Il ministro Di Maio è ipocrita sul Venezuela

LA POSIZIONE DEL M5S SULLA PRESIDENZA GUAIDÒ RIVELA L'OPPORTUNISMO GRILLINO NELL'APPELLO AL PRINCIPIO DI NON INGERENZA

 

La convivenza al Governo di due diverse forze politiche ha mostrato ancora la propria criticità: questa volta a farne i conti sono stati i recenti avvenimenti venezuelani. Se infatti il ministro Salvini ha riconosciuto subito la presidenza di Juan Guaidò, Luigi Di Maio in un primo momento non ne ha legittimato la carica, per prendere una posizione piuttosto vaga. É stata premura dello stesso Di Maio e del ministro degli affari Esteri Moavero chiarire poi che il Paese si discosta dalle politiche del Governo Maduro e auspica nuove elezioni, ma senza fare il nome di Guaidó. Una prudenza che – forse – cerca di salvare l’integrità dell’etica grillina.

La mancanza di una comune visione italiana sul Venezuela ha così ostacolato la possibilità che l’Unione Europea si mostrasse compatta nel legittimare Guaidó e ha fatto dell’Italia l’unico Paese a non aver ancora riconosciuto il Presidente dell’Assemblea nazionale.

In realtà, la scelta del partito non dovrebbe sorprendere: è ben nota, infatti, la posizione dei 5 stelle in materia di politica estera. Il Movimento sostiene il principio di non ingerenza negli affari interni di una nazione, un valore espresso nero su bianco nel programma di governo, presentato alle scorse elezioni.

Tuttavia, la posizione del M5S suscita alcune perplessità. Intanto, se il principio di non ingerenza presuppone il rispetto della sovranità di uno Stato, ciò non implica anche riconoscere la sovranità dei rappresentanti del potere e, dunque, di Maduro stesso? Inoltre, recentemente il ministro Di Maio ha incontrato Christof Chalençon, uno dei leader dei gilet gialli. Essendo la Francia uno Stato sovrano e indipendente tanto quanto il Venezuela, cosa giustifica l’interesse del ministro verso gli affari interni di Parigi? Forse un certo opportunismo che rischia di smascherare l’ipocrisia pentastellata.

 

Ancora una riflessione può essere fatta sulle affermazioni di Di Maio, in merito alla questione venezuelana. Il ministro grillino ha dichiarato di non voler legittimare Guaidó perché la sua presidenza non è frutto di un voto popolare. Effettivamente, il leader dell’opposizione, da Presidente dell’Assemblea nazionale si è autoproclamato presidente ad interim del Venezuela, appellandosi ad un emendamento della Costituzione che permette al capo del Parlamento di sostituire il presidente nel caso in cui abusi dei suoi poteri.

L’ipocrisia sembra, poi, aver fatto dimenticare il contesto storico-politico del paese sudamericano. Maduro è in carica dal 2013; in sei anni di mandato ha ottenuto poteri speciali, con i quali ha delegittimato il Parlamento, creando un organo legislativo ad hoc che non fosse in mano all’opposizione. Nel mentre, ha arrestato molti imprenditori e oppositori politici, mentre il Paese affrontava una crisi economica, politica e sociale profonda. Ha sedato le forze anti-governative e rafforzato il sistema di corruzione. Alle ultime elezioni (maggio 2018), il leader chavista ha vinto con il 70%, ma i brogli elettorali, la bassa affluenza alle urne e il boicottaggio dell’opposizione hanno ampiamente invalidato i risultati, contestati sia a livello nazionale, sia internazionale. Pertanto, voler forzare la mano riconoscendo la presidenza a Guaidó deve essere letta come una mossa legittima volta a ristabilire i poteri dell’Assemblea e indire nuove elezioni libere e democratiche.

Ecco perché, di fronte l’evidente deriva autoritaria dello Stato è quantomai allarmante che l’unica giustificazione che Di Maio riesce a fornire nel delegittimare Guaidó è che Maduro, a differenza del primo, è espressione del consenso popolare. In primis, pensare che la vittoria del chavista sia avvenuta in un clima di libere votazioni è un insulto ai venezuelani stessi. Ma anche considerando legittima quell’elezione, il Governo Maduro è l’antitesi della democrazia, tanto rivendicata dal Movimento. Riconoscere quella vittoria significa, dunque, accettare di fatto che una dittatura e i suoi metodi dilaghino.

Il M5S si è spesso vantato di essere il Movimento del popolo. Rispettando l’indipendenza politica dei venezuelani e il loro diritto a pretendere libere elezioni, il partito ha però commesso l‘errore più grande di tutti: credere che quella indipendenza sia a garanzia dei cittadini e non piuttosto di chi è al potere.

Di Martina Santi 

1 Commento su Il ministro Di Maio è ipocrita sul Venezuela

  1. Paolo Solimeno // 10 marzo 2019 a 11:56 // Rispondi

    Contesto i giudizi dell’articolo: gli aspetti più gravi (che Maduro sia stato eletto con brogli e che abbia esautorato l’assemblea legislativa) sono affermati senza dettagli. Di fatto Maduro aveva sì invitato l’alta corte a sciogliere l’assemblea subito dopo le elezioni, ma poi ci ha ripensato e l’assemblea è rimasta in carica. L’assemblea costituzionale è prevista dalla costituzione.
    Alle elezioni di Maduro del 2018 non ci sono stati brogli, gli osservatori internazionali presenti non hanno fatto alcuna denuncia, ma Trump e altri stati anti-Chavez da sempre ripetono questa menzogna senza prove.
    Il rispetto del principio di non ingerenza dovrebbe suggerirci di guardare al Venezuela come un semplice paese strozzato dal “blocco” commerciale voluto dagli USA con ricatti e da un atteggiamento dell’UE che pure è ambiguo, invia qualche milione di aiuti, ma blocca ben 10 miliardi di euro delle transazioni petrolifere che spetterebbero al Venezuela.

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