Superlega dalle stelle alle stalle

L'dea che stesse realmente per nascere la Superlega ha scosso il mondo. In un paio di giorni il retrofront. Da cosa è nata la decisione di cambiare il calcio mondiale e come ha fatto a perdersi in un lasso di tempo così ridotto?

 

Lo scorso 19 aprile il mondo dello sport è stato scosso da un comunicato ufficiale che dava il via alla Superlega. Una competizione per club alternativa alla Champions League che avrebbe riunito le migliori squadre europee in una sorta di campionato di super élite: un progetto al quale da diverso tempo stavano lavorando alcuni dei più influenti presidenti del calcio continentale, guidati da Florentino Perez.

Senza preavviso tutti gli amanti del calcio si sono trovati di fronte ad una notizia epocale, che avrebbe cambiato lo sport più seguito al mondo, per sempre. La nuova competizione sarebbe stata composta da 20 squadre, 15 sarebbero entrate di diritto per meriti storici e altre 5 determinate stagione per stagione da un meccanismo di qualificazione ancora non definito. Inizialmente i club fondatori erano 12: tre italiane, Juventus, Inter e Milan, assieme a Manchester United, Manchester City, Liverpool, Chelsea, Tottenham, Arsenal, Real e Atletico Madrid e Barcellona. Degli altri tre club aventi diritto alla partecipazione il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund hanno rifiutato di entrarvi, mentre il PSG non è stato invitato da subito, con l’obbiettivo di inserirlo in seguito.

Un fuoco di paglia durato un paio di giorni

L’idea strutturale consisteva nella divisione dei 20 club in due gironi da dieci squadre. Nella prima fase erano previste partite di andata e ritorno. Al termine dei due gironi le prime tre di ciascun raggruppamento sarebbero passate direttamente alla fase a eliminazione diretta, mentre quarte e quinte in una sorta di playoff. Si sarebbe arrivati ad 8 squadre pronte a sfidarsi nei quarti di finale, con partite di andata e ritorno. La finale si sarebbe disputata in partita secca in una sede scelta ogni anno. Gli accoppiamenti dei quarti di finale sarebbero stati determinati dalla classifica dei due gironi. Le prime di ogni gruppo contro le vincenti dei playoff, le seconde invece accoppiate alle terze. Nella nuova Superlega le partite minime garantite a una singola squadra sarebbero state 18, fino ad un massimo di 25 in caso di finale, molte se confrontate a quelle garantite dall’attuale Champions League (6, con un massimo di 13).

Le ragioni? Chiaramente economiche. Secondo le prime fonti questo campionato elitario avrebbe garantito ai club circa 350 milioni per la partecipazione, più circa 260 garantiti annui, e un miliardo in caso di vittoria. A finanziare la Superlega ci avrebbe pensato la banca americana JP Morgan, disposta a fornire per contributo una tantum pari a 3,5 miliardi di euro a supporto dei piani d’investimento in infrastrutture e per bilanciare l’impatto del Covid. Altri 3 miliardi sarebbero stati versati come anticipo sui ricavi, la stima era che si potesse arrivare a un totale di 10 miliardi nel lungo periodo, il triplo rispetto a quanto garantito dalle attuali Coppe europee. NDR (cifre approssimative, legate alle prime fonti uscite, non certe).

La risposta immediata di Fifa e Uefa e Eca? La comunicazione tempestiva per cui le squadre coinvolte non avrebbero potuto partecipare ai loro tornei e che i giocatori non avrebbero più potuto rappresentare la loro nazione. Insomma: le migliori squadre al mondo escluse da campionati nazionali e competizioni europee, e tutti i loro giocatori fuori dalle nazionali.

fonte Facebook

Alle proteste è seguito il repentino retrofront dei club

Il progetto non è andato in porto. Alla minaccia di cambiare il calcio per come lo si conosce non è mancata la risposta da parte di tutti gli amanti del calcio. Numerose critiche da tutto il mondo, anche da parte di personaggi di spessore, come il ministro inglese Boris Johnson, o Macron per citarne qualcuno. Inoltre sono state molte le manifestazioni contrarie al progetto, la più eclatante quella dei tifosi del Chelsea fuori dallo stadio, tra cui Peter Cech, ex portiere dei Blues, i quali nonostante il pareggio hanno esultato alla comunicazione dell’uscita dalla Superlega da parte della loro squadra del cuore. I feedback negativi sui social non sono mancati, anzi, migliaia di commenti hanno intasato i post dei club partecipanti, tutti con lo stesso slogan, No alla Superleague. Diversi giocatori, anche appartenenti ai club fondatori, si sono esposti pubblicamente contro questo progetto, come quelli del Liverpool guidati dal capitano Henderson. Contrari anche allenatori e chiaramente le società non partecipanti.

Da qui l’inizio della fine. Le squadre inglesi si sono tirate indietro, seguite dalle italiane, Milan e poi Inter. Il presidente Agnelli vedendo questo retrofront generale si è dovuto dire impossibilitato nella costruzione della competizione. La quale, a meno di clamorose sorprese, non diverrà concretezza, almeno per ora. Un fuoco di paglia insomma.

La domanda sorge spontanea: e se fosse stato uno stratagemma per ottenere più incentivi economici da parte della Fifa e del Uefa?

Filippo Pirisi, avvocato e agente sportivo cagliaritano, riguardo ai motivi che hanno portato a questa decisione spiega: “Ovviamente solo le dirette interessate li conoscono, quindi posso solo dare il mio pensiero personale. Credo che i motivi possano essere molteplici, e vanno da quelli economici, basti pensare ai diritti televisivi che, ormai, stanno raggiungendo le cifre minime storiche, fino ai vari indotti indiretti, a quelli più prettamente politici affinché, per così dire, si abbia un riconoscimento anche formale, e non più solo ipotetico, delle squadre realmente appartenenti al gotha europeo.”

fonte Facebook

Parisi continua poi spiegando: “E’ difficile dire se i club avessero preventivato che il progetto non sarebbe andato in porto. Credo che la situazione attuale abbia spinto le società fondatrici a compiere quest’ultimo passo, anche a costo di accelerare su un’ipotetica scaletta di marcia. L’idea di base, anche credibile, era quella di creare un modello che desse maggiore stabilità alle società interessate e, perché no, anche un nuovo prodotto per i consumatori mondiali, ma penso che allo stesso tempo non si aspettassero una reazione così forte da parte dei tifosi e neanche un abbandono così repentino dei Team che hanno fatto il passo indietro. Sinceramente non penso ad alcun tipo di ritorsione nei confronti di Fifa o Uefa, ma credo che, come già detto, vi fosse solo l’intenzione di creare un nuovo format, per certi aspetti forse più appetibile, a riposizionarsi sul mercato con una nuova iniziativa.”

Questa marcia indietro ha attualmente bloccato la nascita della Superlega, ma non è detto che le speranze dei promotori siano finite, infatti: “Visto il repentino abbandono della maggior parte delle Società fondatrici e l’importante reazione che c’è stata, basti pensare in Italia alla modifica delle NOIF, secondo me al momento credo che questo progetto sia stato se non proprio accantonato quantomeno messo in standby per poi rivalutare un lancio con un impatto più soft.”

Lo scossone sicuramente è stato forte per tutti, ed è risaputo che i Club più potenti siano maggiormente indebitati e abbiamo bisogno di un sostegno economico. Le lamentele silenziose mosse verso gli organi competenti negli anni sono state molte, soprattutto da quando il Fair Play finanziario si insinua sulle ricche tasche dei proprietari delle società. Questa situazione creatasi potrebbe far sì che Fifa e Uefa rivalutino certe scelte e tengano maggiormente in considerazione i fattori legati sia allo spettacolo offerto dalle competizioni sia al denaro che esse possano portare alle tasche delle squadre, attraverso per esempio una distribuzione diversa dei diritti Tv.

I presidenti dei Club interessati sicuramente avevano i loro motivi per credere che questa soluzione potesse portare beneficio al calcio, come detto dagli stessi Agnelli e Perez, questi ultimi ora sotto la lente d’ingrandimento della Uefa che sta pensando di sanzionare i club pionieri del movimento.

di Gianmarco Borettini