Quarant’anni anni dopo la 194 dobbiamo ancora difenderla

VERONA, FERRARA: CITTÀ 'A FAVORE DELLA VITA' CALPESTANDO I DIRITTI DI TUTTI

Il 4 ottobre 2018 a Verona è stata approvata la mozione 434 presentata dalla Lega e sottoscritta anche dal sindaco Federico Sboarina con 21 voti a favore. Quarant’anni dopo l’entrata in vigore della legge 194, “il Consiglio Comunale impegna il sindaco e la giunta” a sostenere con un finanziamento alcune associazioni cattoliche contro l’aborto e a “proclamare ufficialmente Verona ‘città a favore della vita’“.

La 194 è stata una legge che ha rappresentato un grande passo avanti nel campo dei diritti civili, ma, pur avendo reso legale l’aborto, può essere aggirata, come è avvenuto a Verona, a causa di alcune frasi che possono essere interpretate in diversi modi. Ad esempio, l’articolo 1 recita: “Lo Stato […] riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio“. Inoltre, l’articolo 2: “I consultori familiari assistono la donna in stato di gravidanza […] contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza“. Ed è qui che entrano in gioco associazioni che hanno come unico scopo quello di fermare la libera scelta delle donne.
Non viene minimamente preso in considerazione il fatto che ad oggi i consultori non sono messi in condizione di portare a termine il compito assegnato loro dalla legge: informare e sostenere le donne durante la gravidanza, aiutandole a superare le difficoltà. Se riuscissero a fare questo, non ci sarebbe più la necessità di finanziare progetti esterni. Si tratta di un cane che si morde la coda: vengono finanziati dei progetti esterni con il denaro che servirebbe per mettere i consultori in condizione di adempiere ai propri compiti. Se venisse direttamente impiegato per aiutare i consultori, forse si potrebbe smettere di sprecarne.

Per quanto riguarda invece il progetto “Culla segreta”, anch’esso destinatario di finanziamento, permette ad una donna di partorire in anonimato e non riconoscere il proprio figlio. Intento nobile, che potrebbe aiutare molte famiglie in difficoltà economiche. Ma assolutamente inutile. L’articolo 30 del DPR 396/2000 prevede la possibilità per la madre di rimanere anonima, quindi spendere del denaro pubblico per far fare ad un’associazione esterna ciò che si potrebbe fare semplicemente informando le donne riguardo i propri diritti è uno spreco. Oltre a questo, è vergognoso che il progetto scelto sia portato avanti da un’associazione di ispirazione religiosa. L’Italia è uno stato laico e ha tutti gli strumenti per portare avanti queste iniziative senza dover ricorrere a associazioni cattoliche. Rimane da chiedersi il perché di questa decisione, che temo sia dettata dalla grande influenza che a Verona ha sempre avuto l’estrema destra.

Anche Ferrara è stata ‘contagiata’ da questo movimento che cerca di aggirare la legge 194. L’11 ottobre, infatti, il consigliere Alessandro Balboni, di Fratelli d’Italia, ha presentato una proposta con un testo molto simile a quello presentato a Verona. La differenza maggiore riguarda l’identificazione delle associazioni da finanziare, che non sono indicate ma verranno decise nel caso in cui la mozione venisse approvata. In questo caso la città verrà proclamata “città che tutela gli indifesi“. Si tratta solo di una differenza  lessicale, perché nei contenuti nulla cambierebbe rispetto a Verona. Anche Ferrara si avvia a diventare una città in cui una donna non si può sentire libera a chiedere di interrompere la propria gravidanza per colpa di un’amministrazione che decide di trascurare i più elementari diritti civili.

Tra gli esempi più clamorosi delle associazioni in difesa della vita c’è sicuramente Provita, “un’associazione Onlus che opera in difesa dei bambini, della vita dal concepimento alla morte naturale, che sostiene la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna“. Le iniziative portate avanti comprendono anche una rivista cartacea e un portale internet contenente molte notizie riguardo gli argomenti di maggiore interesse. Tra i molti articoli, ce ne sono due che riguardano gli avvenimenti di Verona e Ferrara. In entrambi si nota come venga posto l’accento sulle conseguenze negative che un aborto può provocare, senza però prendere in considerazione le motivazioni che portano una donna a fare questa scelta, a mio parere dolorosa e per nulla facile. Oltre a questo, l’associazione si preoccupa di trovare modi per impedire alle donne di abortire, senza considerare che forse impegnarsi in una campagna di educazione, rivolta soprattutto ai giovani, potrebbe diminuire di molto le gravidanze indesiderate e, di conseguenza, il numero di aborti.

Un altro punto che salta all’occhio scorrendo il sito di Provita, è: “Facciamolo anche nell’interesse delle loro madri: che si eviti loro di dover subire le conseguenze di un gesto gravemente auto distruttivo.” Di preciso, in che modo sarebbe auto distruttivo? Sicuramente potrebbe avere delle conseguenze se fatto in ambienti non clinici. Ma pensare che eliminando il diritto all’aborto si elimini anche la pratica è da folli. Se una donna sa di avere questo diritto, si può rivolgere a strutture sanitarie in cui viene assistita e, nel caso in cui ci fossero complicazioni, avrà ottime possibilità di sopravvivenza. Se invece dovesse abortire clandestinamente, non avrebbe alcuna certezza da questo punto di vista. Non diminuirebbero gli aborti, se una donna vuole farlo lo fa comunque, ma aumenterebbero le morti. E a quanto mi risulta per difendere la vita bisognerebbe ridurre il numero di morti, non costringere le donne a rischiare la propria vita.

Ma l’aborto non è l’unico diritto contro cui Provita si scaglia:anche le unioni omosessuali sono nel mirino. Difendono la famiglia ‘naturale’, ma esiste davvero una famiglia naturale e una non naturale? A proposito dell’uso del termine ‘naturale’, sottintende che in natura non esista l’omosessualità. Peccato che non sia esattamente così, esistono numerosi studi sull’omosessualità in natura. Anche lasciando stare le questioni linguistiche, perché la famiglia composta da un uomo e una donna sarebbe più legittima di quella composta da due uomini o due donne? A me sembra solo un pensiero bigotto, che preferisce difendere una concezione antiquata, rifiutandosi di vedere la realtà dei fatti. Le coppie omosessuali esistono e non sono ‘contro natura’, è pura e semplice discriminazione. Per ora non sono state avviate azioni pratiche per eliminare la legge numero 76 del 20 Maggio 2016, che ha introdotto le unioni civili, ma ci sono preoccupanti segnali che fanno temere che prima o poi qualcosa succederà.

Se gli antiabortisti si limitassero a diffondere le proprie idee tramite articoli, non sarebbe così pericoloso, ognuno potrebbe decidere se leggerli o meno. La cosa preoccupante è che abbiano anche affisso per le strade dei manifesti con scritte delle frasi che definire orribili non è sufficiente. Oltre ad essere inguardabili, diffondono anche delle informazioni false e fuorvianti. Ad esempio: “L‘aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo“, presente in un manifesto affisso dall’associazione spagnola Citizen Go. Innanzitutto, la morte di una donna in seguito all’aborto non è considerabile femminicidio, perché non si tratta di omicidio ma di complicazioni dovute a un intervento chirurgico, e può accadere in qualsiasi tipo di operazione. Secondo, il femminicidio è un atto di violenza perpetrato in quanto la vittima è donna. L’aborto è una libera scelta. Fa sorridere, di un riso amaro, il fatto che gli autori non si riferiscano nemmeno all’aborto selettivo.

Anche le opinioni del Ministro per la Famiglia e la Disabilità Fontana non fanno ben sperare. In un’intervista al quotidiano La Verità, ad esempio, aveva affermato che servirebbero sgravi fiscali, per aiutare le famiglie, dato che “in molti casi è per una preoccupazione economica che alcune donne decidono di non avere figli. Mi piacerebbe che lo Stato fosse più vicino a queste donne per far capire loro che, nel dubbio, un figlio è meglio farlo“. Peccato, il ministro era partito bene. Effettivamente aiutare le donne dal punto di vista economico sarebbe molto utile, evitando loro di dover ricorrere all’aborto nei casi in cui questa decisione sia dovuta al non potersi permettere di crescere un figlio. Peccato, appunto, che dopo abbia rovinato tutto. Dire che nel dubbio è meglio fare un figlio, senza considerare perchè si decida di abortire denota, nel migliore dei casi, ignoranza. Lo Stato può sicuramente aiutare nel caso in cui sia dovuto a ragioni economiche ma, in caso le cause fossero altre, eliminare il diritto ad abortire non è la soluzione. E spero di non dover mai vivere in un paese in cui, nel dubbio, è meglio fare figli.

Anche il pontefice di recente si è espresso sull’argomento in maniera molto forte, dicendo che l’aborto “è come affittare un sicario per risolvere il problema“. In questo modo, di fatto, viene istituito un paragone tra l’omicidio e l’aborto. Paragone assolutamente senza senso. Accomunare la decisione di interrompere una gravidanza, per qualsiasi motivo, a quella di assoldare una persona per mettere fine ad una vita denota una mentalità estremamente arretrata. Non mi stupisce che la Chiesa sia contro l’aborto, mi stupisce molto di più il modo con cui ha deciso di esprimere la sua opinione.

È un tentativo di ritorno al passato che sembra ancora più clamoroso se si pensa al resto del mondo. La ‘cattolicissima’ Irlanda in maggio ha dato il via libera all’aborto, con un referendum che ha visto favorevole il 68% dei votanti. Risultato che si potrebbe definire quasi epocale, vista la situazione precedente, in cui l’interruzione di gravidanza era vietata anche dopo uno stupro, un incesto o in presenza di anomalie che avrebbero potuto portare alla morte del feto.  A dispetto di tutto ciò, però, non era vietato recarsi all’estero per abortire, costringendo circa 3500 irlandesi all’anno a recarsi in Inghilterra. Con questa importante aggiunta, i paesi nel mondo in cui l’aborto è illegale sempre, in ogni circostanza, sono rimasti solo 5, a cui vanno aggiunti altri 8 in cui la legislazione sull’argomento è molto restrittiva.
In questo quadro, l’Italia è ancora uno dei paesi all’avanguardia, ma si iniziano a vedere delle avvisaglie preoccupanti che rischiano di portarci molto indietro, a quando prima del 1978 una donna che desiderava abortire era costretta a farlo di nascosto, rischiando la vita. La 194 non ha rappresentato solo la legalizzazione dell’aborto, ma ha permesso alle donne di scegliere cosa fare del proprio corpo e di rinunciare ad una gravidanza che non riuscirebbero a portare a termine. Cerchiamo di non sprecare questa opportunità, cerchiamo di non essere tutte obbligate a rifugiarci nell’illegalità o a scappare all’estero per poter esercitare il diritto di decidere della nostra vita.

di Lara Boreri