Massarenti alla Feltrinelli: istruzioni per la felicità dal pensiero antico

IL FILOSOFO PRESENTA IL SUO ESERCIZIARIO: "NESSUNO E' MAI INFELICE SE NON PER COLPA SUA"

Massarenti libro“È un libro che tocca un tema attuale perché la letteratura, il cinema stanno in questi anni difficili riflettendo su cosa sia la felicità. In fondo tutti noi chiediamo solo di essere felici. È  un qualcosa di soggettivo, qualcosa di relativo, non sapremmo dire bene quali possano essere le componenti che ci possano portare alla felicità, però siamo sicuri che il nostro obiettivo vuole essere quello”. Così Michele Guerra, professore di Cinema americano all’Università di Parma, introduce il libro del filosofo ed epistemologo Armando Massarenti, ‘Istruzioni per rendersi felici. Come il pensiero antico ci salverà’, presentato lo scorso giovedì alla Feltrinelli di Parma, in via Farini.

Il libro di Massarenti vuole essere una sorta di eserciziario in grado di aiutare il lettore a ritrovare la propria felicità ripercorrendo il pensiero dei filosofi antichi, spesso ritenuti ormai lontani dalla nostra contemporaneità ma molto più vicini a noi di quanto non si pensi. I primi testi filosofici fino all’età ellenistica, infatti, non erano dei veri e propri trattati, ma degli eserciziari, appunto, come gli scritti dell’imperatore romano Marco Aurelio e dello schiavo Pitteto. “È più facile parlare di grandi temi filosofici – interviene Massarenti -, ma è più complicato, quindi un esercizio più utile, partire dalle piccole cose, da episodi che apparentemente non hanno niente a che fare con la filosofia”. Per i filosofi antichi, come spiega l’autore nel suo libro, la felicità era una scelta di vita che prevedeva un esercizio da imparare lentamente, un po’ per volta, prima di portarlo a termine.

Poi introduce il cuore del tema analizzato, citando una frase del filosofo francese Michel de Montagne: “Nessuno è mai infelice per tanto tempo se non per colpa sua”. La nostra felicità, quindi, come insegna il testo, dipende di più dalle nostre caratteristiche interne, piuttosto che da fattori esterni. “Questo significa che un’arte della felicità è possibile e doverosa- spiega Massarenti – , perché se è per colpa nostra, vuol dire che qualcosa possiamo fare ed è quello che ci dicono i filosofi antichi”. Se l’idea di felicità, poi, è associata all’accumulo, per cui più si ha e più ci si sente felici, il pensiero antico insegna l’arte dell’essenzialità, che tende a uno sforzo continuo di eliminare ciò che è superfluo. Ciò vale anche per l’esercizio della scrittura, come spiega l’autore: “Un esercizio me l’ha suggerito Paolo Rossi, che aveva fatto un decalogo su come si tiene una conferenza. Diceva che una regola per la scrittura è che bisogna scrivere subito la cosa che in uno scritto ci deve essere sicuramente, una frase che non può non esserci. E questo è un esercizio di essenzialità perché significa che tu parti subito con un’idea abbastanza chiara. Il secondo – continua Massarenti – è rileggere tutto quello che si è scritto e togliere tutto ciò che deve essere tolto”. “Togliere senso è importante, perché, come spiegano le scienze cognitive, tendiamo sempre a cercare un nesso di causa-effetto in cose che non ce l’hanno, come per la superstizione”.

Il testo di Massarenti, nel capitolo ‘Politica e giustizia’, tratta anche il tema della felicità a livello sociale, il bene comune: “In questo capitolo reinterpreto la questione di Eraclito del «tutto è guerra», che è un esercizio di realismo in fondo, perché il punto interessante del ragionare, anche in termini di filosofia, del bene comune è partire dalla constatazione di quanta conflittualità c’è nella nostra società”. Riprendendo poi il filosofo inglese Stuart Hampshire, l’autore sostiene che “la vera saggezza sta nel contenere i conflitti, pur nella consapevolezza che risorgeranno da altre parti”. E facendo riferimento all’attentato alla sede del giornale satirico francese ‘Charlie Hebdo’ riflette: “Pensate alle idee sbagliate che possiamo avere della felicità pubblica; possiamo avere degli ideali di perfezione, come nel caso degli attentatori di Parigi, che sono animati da un’idea di perfezione, da motivazioni sulla carta nobilissime, di una società finalmente giusta. Ma quest’idea è pericolosissima, non è saggia, e ha portato a dei disastri. C’è una visione sbagliata – sostiene Massarenti- del rapporto tra mezzi e fini; se io ho dei fini così alti per una società perfetta, senza conflitti, egualitaria, nessun mezzo è ritenuto inadeguato per ottenere questi fini. Per capire cos’è il bene comune – conclude- occorre prima avere una visione realistica di che cos’è la conflittualità”.

Essere arrivati alla quinta edizione del libro di Massarenti, infine, significa che c’è ancora bisogno delle “Istruzioni per rendersi felici”, e che nell’era delle grandi innovazioni digitali, la filosofia è ancora la prima scienza capace di metterci allo specchio e renderci consapevoli delle scelte, giuste o sbagliate, che ciascuno di noi deve necessariamente compiere per recuperare l’essenza della felicità.

di Francesca Matta

Foto di Chiara Corradi