L’origine del Covid-19? Un mistero quasi risolto

ERRORE UMANO, ARMA CHIMICA, O VIRUS DI ORIGINE NATURALE? DUE ESPERTI DI MICROBIOLOGIA PROVANO A FARE CHIAREZZA 

 

Nelle prime settimane di diffusione del virus, circolavano già varie teorie complottiste riguardo la dubbia origine del Covid-19. La comunità scientifica tardava a dare risposte chiare, verificate, e la settimana scorsa Mike Pompeo, il segretario di Stato USA, ha riaperto questo dibattito addossando tutta la colpa dell’epidemia alla Cina, sostenendo che con buone probabilità il contagio ha avuto origine dal laboratorio di Wuhan e che dovranno essere fatte delle indagini per fare chiarezza su questo caso.

Oggi però la comunità scientifica sembra essere compatta su un’altra versione: l’origine è naturale, tramite zoonosi, cioè un’origine animale. Ciò nonostante si stanno diffondendo notizie che vanno dalla teoria della non esistenza del virus alla creazione del Covid-19 come arma chimica. Il professor Walter Magnani, docente di microbiologia presso l’Università di Parma e la professoressa Maria Ossiprandi, docente di microbiologia e immunologia veterinaria presso lo stesso ateneo ci spiegano meglio cosa si sa fino ad oggi su questo virus.

E’ NATO IN LABORATORIO? – “Le ipotesi che si stanno facendo sono essenzialmente tre, la prima è l’ipotesi dei complottisti, cioè che i cinesi hanno deliberatamente creato questo virus e l’hanno rilasciato, che credo sia quella più facilmente confutabile, perché sarebbe stato sciocco se non stupido da parte dei cinesi mettere a punto un virus che li ha colpiti per primi. Questa penso sia la tesi che possiamo scartare più facilmente, anche se qualcuno per ragione di tipo politico la sta cavalcando” spiega il professor Magliani.

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Questa è una teoria che si è presto diffusa sul web e sui social network, sostenuta anche da autorità come il segretario di Stato degli Stati Uniti, Mike Pompeo, e dallo stesso presidente Trump. In Italia, invece, trova approvazione tra alcuni leader dell’opposizione. Pompeo sostiene ci siano prove sostanziali che il virus sia nato nel laboratorio di Wuhan e che sia necessaria un’indagine sulla gestione cinese dell’emergenza. I motivi di queste dichiarazioni sono principalmente due. In primo luogo il presidente statunitense vuole scrollarsi di dosso alcuni errori fatti nella gestione dell’emergenza sanitaria, come il ritardo nell’intraprendere misure di lockdown. In secondo luogo dobbiamo ricordare che è in corso una nuova ‘guerra fredda’ tra Stati Uniti e Cina, nella quale entrambe le superpotenze vogliono affermare la propria supremazia politica e commerciale. Il tema del virus è perfetto per diffondere un’immagine ‘malvagia’ del nemico, all’opinione pubblica. Tra l’altro non sarebbe la prima volta che le fake news vengono usate a questo scopo.

“Da parte del mondo scientifico questa è un’ipotesi che viene bocciata, con cui è in disaccordo anche il dott. Fauci, immunologo della task force statunitense per la gestione per la gestione dell’emergenza sanitaria – continua Magliani – A riguardo di questa ipotesi l’unica alternativa che possiamo considerare possibile è che il laboratorio di Wuhan stesse lavorando con un Coronavirus particolare e che questo sia sfuggito da laboratorio involontariamente, cosa che non possiamo in assoluto scartare, anche se questo tipo di laboratori hanno sistemi di contenimento e sicurezza molto elevati”.

I LABORATORI SONO SICURI? – Lo studio, l’analisi, la modifica e il rimaneggiamento di virus o batteri non è di certo una novità o un segreto nascosto all’opinione pubblica. Nel mondo, infatti, ci sono circa quaranta laboratori di massima sicurezza, denominati P4 come quello di Wuhan, che studiano i virus più pericolosi, come l’Ebola, i vari tipi di Coronavirus e l’Aids. La ragione di tali laboratori non è la creazione di armi batteriologiche o chimiche, ma semplicemente la ricerca scientifica, al fine di trovare possibili cure alle malattie. In passato, è capitato che un virus fuggisse da un laboratorio infettando persone, ma si è trattato di casi rari e circoscritti.

A sostegno della teoria del laboratorio, è interventuo anche il premio Nobel alla medicina Luc Montagnier, secondo cui il virus è stato creato dall’uomo e sviluppato a partire dall’Aids. A riguardo risponde il professor Magliani: “Credo che il mondo scientifico abbia già ampiamente risposto nel considerare tale idea un po’ ‘balzana’. Il sequenziamento dei genomi di Coronavirus e di altri virus, compreso HIV, ha permesso di rilevare che alcune brevi regioni di tali genomi possono avere sequenze comuni. Questo non vuol dire che siano stati manipolati in laboratorio, ma che si sono diversificati in natura nel corso dell’evoluzione. In un recente passato Montagnier ha espresso opinioni alquanto discutibili anche sulle vaccinazioni. Quindi, rispetto per il premio Nobel, ma non è detto che le sue opinioni siano sempre le più corrette!“.

L’ORIGINE ANIMALE: IL SALTO DI SPECIE – “L’ipotesi più condivisa dal mondo scientifico è quella della selezione naturale, cioè che si tratti di un virus che è passato all’uomo in seguito a fenomeni del tutto naturali, dato che i Coronavirus sono soggetti alla mutabilità. La teoria più accettata sarebbe l’origine del virus da un pipistrello, che poi sarebbe passato a un ospite intermedio, di cui l’ipotesi più accreditata è quella del pangolino, e infine dal pangolino all’uomo. Questa ipotesi è sostenuta dal fatto che nei virus che sono stati isolati da questi animali ci sono delle sequenze molto simili a quelle del Coronavirus che poi è passato all’uomo” spiega il professor Magliani.

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Si tratta quindi di un adattamento di un virus animale all’uomo, noto come ‘salto di specie’, che è il modo più frequente con la quale nascono i virus. Questa tesi è sostenuta anche dalla professoressa Ossiprandi, che specifica: “Il salto di specie avviene solitamente con una trasmissione diretta da animale a uomo con scambio di fluidi corporei. Inoltre, alcuni virus possono anche essere trasmessi mangiando carne di animali infetti. Quest’ultimo punto è fondamentale perché nelle dinamiche culturali cinesi e asiatiche vi è anche il cibarsi di carne e pesce crudo che possono facilitare la trasmissione di alcuni tipi di virus”.

Oltre a queste ipotesi, ce n’è però un’altra, come sottolinea Magliani: “Il virus potrebbe essere passato in una versione diversa dall’animale all’uomo e poi nell’uomo abbia subito una serie di mutazioni che l’hanno adattato al meglio. Questa ipotesi sarebbe sostenuta dal fatto che questo virus stia circolando da un po’ di tempo nell’uomo: si ritiene almeno dalla metà di novembre in Cina”. Dunque le possibilità rimangono principalmente due, cioè un passaggio pipistrello-pangolino-uomo, oppure il più complesso pipistrello-pangolino-uomo in una versione ‘debole’ del virus, a cui ha seguito una sua mutazione in una forma più forte e pericolosa nell’uomo.

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PERCHE’ I VIRUS HANNO ORIGINE DALLA CINA? – “Innanzitutto, non tutti i virus vengono dall’Asia, ma vengono anche da altre parti del mondo. In Asia però ci sono ancora varie aeree di biodiversità e inoltre ci sono canoni igienici molto bassi rispetto ai nostri. Per noi sarebbe assurdo commercializzare o macellare un cane, un pipistrello o addirittura un ratto. Nel rispetto delle tradizioni locali di ogni paese dovremmo mantenere alto il canone del livello igenico-sanitario” spiega la docente Ossiprandi.

Dal punto di vista scientifico non è veritiero che tutti i virus provengono dalla Cina, ad esempio la Mers o l’Ebola provengono rispettivamente dal Medio Oriente e dall’Africa occidentale. In queste aree del mondo, le scarse norme igieniche, il contatto fra animali selvatici e l’uomo e la mancanza di un sistema sanitario adeguato sono tutti fattori che contribuiscono alla nascita e diffusione dei virus.

Un altro problema sono i wet market, mercati dove vengo commercializzati animali (vivi e morti) e dove ne avviene anche la macellazione. Ma pensare di mettere al bando tale pratica non è semplice, perché in molte aree del mondo, in particolare Asia e Africa, i wet market sono l’unico modo che le persone hanno per comprare e vendere cibo. A riguardo, il docente Magliani aggiunge: “In paesi in cui non ci sono frigoriferi e congelatori, la carne non può essere conservata, se non tenendo gli animali vivi e macellandoli al momento quando servono. Si tratta di tradizioni che è difficile sradicare, quindi si potrebbe anche chiudere il mercato di Wuhan ma poi ci sarebbero altre migliaia di mercati più difficili da bandire. Chiudendo quelli ufficiali ci sarebbero sempre quelli illegali“.

IL PROBLEMA ECOLOGICO – “La deforestazione, la distruzione degli ecosistemi e lo sconvolgimento degli equilibri naturali hanno avuto un peso sulla diffusione del Covid-19. – spiega la professoressa Ossiprandi – Possiamo dire che lo sfruttamento della fauna selvatica e degli habitat naturali rappresentano la base della zoonosi, cioè delle malattie animali trasferibili dagli animali all’uomo. Inoltre, vediamo che il virus ha avuto un’incidenza maggiore di casi nella pianura padana rispetto ad altre aree. L’ipotesi che si può fare è che il forte inquinamento di quest’area ha reso più sensibile l’apparato respiratorio degli individui”. Non solo: uno studio realizzato dalla SIMA (Società italiana di medicina ambientale), in collaborazione con l’Università di Bologna e quella di Bari, ha evidenziato come i particolati fini dello smog agiscano da vettori di trasmissione e diffusione del virus.  

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Insomma, se  è vero che il salto di specie è favorito dal contatto uomo/animale, allora è necessario che il problema dello squilibrio degli ecosistemi diventi centrale. “I cambiamenti climatici in corso ci hanno portato anche alcuni nuovi potenziali vettori di virus, ad esempio la zanzare tigre che una volta non era presente in Italia e che potrebbe in futuro portare il virus Zika o la febbre gialla” continua Ossiprandi.

E siccome la globalizzazione ha reso il mondo molto più collegato, è importante che gli Stati si dotino di strutture utili per la prevenzione e cura dei virus e di efficienti protocolli di sicurezza: “Bisognerebbe mettere in atto una raccolta di dati, creando un database globale dei ceppi virali che sono stati isolati. Ogni paese del mondo dovrebbe, una volta individuato un virus, mettere a disposizione alla comunità scientifica internazionale tutte le sequenze scoperte durante queste ricerche. Se questo si fosse fatto subito, probabilmente avremmo avuto un numero di casi inferiore, meno morti e adesso saremo anche avvantaggiati nella ricerca di un vaccino. Oltre questo, ripeto che sarà necessario ripensare al nostro rapporto con la natura. Mi auguro che passi un messaggio chiaro, di una riflessione globale sul nostro essere, sul nostro vivere in un’ottica di sostenibilità in tre dimenisioni: ambientale/ecologico, economico e anche etico sociale”, conclude Ossiprandi.

 

di Davide Sereni