Studenti No Green Pass: scopriamo chi sono e come si muove il gruppo di Parma

I membri del movimento degli studenti contro il certificato verde da mesi protesta nelle piazze di tutta Italia contro il certificato verde. Per capire chi sono e come sono organizzati e cosa chiedono, abbiamo intervistato due esponenti dell'organizzazione di Parma

Visti i recenti e numerosi movimenti di protesta che hanno interessato, tra le altre, anche la nostra città, Parmateneo si è interrogata su quale fosse la componente No Green pass all’interno dell’Università di Parma. Cercando di fare luce su chi rappresenta il movimento tra gli iscritti all’Ateneo abbiamo contattato e intervistato due esponenti del gruppo locale del movimento. 

Il movimento Studenti contro il Green pass a Parma

Il movimento Studenti contro il Green pass nasce, come sottolineato anche al primo punto del loro manifesto “in seguito all’emanazione del D.L. 111 del 6 agosto 2021 e all’introduzione dell’obbligo di possedere la certificazione verde per il personale e per gli studenti delle università italiane”, definendosi come “una rete di movimenti autogestiti nati sul territorio nazionale e nelle singole città universitarie”. 

A Parma Luca Lombardo, studente dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ma membro del movimento parmense (perché nato e cresciuto in città) spiega che “l’effettiva concretezza del gruppo nasce i primi di settembre, con l’avvicinarsi delle lezioni”. 

Insieme a lui, abbiamo intervistato anche Marianna Zema, studentessa dell’Università di Parma che, come Luca, è tra i membri più attivi. Non sono però veri leader del movimento perché, come spiegano, “la leadership è condivisa totalmente. Non esiste un capo, tutti decidono insieme”. 

Organizzazione del gruppo cittadino

La piattaforma più utilizzata per la comunicazione tra i membri – sia a livello nazionale che locale – è Telegram. Il canale principale del movimento, che comprende persone da tutta Italia, conta circa 9600 membri.

Per quanto riguarda Parma, invece, è necessario fare una distinzione tra due gruppi: il primo, chiamato Chat Studenti UniPr Contro il Green Pass, ha 415 membri. Mentre il secondo, definito degli “operativi”, ne conta 60.

“Abbiamo un gruppo generale in cui accettiamo tutti: mamme, docenti, liceali; dentro c’è anche gente che non è studente. Lì c’è libera discussione di tutti. Poi abbiamo un sottogruppo derivato da quello e siamo gli ‘operativi’, circa 60 persone. Quelle che si ritrovano, propongono iniziative e sono più attive”. 

I cosiddetti “operativi” sono a loro volta suddivisi in diversi sottogruppi, ognuno con un referente.

Intervento di un membro del movimento durante una manifestazione in Pilotta (fonte: gruppo Telegram Studenti UniPr Contro il Green Pass)

Il gruppo “Piazza”, il cui referente è proprio Luca, si occupa del coordinamento delle attività durante le proteste del sabato e della collaborazione con le altre realtà di Parma, come il gruppo dei lavoratori o quello dei sanitari. Dall’inizio di settembre ad oggi ogni sabato sono stati presenti alle proteste delle 16:00 in piazza Garibaldi (prima della nuova disposizione della ministra Lamorgese che ha istituito zone sensibili in cui non si può manifestare) o in Pilotta, dove due membri del gruppo, dotati di microfono, fanno interventi in cui espongono il loro punto di vista sulla situazione.

È presente poi un gruppo iniziative, di cui invece è referente Marianna, che propone e organizza altre azioni come quella del volantinaggio. Ci sono poi il gruppo relazioni esterne, che svolge riunioni settimanali con gli altri referenti d’Italia, e il gruppo comunicazioni social.

Esiste poi un gruppo relazioni con avvocati e giornali che si occupa del rapporto con un avvocato, per avere supporto legale, e delle interazioni con gli organi d’informazione. Il gruppo tesoriere gestisce i fondi, costituiti da donazioni di tutti i membri. Infine, il gruppo coordinamento racchiude tutti i referenti di ogni sottogruppo. 

Incontri settimanali e appuntamenti in ‘piazza’

Questi 60 studenti (in totale gli iscritti all’UniPr sono oltre 28mila), divisi in 7 sottogruppi, si incontrano fisicamente una volta a settimana, per svolgere una riunione per organizzare proposte, iniziative e obiettivi. Si trovano in alcuni bar della città, stando ovviamente all’aperto: “Ci sono state volte in cui ci siamo trovati tutti e abbiamo riempito gli spazi, altre volte in cui c’erano meno persone. Ognuno ha i suoi impegni, noi non diamo nessun obbligo, nessuno ha imposizioni. Noi due non siamo leader ma siamo quelli un po’ più attivi”. 

Durante questi incontri settimanali ognuno può fare proposte e presentare iniziative che vengono poi valutate collettivamente. Marianna spiega che proprio tramite una di queste riunioni si è giunti all’idea di svolgere un flash mob davanti al plesso di via Kennedy, lo scorso 9 novembre, in occasione dell’anniversario della caduta del muro di Berlino. Il collegamento con il grande evento del 1989 – dal loro punto di vista – è rappresentato dall’idea che anche il Green Pass sia un muro, un muro che va contro diritti civili, sociali e umani, e i cui mattoni sono tutte le persone che restano impassibili davanti alle discriminazioni che i membri del movimento sentono di subire ogni giorno.

Una forma di protesta da parte di studenti che, non essendo nelle condizioni seguire le lezioni in presenza, ripiegano sulla didattica a distanza, sottoponendosi a tamponi solo per svolgere gli esami.

Un gruppo quindi tutt’altro che votato all’improvvisazione, come dimostra il loro organigramma. Come spiegano, oltre allo studio universitario, l’impegno richiesto dalla loro causa è quasi un lavoro

“Non chiamateci No Vax”

No vax – No Green Pass: un dualismo che spesso accompagna l’opinione pubblica e gli organi d’informazione, correlando in modo indissolubile il rifiuto del vaccino al rifiuto della certificazione verde. “No – spiegano prontamente entrambi – noi non siamo No vax. Siamo Free vax e No Green Pass. Siamo per la libera scelta. In una democrazia vanno tutelate le maggioranze e le minoranze, per definizione. Se tu le minoranze cerchi di schiacciarle e reprimerle, allora non è più democrazia”.

Dunque, seppur gran parte del gruppo non sia vaccinata, “ci sono alcuni ragazzi vaccinati, che comunque non sono d’accordo con questo Green Pass e soprattutto non sono d’accordo con le libertà condizionate”. 

Il problema, secondo il movimento, non è infatti legato alla vaccinazione, non è un dibattito scientifico, ma ideologico e politico, legato a tutte quelle che, dal loro punto di vista, sono ingiustizie dettate dalla certificazione verde. 

“Io all’università pago le stesse tasse di un’altra persona, che però ha più diritti di me. Una società in cui ci sono persone con più diritti di altri, è una società autoritaria”. 

Luca chiarisce quello che per tutti è e dovrebbe essere scontato. “Chiaramente il paragone con il nazismo e il fascismo non regge, non siamo in quel periodo storico. Non è quello il messaggio che vogliamo far passare. Non pensiamo di essere dentro a uno Stato dittatoriale, però se la gente inizierà ad accettare sempre di più queste cose, il rischio è che ci potremmo arrivare. La nostra paura principale è che si possa arrivare a una deriva autoritaria in cui i tuoi diritti sono condizionati dalla sottomissione ad alcune imposizioni”. Secondo Marianna, seppur la condizione attuale non sia una dittatura, siamo di fronte a una prima applicazione di quelli che lei ritiene “principi dittatoriali”.

Volantino del movimento affisso in via Mazzini (fonte: gruppo Telegram Studenti UniPr Contro il Green Pass)

Il timore di un futuro di soprusi istituzionali è ciò che motiva i membri del movimento ad agire nell’immediato. Temono un’escalation di limitazioni delle nostre libertà, attuata tramite la reiterazione di uno stato d’emergenza che, citando il filosofo notoriamente No Green Pass Giorgio Agamben, non esiste più, ed è stato sostituito da uno stato di eccezione: uno ius-stitium che, pur essendo diverso da una dittatura, è una particolare situazione all’interno di uno Stato che comporta la sospensione delle caratteristiche tipiche di uno Stato di diritto.

Tanti timori dunque, che, con il fantasma del credito sociale d’origine cinese, smuovono le coscienze di questi giovani. Combattono, a loro detta, nel nome della democrazia, nel nome della Costituzione, nel nome dei sacri diritti allo studio e al lavoro e, in sostanza, chiedono “l’abolizione del green pass per la tutela della democrazia. Uno Stato in cui il bene collettivo prevale sulla libertà individuale, è uno Stato in cui non c’è democrazia. Ed è quello che sta accadendo. Non siamo in democrazia ora come ora, perché persone hanno più diritti di altre, e questo non è uno Stato democratico”.

Su questo punto Parmateneo ricorda tuttavia la recente sentenza del Tribunale Ue secondo cui il certificato Covid digitale Ue non viola il diritto alla libertà di circolazione. Con l’ordinanza del presidente del Tribunale dell’UE, depositata il 29 ottobre scorso, è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’esecuzione del Reg. 2021/1953 col quale il Parlamento e il Consiglio UE hanno disciplinato il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati. Non sono inoltre stati concessi i provvedimenti cautelari richiesti da alcuni cittadini italiani che avevano richiesto la sospensione dell’esecuzione del regolamento.

Lo stato d’emergenza, inoltre, – deliberato dal Consiglio dei ministri su proposta del premier d’intesa con i governatori e i presidenti delle Province autonome interessate – non può superare i 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi. Con lo stato di emergenza vengono autorizzate anche le ordinanze di protezione civile in modo da poter agire con urgenza e con poteri straordinari per tutelare i cittadini. Si possono inoltre attuare interventi speciali con ordinanze in deroga alle disposizioni di legge, rispettando i principi generali dell’ordinamento giuridico. Ed è su questo principio che dallo scoppio della pandemia il Governo italiano si è mosso per tutelare quello che dovrebbe essere l’interesse più alto di tutti, la sicurezza e la salute di tutti i cittadini.

Cosa fa (o vorrebbe fare) il movimento degli studenti

I cortei e le manifestazioni sono ormai noti a tutti, ma questa presenza rumorosa, piena di megafoni e di slogan assolutamente espliciti non è l’unica iniziativa portata avanti dal gruppo di Parma. 

“La prima cosa che abbiamo fatto è stata affidarci a un avvocato, che tutt’ora ci segue. Fa parte di Praesidium, un osservatorio giuridico fondato a Parma per la tutela dei Diritti Costituzionali dei cittadini. Raccoglie diversi avvocati della città che mettono a disposizione la loro professionalità gratuitamente. All’inizio abbiamo fatto diverse riunioni con lui per inviare una lettera al Rettore, in modo da cercare dialogo dove non c’era”. 

Va sottolineato che l’iniziativa di scrivere ai vari Rettori delle università è stata plurima e non esclusiva del movimento di Parma. Qui si può prendere visione di una di queste lettere, scritta dai membri del gruppo di Torino.  

La loro prima aspirazione, secondo quanto conclude Marianna, sarebbe quella di aprire un dialogo con le istituzioni – in questo caso universitarie – che si trovano di fronte alla grande difficoltà di dover tutelare ogni studente pur rispettando le direttive legislative. 

di Alex Iuliani

1 Commento su Studenti No Green Pass: scopriamo chi sono e come si muove il gruppo di Parma

  1. laura buccino // 25 gennaio 2022 a 20:08 // Rispondi

    direi a Marianna che siccome la salute di tutti val più della dabbenaggine di pochi, può evitare i decreti restandosene a casa sua, o andando dove si può senza esibire il green pass

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