Essere studenti lavoratori è fattibile? Altro che choosy

STUDIARE LAVORANDO: SACRIFICI E TANTO CAFFE' PER STARE SVEGLI, MA CONVIENE?

Sentiamo dire che i giovani italiani non hanno voglia di lavorare: un pregiudizio tipico delle generazioni passate, poco sensibili e attente alle insicurezze dei giovani. La verità, però, è che i giovani italiani non sono “choosy” (esigenti) come li aveva descritti l’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, suggerendo di “non essere troppo schizzinosi e di diventare maestri nell’arte di accontentarsi. I 30enni di oggi arrivano da una lunga serie di false promesse sul loro futuro, quando il sogno venduto era quello del “se vuoi tutto è possibile”. Ma è davvero così? Oggi lo sappiamo bene, no non lo è, ma intanto resta la speranza: la speranza che quel pezzo di carta che si chiama laurea possa garantire un futuro per lo meno ‘dignitoso’.

In un mercato del lavoro sempre più competitivo e selettivo, conseguire un titolo di laurea è infatti più che mai importante: un requisito fondamentale per aspirare alle posizioni lavorative migliori. Iscriversi all’Università in Italia può però comportare dei costi non indifferenti e non solo in termini economici. Per questo motivo molti studenti scelgono di accettare lavori di vario genere per potersi permettere di proseguire il proprio percorso di studi. Chi è fortunato riesce a trovare un’occupazione affine al proprio ambito universitario, ma sono in moltissimi a doversi accontentare di un lavoro temporaneo, finalizzato al puro e semplice guadagno economico. Ma combinare studio e lavoro conviene davvero agli studenti? Da un lato, l’esperienza lavorativa può aiutare ad arricchire il proprio curriculum e ad acquisire capacità utili per il futuro. Dall’altro, le difficoltà che tale scelta implica sono diverse e complicate.

SEMPLICI STUDENTI… – C’è chi sceglie di dedicarsi solo allo studio. Per alcuni studenti il connubio studio e lavoro, di questi tempi, non rappresenta una scelta saggia. Questa è l’idea di Andrea, come di altri (molti) suoi colleghi, studente del corso di laurea magistrale in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Il suo punto di vista è sicuramente sensato, ed è quello di un ragazzo di 23 anni che ha deciso da subito di dedicare completamente il suo tempo alla vita accademica. Certo, farsi mantenere dai genitori può essere frustrante ed è chiaro che molte famiglie non abbiano la stessa disponibilità economica. Ma c’è chi vede in questo approccio un investimento a lungo termine per assicurarsi almeno in teoria un buon futuro. “La decisione di fare dello studio la mia priorità è stata ponderata, ma la mia famiglia mi ha sostenuto in tutto e per tutto – continua Andrea – Ad oggi, sono felice dei miei risultati accademici, e non credo che lavorando durante la triennale avrei potuto raggiungerli”. Lavorare, qualunque sia l’attività scelta, comporta una spesa in termini di tempo ed energie. Molti, potendoselo permettere, decidono di evitare questo sacrificio. Ciò è del tutto comprensibile.

Come detto, non è però solo una questione di soldi. Immaginate di seguire otto ore di lezione, divise tra mattina e pomeriggio con una mezz’ora di pausa pranzo. Magari un allegro corso di analisi 2, o un paragone tra il pensiero di Platone e quello di Rousseau sul concetto di proprietà. Stimolante? Certo. Leggero? Non proprio. Chi potrebbe svolgere qualsiasi tipo di lavoro in maniera efficiente con questo tipo di impegno sulle spalle? E soprattutto, chi sarebbe disposto a farlo per poche centinaia di euro? “La mia preoccupazione principale è sempre stata la gestione delle mie energie. Lavorerei volentieri se gli stipendi e gli orari proposti mi consentissero di dare un contributo significativo alle mie spese, dedicando qualche ora allo svago. Ma non è così” conclude Andrea. Sia ben chiaro: studiare non è semplice, ma nemmeno impossibile. Esistono attività ben più usuranti dello stare dietro ad un banco. Ciò non toglie che un lavoro a tempo pieno, per gli studenti che decidono di frequentare l’università, richieda uno sforzo non indifferente.

…MA ANCHE LAVORATORI- Evidentemente, tuttavia, qualcuno sceglie ancora di studiare dedicando parte del proprio tempo ad un’attività professionale di qualche genere. Mariaelena, ad esempio, è una neolaureata Unipr che all’età di 20 anni, dopo aver lavorato per 11 mesi in un’agenzia assicurativa, ha deciso di iscriversi ad architetturamantenendo un impiego part time come hostess a fiere, eventi e congressi. La ricerca di nuovi stimoli è stata la sua principale motivazione, seppur lo stipendio fosse sufficiente a coprire le spese di benzina e materiali didattici. “Coniugare lavoro e studio è stato molto difficile”, continua Mariaelena, che però avrebbe preferito affiancare agli studi un lavoro più funzionale al suo corso universitario. Il suo consiglio è proprio questo: cercare di rimanere nel proprio ambito di studi, al fine di arricchire il curriculum e soprattutto di acquisire delle competenze utili per una professione futura e, almeno in teoria, più stabile.

Massimo, invece, è uno studente part-time di informatica e lavoratore a progetto da diversi anni con agenzie di comunicazione come sviluppatore web. L’Università di Parma riconosce a chi lavora la possibilità di seguire la metà delle lezioni e permette di concludere un anno accademico in due anni. In questo modo il carico di studio viene alleggerito e Massimo è proprio uno degli studenti che ha sfruttato questa opportunità. “Dei sacrifici ci sono – racconta dallo studio in tarda serata, magari con la sveglia presto la mattina seguente, agli spostamenti frequenti e allo stress. Ma alla fine bastano due o tre caffè per mantenersi svegli. Ho scelto l’Università semplicemente perché sapevo di avere bisogno di approfondire delle conoscenze che avevo già acquisito lavorando. Da autodidatta non sarebbe stato facile mantenere un ritmo di studi adeguato e soprattutto penso che un insegnante competente possa darmi molto di più, a livello culturale, rispetto ad un libro o ad un articolo on-line”. Quelle di Massimo sono parole decise e piene di ottimismo, ben lontane dai comportamenti pigri e troppo selettivi che vengono sovente attribuiti alle nuove generazioni. Non vi pare?

Essere studenti e lavoratori allo stesso tempo non è quindi impossibile: difficile sì, ma realizzabile anche se con tanti sacrifici. Questo anche perché alcune università – inclusa quella di Parma – offrono agevolazioni (come la già citata possibilità di frequenza part-time e l’inclusione di lezioni on-line riassuntive). Il vero sacrificio consiste piuttosto nella rinuncia al tempo libero, ridotto all’osso da due impegni significativi come quello accademico e quello professionale. Il caso di Massimo è rappresentativo della situazione odierna e il suo apprezzamento verso il corpo docenti dell’Università di Parma può rassicurare anche i più scettici : si può studiare (se ben motivati) pur essendo lavoratori.

ITALIANI IN FUGA – “Quando mi sono avventurata nel mondo lavorativo inglese, trasferendomi per due anni a Londra, mi sono resa conto di tutti gli aspetti che lo rendono diverso dal nostro”, racconta ancora Mariaelena. L’ingresso nel mondo del lavoro in Inghilterra, una volta terminato il percorso di studi ha reso subito evidente che gli studenti-lavoratori esistono ancora, ma che pochissimi vengono dall’Italia. “I CV italiani – continua – Sono molto meno forniti di esperienze lavorative, rispetto per esempio a quelli dei giovani inglesi. Questo avviene proprio perché il sistema universitario italiano tende a prediligere un approccio più teorico, rispetto ad università straniere come quella francese, americana e inglese”.

Probabilmente gli ambienti accademici italiani dovrebbero ragionare sul proprio funzionamento, indirizzando l’istruzione verso metodi più pratici, alleggerendo le bibliografie e promuovendo invece attività laboratoriali più concrete. In sostanza,  dare maggiore possibilità agli studenti di fare pratica potrebbe essere una strada vincente. L’ultima considerazione di Mariaelena riguarda proprio questo aspetto: “Al fine dell’inserimento lavorativo, le esperienze di lavoro part-time durante gli studi sono fondamentali. Dovrebbe esistere un sistema che incoraggi naturalmente la continuità tra studio e lavoro. Vivendo in Inghilterra negli ultimi due anni, ho avuto modo di capire che negli atenei italiani manca la promozione di programmi di job-placement efficaci. Detto in soldoni: sacrificare una parte di teoria e sostituirla con più tirocini, anche non retribuiti, sarebbe vantaggioso per gli studenti”.

Insomma, è possibile e conviene studiare e lavorare allo stesso tempo? Sì, anche se capacità organizzative e spirito di sacrificio sono pregi indispensabili per chi fa questa scelta. È bello pensare che la fatica paghi, anche se non sempre in contanti.

 

di Giacomo Checchin