Educazione sessuale: un vuoto scolastico che va colmato

L’educazione sessuale in Italia resta materia a discrezione dell’insegnante. Nessuna legge e disparità tra Nord e Sud. Eppure i giovani ne hanno bisogno.

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Apprendere un comportamento sessuale responsabile è considerato un “compito evolutivo”, uno stadio che deve essere superato da un individuo in una determinata fase della vita generando la positiva sensazione di appagamento personale. Per questo motivo ai giovani deve essere permesso di scoprire e vivere la loro sessualità in un modo responsabile. Le nuove esperienze che andranno a sperimentare andranno poi ad influenzare quello che diventeranno nel loro futuro e le loro relazioni.

Per permettere che questo accada sarebbe opportuno che venga stabilita una regolamentazione a livello nazionale, seguendo i consigli forniti dalle istituzioni specializzate, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che promuovono un approccio olistico. Utilizzando questo metodo si somministrano ai ragazzi delle “informazioni imparziali e scientificamente corrette su tutti gli aspetti della sessualità e contemporaneamente li si aiuta a sviluppare le competenze necessarie ad agire della base delle predette informazioni, contribuendo così a sviluppare atteggiamenti rispettosi ed aperti che favoriscono la costruzione di società eque”.

Come è nato il bisogno dell’educazione sessuale?

Quando pensiamo ai diversi cambiamenti che hanno coinvolto la sfera sessuale negli ultimi decenni la domanda che sorge spontanea è: i giovani ne avranno risentito? Il cambiamento di valori come ha influito su di loro? Dobbiamo, infatti, considerare che tutti questi mutamenti hanno messo i ragazzi di fronte a scelte che prima non avrebbero dovuto fare e senza una guida corretta è facile intraprendere una strada sbagliata.

A partire dalla fine degli anni ’60, alcuni eventi storici hanno pian piano mutato la visione della sessualità e l’approccio ad essa da parte dell’intera società portando come ovvia conseguenza un cambiamento sia di valori che di norme che ha influenzato le vite dei giovani, i quali hanno iniziato a vedere il sesso diversamente rispetto alle generazioni precedenti. L’avvenimento più importante, nonché il primo in ordine temporale, fu la “rivoluzione sessuale” del Maggio del ’68. L’idea del sesso si trasforma: non è più considerato un tabù, un qualcosa di cui quasi vergognarsi, ma si può parlare di questo argomento liberamente e pubblicamente. Inoltre, negli anni ’70, arriva anche la pillola anticoncezionale che, insieme alla distribuzione di antibiotici per le MST (Malattie Sessualmente Trasmissibili), aiuta a cancellare l’idea del sesso strettamente correlato all’attività procreativa. Tutti questi cambiamenti hanno anche portato man mano a definire una nuova fase della vita fra infanzia e età adulta definita “adolescenza” e si è resa sempre più necessaria l’introduzione di un insegnamento che rispondesse alle nuove esigenze della società occupandosi di educare i giovani alla sessualità.

Negli anni ’80, ci pensa il virus dell’HIV a dare una spinta alle attività di educazione sessuale incentrate, però, soprattutto sulla prevenzione delle MST. Questo approccio risultava essere molto tecnico, “orientato ai problemi” e dava una visione medicalizzata che suscitava principalmente paura. Era necessario informare i giovani su come prevenire malattie importanti come l’AIDS ma si sarebbe dovuto pensare anche di parlare di benessere sessuale in modo da dare una visione più completa, rassicurante e realistica.

Infine, negli anni ’90-’00, nelle mani dei ragazzi è arrivato Internet. Questo può essere considerato sia un grande strumento di informazione che può aiutarli a scoprire sé stessi (se usato correttamente) sia un terreno pericoloso nel quale possono essere esposti ad immagini che non sono pronti a ricevere o possono buttarsi in incontri rischiosi. È per questo che è necessario fornire un insegnamento che possa dare gli strumenti necessari per utilizzare nel modo corretto le informazioni ricevute giornalmente. I giovani devono essere messi nella condizione di poter gestire la propria sessualità in modo sicuro, responsabile ed appagante ed è per questo che l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) insieme al Centro Federale per l’Educazione alla Salute (BZgA) all’interno del documento “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa” promuovono l’utilizzo di un approccio olistico, dando una visione più ampia della sessualità riferita non solo ai pericoli.

L’educazione sessuale in Europa

Il primo stato Europeo a introdurre l’educazione sessuale obbligatoria a livello scolastico fu la Svezia nel lontano 1955. Lo Stato, a partire da quell’anno, iniziò a lavorare alla produzione del materiale educativo e alla formazione degli insegnanti.

Fu poi seguita negli anni ‘70 e ‘80 da molti altri paesi dell’Europa occidentale: stati scandinavi, la Germania, l’Austria, l’Olanda e la Svizzera. Man mano l’introduzione di questo nuovo insegnamento all’interno delle scuole è proseguita tranne in pochi Stati, come l’Italia.

Uno dei problemi principali che ha rallentato la diffusione di informazioni è stata la barriera linguistica. È noto che il linguaggio della scienza è l’inglese ma quando si parla di questo tipo di programmi educativi e dei report sulla loro qualità, la maggior parte degli studi sono stati condotti a livello nazionale e nella propria lingua. La conseguenza è che gli Stati non hanno potuto scambiarsi fra di loro informazioni importanti riguardanti l’efficacia o meno di alcune tecniche utilizzate. Rendere accessibili questi risultati e i materiali prodotti potrebbe risultare uno scambio molto utile. Per andare a riempire questo vuoto sono stati prodotti dall’OMS e da altre importanti istituzioni, come l’UNESCO e l’IPPF European Network, una serie di documenti che spronano e invitano tutti gli Stati ad adeguarsi introducendo l’educazione sessuale a livello scolastico “con standard minimi e obiettivi didattici chiaramente definiti”. 

Scuola sì, scuola no

Sull’app di messaggistica anonima Tellonym ci può imbattere in messaggi come questo per spiegare questa assenza: “perché alcuni genitori si trovano in difficoltà con l’educazione sessuale.” Probabilmente, buona parte dei lettori ha avuto difficoltà ad approcciare l’argomento con gli adulti. Figurarsi con i genitori. E la scuola? L’educazione alla salute nella scuola italiana è prevista dal T.U. n. 309/1990. Il principio alla base è nobile perché stabilisce che a ciascun individuo siano garantite le condizioni necessarie per sviluppare le capacità di prendere decisioni coscienti nei riguardi del proprio benessere. E la scuola, che è un luogo di formazione e di educazione, un luogo di ricerca, dialogo ed esperienze volte alla crescita personale, è il luogo ideale per promuovere il concetto di salute. La scuola, però, non basta: c’è bisogno anche della famiglia e dell’ambiente sociale per formare i futuri cittadini e costruire l’educazione alla salute della popolazione. Ma la scuola non insegna solo il concetto di salute come diritto, ma anche intesa come dovere. Sì, dovere, inteso come coscienza sanitaria. Dunque, la scuola ha il compito di diffondere la cultura della prevenzione, mettendo i ragazzi e le ragazze in condizioni di riconoscere ed evitare i pericoli, attraverso la promozione di comportamenti responsabili.

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In materia di educazione sessuo-affettiva, l’Italia non ha tale materia d’insegnamento obbligatoria e, in Europa, ci sono pochi altri Paesi ad essere nella stessa situazione (Cipro, Lituania, Spagna, Polonia, Bulgaria). L’educazione all’affettività e alla sessualità dovrebbe essere intesa come un percorso che abbraccia diversi temi: il consenso, l’educazione all’intimità, l’orientamento sessuale, l’identità di genere, il sesso, le malattie sessualmente trasmissibili, ma anche il diritto alla salute e i diritti riproduttivi. Non si tratta di incoraggiare alla pratica sessuale, ma di supportare i giovani e le giovani nel loro sviluppo sessuale ed emotivo. Infatti, secondo il rapporto Policies for Sexuality Education in the European Union” (2013), nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea questa materia è obbligatoria. In Italia, dal 1995 ad oggi sono state diverse le proposte di legge sul tema ripetutamente bloccate. Questo non vuol dire in assoluto che l’educazione sessuo-affettiva, che dovrebbe essere vissuta in un ambiente istituzionale quale è la scuola, in Italia non ci sia, ma che manca una legge nazionale o regionale che la renda obbligatoria e ne uniformi la didattica e le metodologie.

“Come stanno i ragazzi?”

Cosa sanno davvero gli studenti e le studentesse delle scuole secondarie di secondo grado riguardo all’affettività e alla sessualità? Come vivono la loro sessualità? Sono consapevoli di poter vivere con serenità la loro sessualità, se informati e formati correttamente? L’indagine nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti, condotta da Angela Spinelli e colleghi del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, è stata presentata al Convegno «Risultati dello Studio Nazionale Fertilità» del Ministero della Salute il 19 febbraio 2019. L’obiettivo dell’indagine era capire quali sono le conoscenze, le fonti di informazioni, gli atteggiamenti e i comportamenti in ambito sessuale e riproduttivo degli adolescenti. Lo strumento d’indagine è stato un questionario web anonimo somministrato a circa 16000 studenti durante l’orario scolastico.

Dai dati emerge che il 75% degli studenti e delle studentesse, provenienti da tutte le Regioni (eccetto la provincia autonoma di Bolzano, l’Umbria e la Basilicata), aveva già cercato attivamente informazioni su sessualità e riproduzione, soprattutto tramite internet. L’82% degli intervistati ritiene di avere adeguate informazioni su sessualità e riproduzione, ma le malattie sessualmente trasmissibili sono poco conosciute, ad eccezione delle infezioni causate da HIV ed Herpes. Purtroppo, la maggior parte pensa che tutti i metodi contraccettivi, oltre al ben più noto profilattico, siano ugualmente efficaci contro le malattie a trasmissione sessuale.

Con chi si confrontano i ragazzi e le ragazze? Ne parlano in famiglia? Si consultano con gli adulti o condividono i loro dubbi e le loro esperienze solo con i coetanei? Rispondendo al messaggio anonimo su Tellonym, si direbbe che la famiglia è un luogo in cui difficilmente si affrontano argomenti quali «sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione», «infezioni/malattie sessualmente trasmissibili» e «metodi contraccettivi». Sicuramente, la madre resta la principale interlocutrice sia per maschi che per femmine, mentre il padre è favorito dai maschi, ma molto meno dalle femmine, le quali preferiscono un fratello o una sorella. Oltre alla famiglia, gli studenti e le studentesse riconoscono il ruolo formativo della scuola e ritengono che essa debba garantire l’informazione e la formazione su sessualità e riproduzione. In effetti, è proprio a scuola che si tengono corsi/incontri in cui viene trattato il tema della sessualità e della riproduzione, ma la partecipazione è disomogenea: conduce il Nord con il 78%, seguito dal Centro con il 51% e chiude il Sud con il 33%.

L’inchiesta di Tiziana Azzani evidenzia che non è solo preoccupante il dato riguardante l’età del primo rapporto, che si abbassa progressivamente, quanto il precoce distacco emotivo tra affettività e sessualità. Molti adolescenti vivono la sessualità in modo non completamente consapevole e senza precauzioni. Il risultato è evidente dai numeri delle gravidanze indesiderate e dall’aumento delle malattie sessualmente trasmissibili. Ad esempio, la condilomatosi genitale e la clamidia, causate rispettivamente dal Papilloma Virus Umano (HPV) e dal batterio Chlamydia trachomatis, sono le condizioni patologiche più diffuse in Italia negli under 25.

Sperimentare la sessualità è un processo fisiologico, una fase di esplorazione importante e necessaria in cui i ragazzi e le ragazze si interrogano sulle proprie emozioni, sui propri cambiamenti e sulla propria identità sessuale. Istinto, trasgressione, curiosità e scoperta alimentano il processo di conoscenza del proprio corpo e di quello dell’altro. Il problema è la scarsa o non corretta informazione. Sebbene la famiglia resti un punto di riferimento per i giovanissimi e le giovanissime, con la crescita tale dialogo si affievolisce. Manca, quindi, il confronto con gli adulti e l’educazione sessuale scolastica. Quest’ultima carente, non adeguata e non uniforme.

Le informazioni acquisite dai ragazzi e dalle ragazze in termini di protezione, prevenzione e contraccezione sono vaghe. Manca un punto di riferimento a cui rivolgersi liberamente, senza alcun giudizio e che comunichi adeguandosi all’età. I consultori rimangono perlopiù sconosciuti. Per questo motivo, l’ambiente scolastico è quello dove l’educazione sessuale consente di raggiungere tutti e tutte. Il percorso dovrebbe iniziare alle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado per poi proseguire alle scuole superiori. Docenti opportunamente formati e la collaborazione del personale dei consultori consentirebbero di veicolare un messaggio importante: si può vivere la sessualità con serenità se c’è la corretta informazione/formazione e l’attenzione alla prevenzione, il rispetto di sé e degli altri.

Il virtuoso esempio di Wlamore

Il sito web “W L’amore” nasce nel 2013 da un progetto della Regione Emilia-Romagna in collaborazione con AUSL di Bologna. Wlamore è l’adattamento italiano del progetto Long Live Love, a cura di Soa Aids e Rutgers, attivo da circa 30 anni nei Paesi Bassi. Il progetto è rivolto agli studenti e alle studentesse delle terze classi delle scuole secondarie di primo grado, ai genitori, agli insegnanti, agli educatori. Purtroppo, spesso, manca il dialogo sui cambiamenti fisici, emotivi, intellettivi e relazionali propri di questa fascia d’età. Il progetto non si limita ad informare i preadolescenti, ma mira anche a potenziare attitudini e abilità riguardanti le relazioni interpersonali, l’affettività e la sessualità, con l’obiettivo di essere più consapevoli e sicuri nel vivere la fase adolescenziale, rispettosi di sé e degli altri. Gli interventi e gli argomenti sono commisurati allo sviluppo emotivo e cognitivo delle persone a cui ci si rivolge. La collaborazione fra insegnanti, genitori, operatori socio-sanitari ed associazioni è preziosa e consente la realizzazione di progetti integrati e coordinati al fine di coinvolgere e rendere protagonisti i giovani e le giovani. Il materiale è ideato, sviluppato e validato da operatori e operatrici degli Spazi Giovani delle Aziende Sanitarie della Regione Emilia-Romagna. Si tratta di materiale interattivo coinvolgente con un linguaggio vicino alle modalità comunicative del target. Il comitato editoriale comprende funzionarie del Servizio Assistenza territoriale, un’antropologa, un’esperta in comunicazione istituzionale e una psicologa.

In una seconda fase è stato sviluppato anche un nuovo percorso, che ha per titolo “L’amore a colori”, analogo per struttura e materiali, rivolto alle persone di origine straniera, adolescenti e adulti, che frequentano corsi di lingua italiana.

Il progetto ha ricevuto un giudizio positivo da studenti e studentesse perché risponde a curiosità, dubbi, domande e aiuta a migliorare le competenze e le informazioni su contraccezione e prevenzione. I dati del progetto Wlamore sono incoraggianti e suggeriscono che sia la strada giusta da percorrere: è un percorso condiviso, frutto del lavoro sinergico della scuola e delle aziende sanitarie al servizio dei giovani e delle giovani. Ad esempio, l’analisi dati relativa all’anno scolastico 2016-2017 evidenzia che gli studenti e le studentesse hanno trovato il progetto molto utile, in particolare le femmine. Stando alle valutazioni, l’attività svolta risponde davvero alle esigenze dei ragazzi e delle ragazze. La possibilità di parlare di questi argomenti senza imbarazzi e di confrontarsi tra coetanei è stata molto apprezzata. Spesso, però, questi interventi arrivano leggermente in ritardo: per più del 20% dei partecipanti le attività del progetto arrivano quando le relazioni e la sessualità fanno già parte della loro vita.

La platea è varia, così come lo sono le varie situazioni presenti nella popolazione giovanile: vi sono disparità di maturazione psicofisica, c’è disinteresse, timidezza e chiusura verso i temi trattati; c’è chi “si sente grande” e ritiene di non avere altro da imparare.

Gli argomenti trattati riguardano l’anatomia e la fisiologia, la masturbazione, la verginità, gli stereotipi di genere, l’omosessualità, l’innamoramento, internet, la violenza, la pornografia, il sesso, la prevenzione, la contraccezione, e la gravidanza. Ad esempio, parlare di pornografia e masturbazione mette molto in imbarazzo le ragazze perché ancora connessi a tabù sociali e di genere. Rispetto alla pornografia, è evidente che a 13 anni non tutti e non tutte cerchino online questi contenuti, ma è altrettanto evidente che quasi tutti i ragazzi e le ragazze sono entrati in contatto anche non volontariamente con contenuti pornografici.

È, quindi, necessario considerare tutti gli aspetti del grande mondo della sessualità che non va inteso come un tabù ma come un’area del potenziale umano. La scuola, visto il suo importante ruolo educativo, deve essere al centro di questo programma e creare un luogo sicuro per i giovani che hanno bisogno di guide. Per sviluppare questo progetto e armonizzarlo a livello nazionale è essenziale una legge-guida che, facendo riferimento a tutti i documenti internazionali offerti dalle istituzioni, si ispiri ad esempi virtuosi.

Quindi? Qual è il punto? Solo prevenire? No. Si tratta di migliorare la qualità della vita, della salute e del benessere.  

di Giulia Pantò e Carmen Troiano

Questo articolo è stato realizzato per la rubrica Comunicare la scienza, realizzata in collaborazione con gli studenti del Master Cose dell’Università degli studi di Parma

1 Commento su Educazione sessuale: un vuoto scolastico che va colmato

  1. Articolo ben articolato da far leggere a tutti gli insegnanti che molte volte vedono l’argomento come un tabù

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