Lenz, il teatro si fa sperimentale (riproponendo i classici)
XIX EDIZIONE DEL FESTIVAL NATURA DÈI TEATRI FINO AL 14 DICEMBRE
L’Araba Fenice che risorge dalle proprie ceneri è la metafora più calzante per il teatro Lenz che, sull’esempio del grande Théâtre du Soleil francese, è riuscito abilmente a trasformare, dopo varie vicissitudini, una vecchia fabbrica dismessa in un teatro. Non più un luogo adibito alla produzione di merci destinate al commercio ma un centro di creazione artistica. Protagonista della scena culturale parmigiana da quasi trent’anni, Lenz Teatro ha creato un’arte teatrale in grado di spaziare dalla classicità alla contemporaneità.
IL TEATRO COME LINGUAGGIO – Ciò che caratterizza maggiormente il Lenz Teatro è la continua e infinita ricerca di un linguaggio contemporaneo in bilico tra dubbi filosofici e turbamenti reali. Questo lavoro di indagine, come afferma il direttore artistico Maria Federica Maestri, è nato dall’idea che “una lingua, interrogando se stessa e indagando la propria esistenza in maniera non retorica, cerca di comprendere l’altro“. Esistono infatti diversi linguaggi: “Si può parlare una lingua omologante (comprensibile a tanti), una lingua segreta (comprensibile a pochi) oppure una lingua inventata che ragiona su se stessa e cerca di comunicare“. La contemporaneità di quest’ultima, creata ex novo, sta nel fatto che provoca nello spettatore sentimenti contrastanti, che culminano nel mondo dell’introspezione. La lingua, anche se inizialmente incomprensibile, diventa così il filo conduttore che unisce la dimensione esteriore con quella interiore dell’animo umano.
IL TEATRO COME SPAZIO – Fin dagli esordi, Lenz Teatro si presenta come una valida alternativa ai teatri tradizionali. Nato in un piccolo appartamento nel 1986, si è trasferito due anni dopo nell’ampio spazio di una fabbrica dismessa situata nel quartiere Pasubio, l’ex zona industriale della città che negli anni ’80, godeva di un ricco fermento culturale. Lo stabilimento, divenuto rifugio per i senzatetto, è stato subito riadattato alle esigenze della compagnia teatrale. Ma nel 2000, in seguito ad un grave incidente, un incendio che ha reso inagibile lo spazio per circa due anni, il teatro ha avuto esigenza di una nuova ristrutturazione, curata dall’architetto Isabella Tagliavini, amministratore unico della società di trasformazione urbana Stu Stazione in cui sono coinvolte anche le zone limitrofe, che ha apportato delle modifiche strutturali, come gli impianti di riscaldamento e di accessibilità per disabili. L’esistenza stessa del teatro, luogo di ricerca e sperimentazione, abitato da una compagnia stabile, ha poi sventato l’incombente minaccia di abbattimento dell’intera area, ponendosi al centro di un’importante riflessione sulla realtà teatrale e culturale parmigiana. L’ampia spazialità ha inoltre permesso di raccogliere una fetta di pubblico più variegata, con un ricambio generazionale in costante aggiornamento, riuscendo a mantenere vivo l’interesse per gli spettacoli che, nonostante il radicale cambiamento, continuano a coniugare la dimensione intima a quella pubblica. Obiettivo che Lenz Teatro si era prefissato fin dall’inizio.
‘RE LEAR’: L’OPERA FANTASMA DI VERDI – Con il buio che sovrasta tutta la scena, l’opera assente di Giuseppe Verdi è rappresentata attraverso due piani scenografici tridimensionali. Due teli, infatti, dividono il palcoscenico attraverso quelle che possono essere descritte come inquadrature fotografiche: primo piano di fronte allo spettatore, figura intera al centro tra i due spazi scenografici e campo lungo sul muro dello sfondo. Su queste tre superfici, che ricreano una tridimensionalità spaziale, viene proiettato attraverso dei visual un altro attore, oltre ai sei presenti, tutto nudo e in posizione fetale. L’opera verdiana, rimasta incompiuta su libretto di Antonio Somma nel 1850, è stata presentata lo scorso 5 dicembre dal Lenz come la premessa per la versione definitiva che sarà proposta durante il prossimo Verdi Festival 2015. Lo spettacolo, tingendosi subito di colori scuri e cupi, alterna parti recitate, canto lirico e danze dal carattere drammatico ed esibisce un allestimento quasi minimale, dato da una poltrona al centro della scena, due sedie ai lati ed un tappeto, posto di fronte ad esse; anche i costumi non risultano sgargianti ma traducono in ‘stoffa’ la drammaticità della vicenda e il buio che la circonda. Il suono, curato in collaborazione con il musicista elettronico Robin Rimbaud, conosciuto come Scanner, di origini inglesi, e la musica (oltre al canto lirico) con un volume alto e toni decisamente gravi immergono direttamente lo spettatore nella tragedia.
IL FESTIVAL – Nato dal desiderio di preservare il Lenz e coinvolgere maggiormente gli spettatori, il Festival ‘Natura Dèi Teatri’ è giunto quest’anno alla diciannovesima edizione. Con ‘I due Piani’ si conclude il progetto triennale, iniziato con ‘Ovulo’ (2012) e ‘Il glorioso’ (2013), che si ispira al pensiero del filosofo francese Gilles Deleuze. Il programma di quest’anno, apertosi appunto lo scorso 5 dicembre con la rappresentazione dell’opera mancata di Giuseppe Verdi, prevede dieci creazioni teatrali che combinano le principali forme di arti performative, tra cui il teatro, la musica e la danza, con la video arte. A differenza degli anni precedenti però, il festival si svolgerà fino al 14 dicembre esclusivamente negli spazi del Lenz Teatro ma, affiancati alle repliche di ‘Adelchi’, ci saranno due sconfinamenti performativi nella Chiesa di Santa Maria del Quartiere: lo spettacolo ‘Maestro Eckhart’ di Alessandro Berti e il concerto ‘Corpo Sacro’ di Andrea Azzali. L’obiettivo, invece, resta lo stesso: colpire lo spettatore attraverso un’arte dalla forte carica performativa, creata anche con la collaborazione di artisti della scena internazionale. Mentre il prossimo triennio (‘Porte’, ‘Punto cieco’ e ‘Scia’) avrà come tema principale l’attraversamento, protagonista di quest’anno è invece il tema della duplicità, poiché “solo se ci sono due piani, due livelli di incontro e scontro, comunque paralleli e coesistenti – conclude, infine, Maria Federica Maestri -, esiste la creazione“.
di Marilina Leggieri, Laura Misuraca, Vittorio Signifredi, Debora Vella