Documenti falsi a New York: quando noi italiani diventiamo illegali

UN'ORA DI ATTESA NEL QUEENS E ADDIO BUROCRAZIA: L'ALTRA AMERICA RACCONTATA DA UN IMMIGRATO IRREGOLARE

Probabilmente a nessuno di noi verrebbe mai in mente di trasferirsi in America da un giorno all’altro, senza avere tutti i documenti in regola. New York è una metà agognata dai più ma non al punto da rischiare di essere arrestati dalla polizia e rispediti in patria perché irregolari. Eppure, nella città Santuario può anche capitare di imbattersi in un italiano come P. che ha deciso, a suo rischio e pericolo, di fare come migliaia di messicani o colombiani fanno normalmente per le strade della Grande Mela: comprare dei documenti falsi e vivere come qualsiasi altro cittadino.

Jackson_Heights_New YorkPIÙ FACILE DI QUEL CHE SI PENSI – Prendere questa strada e accettarne tutti i rischi non è stato facile: appena arrivati in America P. e sua moglie si sono visti voltare le spalle dall’unico contatto che avevano. I risparmi sono diminuiti ad un ritmo sostenuto e lo stesso affitto cominciava ad essere difficile da pagare. “Un amico, messicano, era appena stato prima di noi negli Stati Uniti e mi spiegò che dovevo per forza avere il Social Security Number per poter lavorare.” Ma seguire la burocrazia americana era un continuo muro contro muro, al punto da sentirsi umiliato: “È  quasi impossibile, almeno passando dalla strada della dignità, quella che non prevede di inginocchiarsi a supplicare per un lavoro sottopagato. Per questo, se il sistema ti si oppone, la strada che rimane è quella di opporsi al sistema stesso”. Nel frattempo sua moglie era riuscita ad ottenere un permesso per poter continuare i suoi studi, ma che non prevede la possibilità di lavorare. Nella stessa situazione di P. si trovano quotidianamente milioni di persone: un vero e proprio fenomeno sommerso ma noto allo stesso tempo che è ha attirato diversi giornali soprattutto in rete ad affrontare il tema . E sarà proprio un articolo di Vice ad aiutare P. a trovare i documenti: “Abbiamo preso la metro e siamo andati nello stesso posto del quale parlava l’articolo, Jackson Heights, Corona Plaza, Queens. Un quartiere principalmente abitato da messicani e indiani. C’era un ragazzo fermo per strada che non stava facendo niente. C’è stato uno scambio d’occhiate, siamo passati oltre, mi son girato a guardarlo di nuovo e di nuovo lo stesso scambio d’occhiate”. La sensazione che ha avuto, confessa, è di essere tornato a quando aveva 16 anni e per la prima volta cercava di comprare un po’ di marijuana. “Mi sono avvicinato e gli ho chiesto molto discretamente se mi poteva aiutare a trovare una ‘mica’, che in spagnolo significa ‘il plastificato’, ossia, ‘la tessera’ ”. Per qualcuno che non lo abbia mai fatto viene naturale parlare a bassa voce, guardarsi le spalle. Non per il ragazzo, che a voce alta gli ha chiesto se stesse cercando la green card. “Gli ho detto di farmi vedere un esempio del ‘prodotto’, ma la sua green card mi sembrava quella vecchia, quindi ho rifiutato per continuare a cercare.” Il secondo tentativo non spaventa più: è chiaro che in quelle strade capiti molto spesso di vedere gente come loro. L’ultima persona a cui si rivolgono è quella giusta: “Abbiamo chiacchierato un po’ e mi ha fatto il suo prezzo. Poi mi ha chiesto se avevo portato le foto, ha preso le mie informazioni personali e mi ha assicurato che quello che facevano serviva perfettamente per quello che cercavo io. L’ho pagato e ci ha detto di tornare in un’ora.” E un’ora dopo ecco i documenti. Per soli 100 dollari. “Si vede che è falso da un chilometro, ma se tenuto dentro un portadocumenti o mostrato come fotocopia, effettivamente, fa il suo sporco lavoro.”

UN CONTRATTO DI LAVORO? EBBENE SI’ – Ma si può davvero risolvere tutto con documenti falsi? Con il lavoro attuale per P. non ci sono grossi problemi, soprattutto perchè se sei un collaboratore esterno non c’è bisogno di presentare i documenti. “Se ti chiedono il social security (l’equivalente del codice fiscale italiano) gli dai il numero falso. Della green card, anch’essa fasulla, gli porti la fotocopia. È un modo per proteggere gli stessi datori di lavoro. Io lavoro come consulente esterno quindi mi pagano con un assegno e con quei soldi sono io a dover pagare le tasse. I miei datori di lavoro non hanno alcuna responsabilità“.Immigrants working agricolture Riguardo alle tasse, la legge americana specifica che un immigrato irregolare non è tenuto a pagarle. Cosa alquanto bizzarra, ma ha una sua logica. E dietro a questa logica c’è anche la consapevolezza di cosa accada nelle città americane, di come molti immigrati vivano e arricchiscano l’economia statunitense. Non hai assicurazione sanitaria, non avrai mai una pensione ma “è una cosa che serve, è parte del sistema”.
Per spiegare questa ‘tolleranza’ al mercato nero dei documenti, P. porta il suo stesso esempio: “Se addirittura pensi che ho seguito un articolo di giornale… Se è tanto evidente perché non la bloccano? Perché è l’unico modo per mantenere questo sistema di schiavitù, non lo vuoi legalizzare. Le autorità americane non sono stupide, sanno benissimo cosa succede in Jackson Heights, ma sanno anche che, fino a prova contraria, hanno bisogno di lavoratori abusivi. Chiediti anche quale americano sarebbe tanto disperato da andare a pelare patate per 12 ore di fila”. Navigando su internet sono tantissime le fonti che testimoniano il mercato dei documenti falsi. Tutti sanno che si sta parlano del Queens. 

SANCTURARY CITY – Una cosa va sottolineata: New York è una delle Sanctuary City americane, ovvero città santuario. L’amministrazione è a conoscenza che molti dei suoi cittadini sono immigrati irregolari, ma per motivi storici e ideologici opta per una politica di tolleranza invece che di contrasto. Ogni newyorchese ha la possibilità di far richiesta dell’IDNYC Municipal ID Card, un documento di riconoscimento che viene rilasciato a chiunque, immigrato regolare o meno. Lo si può mostrare alla polizia in un normale controllo per strada: “È come dire che sono immigrato irregolare ma non ti creano problemi”.
Dall’altra parte però, c’è anche un’azione di contrasto del Dipartimento dell’Immigrazione che, con un lavoro di controllo dei motori di ricerca, riesce a rintracciare tramite algoritmi risultati comeFRONTIERA AMERICANA ‘Fake IDs New York’. “Ti viene fuori la pagina dell’Ufficio Immigrazione che ti ricorda che è illegale e a cosa andresti incontro”. Utile, certo, ma un po’ come un genitore che crede di poter impedire al figlio di bere semplicemente dicendogli che fa male. “Il sistema economico americano ha bisogno del lavoratore illegale. Prima si basava sulla schiavitù, ora lo schiavo non vive più nella piantagione ma fa turni di 16 ore nelle cucine dei ristoranti”. Cercare di uscire da questo limbo può voler dire aspettare dai 10 ai 16 anni: è previsto un vero e proprio processo in cui la persona a cui è stato notificato l’atto di espulsione può chiedere perdono alla Corte per essere entrato illegalmente negli Stati Uniti. Deve dimostrare di aver vissuto in America per molti anni, aver pagato le tasse (raccolte all’interno del ‘suspence file’ che aumenta di 15 miliardi di dollari l’anno secondo il Social Security Administration) e non aver commesso crimini. Alcuni avvocati garantiscono di poter far ottenere la cittadinanza, al costo di migliaia di dollari: “Non è per tutti. Solo quelli che si possono permettere di pagare così tanto tentano questa strada. E non parliamo di sicuro di quello che lavora in cucina”. Il giovane cameriere è improbabile che riesca a raggiungere la cifra di 20mila dollari, allo stesso tempo il sistema americano non ha bisogno di lui. Ce ne sono altri mille pronti a prendere il suo posto.

Resta una domanda che sorge spontanea: perché rischiare tanto? “È un sistema che ti porta ad essere o un barbone o un mantenuto. Ho un amico che ha fatto tutto in regola ed è un anno e mezzo che aspetta un permesso di lavoro, non la green card. Molti finiscono a vivere come barboni fin tanto che non ricevono i documenti. Chi potrebbe avere una carriera decente finisce per fare il cameriere e, benché guadagni abbastanza, non riesce ad uscire da questo circolo vizioso. Quindi, o noi o loro, come si suol dire. Ho fatto in modo che il sistema, con tutte le sue regole, non mi privasse del mio valore come persona. Sono un uomo con un cervello, non un semplice documento”.

 

di Carlotta Pervilli 

1 Commento su Documenti falsi a New York: quando noi italiani diventiamo illegali

  1. Mio cugino è cittadino americano ha una ditta edile e sarebbe disposto ad assumermi ma io so che non può sponsorizzarmi se io non sono un operaio qualificato cosa potrei fare per andare in America (stato di n y)e una volta aver percepito i primi stipendi far venire la mia famiglia?

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