma è anche normale da capire: se non esiste più un mercato nero, se nel mercato legale l’accesso alla marijuana è permesso solo ai maggiori di 21 anni non c’è più un’offerta. Noi oggi in Italia non vediamo dei 14enni guidare la macchina senza patente”.

E’ anche grazie a te se Pizzarotti ha firmato la proposta di legge sulla liberalizzazione della cannabis: a che punto è la proposta di legge?

lucamarolaIn tre settimane sono state raccolte cinquemila firme in tutta Italia, cioè il 10% di quanto necessario. Stanno partendo in questi giorni i banchetti nelle città, ora si stanno aggregando partiti e movimenti politici, associazioni antiproibizioniste con tavoli nelle varie strade e poi ci saranno eventi ad hoc di raccolta massiccia di firme, al punto tale che vorremmo riuscire ad anticipare la raccolta di 50 mila firme in 3 mesi anziché 6 per depositarla in Parlamento prima della chiusura estiva. Sta andando molto bene la campagna e invitiamo tutti a firmare. Da adesso è possibile firmare sia per residenti che non residenti anche al Duc, nel Comune di Salsomaggiore, nel Comune di Fidenza e ai banchetti che i radicali i sabati organizzano in via Mazzini, oltre che qui al Canapaio Ducale tutti i giorni.

Cosa cambierà in Italia con questa legge? Cosa prevede?

“Si dà un duro colpo alla criminalità organizzata, essendo il traffico illecito di marijuana il 40% degli introiti delle mafie. Si alleggerirebbe il lavoro nei tribunali e i soldi che adesso vanno alle mafie andrebbero a finire nelle casse dello Stato e per poi venire veicolati su progetti legati all’educazione, all’informazione, alla sanità e a servizi sociali ed educativi ai minori. In sintesi prevede che la detenzione e l’uso di cannabis sia permessa. Diventerebbe possibile coltivare fino a 10 piante di cannabis a testa, da 0 a 5 senza alcuna forma di comunicazione, da 6 a 10 con la comunicazione all’ufficio provinciale o regionale competente. Previa comunicazione e autorizzazione, sarebbe permessa la coltivazione a scopo commerciale di marijuana in Italia e l’apertura di negozi ad hoc dedicati esclusivamente alla vendita di cannabis”.

Nel 2010 in un’intervista in merito all’accusa poi caduta per istigazione all’uso di droga, hai dichiarato che attraverso il negozio vuoi fare politica in altro modo. Cosa intendevi?

“Attraverso il negozio si è coagulato un gruppo che organizza molte iniziative di informazione ed educazione sulla cannabis. L’esempio principale è la festa parmigiana antiproibizionista che si svolge da 12 anni e che è un momento sia di festa ma anche di approfondimento. Quest’anno si terrà il 4 giugno alla Colombofila. Coinvolgiamo e pungoliamo movimenti e partiti che si dichiarano antiproibizionisti a dimostrarlo: abbiamo aperto un dialogo con l’amministrazione comunale, un dialogo positivo. Sono stato invitato spesso ad assemblee studentesche a parlare di queste tematiche. Da qui si fa politica in questo modo e non è un caso che io sia stato eletto come portavoce di tutti i canapai italiani”.

Qualche anno fa hai scatenato polemiche perché hai affisso dei manifesti abusivamente davanti alle scuole, che pubblicizzavano la festa antiproibizionista. Cosa è successo?

“La polemica è l’anima del commercio e della comunicazione. Se non ci fosse nessuna forma di polemica noi faremmo di tutto per riuscire a costruirla. I nostri più grandi aiutanti e sostenitori nel meglio diffondere l’esistenza della festa antiproibizionista sono, di norma, questi ultimi soldati della guerra alla droga persa in tutto il mondo. A volte si mettono in piedi delle azioni di provocazione anche per questo. Le locandine davanti alla scuola le abbiamo messe perché si tratta di una festa tranquilla e controllata e io penso che un liceale abbia Marola tutti gli strumenti per conoscere, approfondire e partecipare in maniera responsabile non solo a una festa ma anche alle conferenze della festa. Come se i ragazzi dei licei non sapessero che c’è la festa antiproibizionista e non avessero un’opinione su questo. Gli ultimi residuati del proibizionismo che considerano dei deficienti i ragazzi dei licei sono una vergogna. Tanto è vero che le polemiche ci sono
sempre prima della festa e mai dopo, questo perché in 12 anni non hanno portato nessun problema. Un altro genere di polemica creata da noi un anno fa era quando abbiamo deciso di mettere un nuovo slogan alla festa, ‘La foglia buona’. E’ buona per la giustizia perché sgonfia i tribunali, contribuirebbe in maniera determinante a eliminare il sovraffollamento delle carceri, a causa del quale siamo stati condannati per trattamenti inumani e degradanti dalla Corte di Giustizia Europea. E’ buona per la salute: la cannabis terapeutica è stata sdoganata grazie al decreto Lorenzin e alle leggi regionali che ci sono. E’ buona per la società perché elimina il narcotraffico e il piccolo spaccio. Proviamo a immaginare una realtà in cui queste droghe vengono vendute legalmente in negozi come sono le panetterie, ad esempio. Secondo me sarebbe una cosa più sana per tutti, anche per gli abitanti di questi quartieri eliminare questo genere di offerta e sostituirla con un’offerta controllata e controllabile come può essere un negozio”.

Si potrebbe instaurare un maggior controllo sulla qualità?

“Ovviamente. Oggi escono con una frequenza inquietante articoli dove si riposta che la marijuana viene tagliata e bagnata con l’ammoniaca o con l’olio delle batterie delle automobili. Immaginiamo questo su sostanze che addirittura ci si inietta: spesso il materiale con cui si tagliano le sostanze è più pericoloso della sostanza stessa. In un mercato regolamentato e controllato tutto questo non esisterebbe. Questo è proprio quello che sta succedendo negli Stati Uniti: dopo aver rinvenuto dei pesticidi su alcune foglie di marijuana è nata una normativa ad hoc in Colorado che elabora una sorta di protocollo da rispettare, nascono i controlli, ed ecco che abbiamo una qualità migliore rispetto a quella che troviamo dallo spacciatore sotto casa”.

Cambiamo argomento, unioni civili: soddisfatto della legge?

No. Per usare le parole del sindaco di New York, Bloomberg, ‘un po’ di uguaglianza, non è uguaglianza’“.

Perché?

“Se fosse uguaglianza tutti potrebbero avere la possibilità di contrarre matrimonio civile e in questo caso non c’è. Si è arrivati a definire le unioni gay come ‘formazioni sociali speciali’ nel testo di legge: questo è un livello di perversione legislativa che solo in Italia e solo certe frange cattoliche particolarmente perverse riescono a immaginare. Le unioni civili sono distinte tra coppia omosessuale, con più diritti, rispetto alla coppia etero, quindi anche all’interno della formazione sociale speciale-unione civile si discrimina l’etero dal gay o il gay dall’etero, e tutti questi sono discriminati rispetto al matrimonio civile. Il fatto che manchi il vincolo di fedeltà è e resta un’offesa legalizzata, il concepire le cose in maniera diversa dico. Il fatto di aver voluto togliere da quello che già esiste questo elemento credo che sia uno degli insulti più atroci che questo Parlamento e questa legislatura siano riusciti a fare.

AMarola Parma c’è sensibilità verso i diritti degli omosessuali?

“Hai voglia! Noi siamo molto fortunati a vivere in una città come questa dove in maniera massiccia l’amministrazione comunale attuale di Pizzarotti ha dimostrato senza tentennamenti da che parte sta: esiste il registro delle unioni civili e lui ha sempre manifestato solidarietà, anche scendendo in piazza contro quegli atti di omofobia che accadono in Italia e a Parma. Il vicesindaco è molto vicino al movimento omosessuale ma soprattutto alla popolazione omosessuale che è ben più importante che non essere vicino ai sindacati di categoria gay. Ha sempre patrocinato la giornata contro l’omofobia e qualunque iniziativa a favore della condivisione dei diritti in città. Esiste un tavolo istituzionale sull’omofobia. Il Comune ha sempre coinvolto positivamente le altre istituzioni sul territorio. Bisogna ricordare che il primo tavolo contro l’omofobia e il primo patrocinio arrivano con la giunta precedente, seppur di centro destra, ecco perché mi sembra di poter dire che comunque la comunità istituzionale parmigiana e quella sociale siano molto sensibili e aperti su queste tematiche”.

Tu quando hai capito di essere omosessuale?

“Alle scuole medie”.

E’ stato difficile quel passaggio?

“Si, adesso forse è generalmente più facile”.

Hai mai subito atti omofobi?

“No, solo qualche telefonata anonima ma più per il mio attivismo. Però se uno decide di fare politica deve essere corazzato per rispondere. Diciamo che non mi sono mai impressionato”.

Cos’è ‘Parma è friendly’?

“Verrà presentata il 17 maggio in sala stampa in Comune ed è un progetto a cui stiamo lavorando da un anno e mezzo, aperto ai cittadini e alle associazioni stesse perché il genere di attività che andremo a svolgere non va a cozzare con l’attivismo di un’associazione normale per i diritti civili. L’obiettivo è avere come interlocutori le istituzioni e le associazioni di categoria per sviluppare quelle buone pratiche a favore dell’uguaglianza, per far sì che Parma venga considerata una città friendly anche da chi ci guarda fuori: in questo modo aumenterebbero il turismo e la qualità della vita. Vogliamo portare avanti iniziative, sempre in sinergia con le istituzioni cittadine, per far sì che la qualità della vita segua standard più europei e meno italiani. I fondatori sono i vecchi dirigenti dell’associazione ‘Certi diritti’, la presidente provinciale di ‘Agedo’ e i numerosi attivisti che in questi anni hanno vissuto con noi il tavolo contro l’omofobia. Non ha senso l’associazione rivendicativa in una realtà come Parma. Abbiamo già a suo tempo rivendicato e abbiamo già ottenuto, quindi ora c’è da fare un altro tipo di lavoro, sostenere le istituzioni, qualunque sia il loro colore, nel trasformare in buone pratiche i principi già introietatti”.

 

di Silvia Moranduzzo